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Un atto sessuale millenario inciso in una grotta: la (strana) scoperta vicino a Palermo

La passeggiata è semplice e riserva piacevoli sorprese. Siamo a circa 50 km da Palermo, su un monte che nasconde un importante patrimonio storico

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 1 aprile 2023

Monte Maranfusa

Tra distese verdi e colline dalle forme tondeggianti e dolci, si insedia una montagna dagli scenari storici impensabili. Il suo nome è Maranfusa.

Una montagna che ricalca pienamente il percorso intenso della Sicilia fatto di storia, guerre e dominazioni. Il territorio rientra nell’area metropolitana di Palermo e dista una cinquantina di chilometri dal capoluogo siciliano.

Monte Maranfusa protegge il piccolo paese di Roccamena e nonostante un’altezza esile (486 m.), nasconde un patrimonio archeo-storico di notevole importanza. Il rilievo è di natura calcarea con pareti a precipizio sui lati meridionale e occidentale e meno ripidi su quello settentrionale e orientale.

La passeggiata è semplice e riserva piacevoli sorprese a partire dal sito archeologico.

I primi scavi avvennero nel lontano 1986 dopo una serie di indagini di superficie. Nonostante un’attività archeologica discontinua, sono state portate alla luce alcune aree interessanti.
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Ebbe un ruolo fondamentale grazie all’aspetto geografico; una posizione centrale tra l’emporio punico di Panormos e la colonia megarese di Selinunte - e crocevia per il passaggio del fiume Belice. L’intera area (circa 58 ettari) è stata interessata totalmente dal centro abitato antico seppur in maniera diversa e dipendente dall’epoca di riferimento.

I rinvenimenti più antichi sono datati all’Età del Bronzo Finale e divenuti consistenti nella Prima Età del Ferro. Il periodo di massima espansione economica e sociale si ebbe attorno al 480 a.C.

La parte più elevata dell'altopiano assunse la funzione di acropoli divenendo sede (probabilmente) di edifici a carattere sacro e pubblico, mentre nel resto dell’area si concentrarono le strutture abitative.

Non sono stati trovati riferimenti interessanti (post - V sec. a.C.) fino al periodo medievale. Quest’ultimo è stato preceduto (forse) da un piccolo sito di età tardo imperiale.

Una maggiore consistenza di natura storica si ebbe nella fase federiciana quando il Castello di Calatrasi (nome originario) diede notorietà e mise in risalto l’intera zona fino al tramonto definitivo avvenuto attorno al XV secolo.

I primi scavi portarono alla conoscenza del Campo A e B e successivamente, il ritrovamento di altri reperti nel terrazzo inferiore nord-orientale (Campo C e D). Le ultime spedizioni hanno interessato altre aree (Campo E, F,G, e H).

Il sito è comprensivo di alcuni edifici costituiti da ambienti aggregati a grappolo e organizzati intorno ad ampi spazi o cortili aperti. Alcune strutture sopravvissero anche nella seconda fase.

Grazie all’influenza grecocoloniale, i tratti si organizzarono con maggiore regolarità e vennero costruiti edifici a pianta allungata (utilizzati da più nuclei familiari).

Il passaggio dalla vita indigena a quella “definita e strutturata” è stata la logica fase del cambiamento. Un percorso abbastanza vivace è collegato alla presenza dell’insediamento medievale-normanno. Il territorio di Calatrasi venne donato da Guglielmo II alla Diocesi di Santa Maria la Nuova di Monreale.

Non sono presenti fonti certe del periodo di costruzione della fortificazione seppur lo storico-viaggiatore Idrisi fece cenno del castello nel 1150. Alcuni studiosi collegano il fortificato invece con un documento (diploma di donazione) del 1093. Un altro documento del 1222 attestò l’occupazione di Federico II durante la campagna di repressione contro i musulmani.

Il castello ha una forma rettangolare abbastanza irregolare, arrotondata sui lati brevi e caratterizzata (alcune volte) da una copertura a lastre poste orizzontalmente o obliquamente. Utilizzata per difesa militare su un perimetro pari a 120 metri, la fortezza era dotata di torrioni ed ambienti che si disponevano intorno ad una corte centrale aperta.

Le mura vennero innalzate direttamente sulla roccia con la realizzazione di un percorso adattato all'ortografia del luogo stesso.

Furono eseguite ben tre fasi edilizie all’interno della struttura. Nell’area medievale è stata scoperta una necropoli del periodo musulmano. Al suo interno gli inumati poggiavano tutti sul fianco destro con il cranio posto ad Ovest ed il volto rivolto a Sud. Le gambe erano leggermente flesse e le braccia distese lungo il corpo.

Alcuni anni orsono, durante ulteriori ricerche, sono stati scoperti dei graffiti all’interno di una grotta di Monte Maranfusa. Raffigurano due "fissazioni" millenarie di un atto sessuale e la contabilità. L’autenticità è stata dimostrata dalla patina presente nei graffiti uguale alla stessa che si trova sul resto della superficie rocciosa.

Una scoperta improvvisa, casuale e “figlia” di un riparo durante un temporale abbattuto nella zona. Successivamente è stata effettuata una seconda visita e, con immensa sorpresa, sono state trovate altre incisioni. Grazie all’archeologo Sebastiano Tusa è fatta la distinzione tra i due gruppi con appartenenza al Mesolitico per una parte e Neolitico per l’altra.

I numerosi reperti ritrovati sono conservati nel Museo Civico di Roccamena. Una perla siciliana da salvaguardare nonostante una piccola parte sia andata perduta a favore degli insediamenti agricoli.

L’intera area è arricchita dal Ponte di Calatrasi. Dista a un chilometro di distanza dal Monte Maranfusa. Un'opera architettonica imponente che merita un capitolo a parte.
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