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Un ingegnere, un manager e un docente: il "trio (eccellente)" dell'Oro Rosso di Sicilia

Inseriti tra le 100 eccellenze italiane di Forbes, i ragazzi "un po' cresciuti" amano la Sicilia e per questo hanno deciso di essere artigiani di un nuovo mestiere. La loro storia

  • 19 aprile 2022

Da sinistra Daniele Salpietro, Francesco Barone e Melo Martella

La delicata produzione di un fiore è ben lontana dalle loro vite che si svolgono tra computer, riunioni, tavole rotonde e lezioni.

Eppure tre professionisti originari di una piccola località sui Nebrodi nel messinese, Raccuja, hanno deciso di provare ad essere artigiani di un nuovo mestiere: i coltivatori di zafferano, l'Oro Rosso, che rientra ormai da tempo nella preparazione di piatti dell'alta cucina Gourmet italiana e anche prettamente siciliana, oltre a quelli delle cucine ordinarie.

Loro sono: Daniele Salpietro 39enne che è l'unico che vive ancora a Raccuja e lavora per un'azienda emiliana; il manager Francesco Barone di 33 anni che vive a Milano, con studi anche a Roma ed è amministratore di una società che gestisce siti web, social, marketing e campagne pubblicitarie; il professore universitario di Diritto Tributario alla Facoltà di Economia messinese Melo Martella, 55 anni, che vive a Milazzo, lavora tra Messina e tutta la Sicilia ed è lo zio di Francesco.
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Daniele si dedica alla sezione produttiva, Francesco si occupa della commercializzazione e Melo è incaricato della parte amministrativa e gestionale.

Subito una nota d'onore che indica il peso della loro idea di successo: sono stati inseriti a metà aprile tra le 100 eccellenze italiane di "Forbes" e premiati all'Hotel Savoia di Milano. I ragazzi "un po' cresciuti" amano la terra che ha dato loro i natali e, con questo principio viscerale e mentale, hanno voluto creare qualcosa che possa portare questa comunità a dimensionarsi verso una crescita con la comparsa di nuove attività e piano piano a ripopolarsi.

Raccuja allo stato dell'arte registra meno di un migliaio di cittadini.

Salpietro, Barone e Martella possono essere innanzitutto un esempio per chi abbandona i piccoli centri abitati e i magnifici borghi, nonostante il loro fascino. La tenacia di investire in una Start-up che poggia i suoi pilastri su una risorsa locale dovrebbe essere la spinta di chiunque abbia uno spirito campanilistico. pionieristico.

«Immaginare un futuro a Raccuja non è irreale - ci confessa il più giovane dei tre, Francesco -. Il paesino non offre tanto ma appena possiamo scappiamo lì, per questo lo zafferano è bello per noi. Dare qualcosa alla propria realtà significa cucire un'attività economica da cui tornare più volte l'anno per noi che viviamo fuori.

Lo stesso succede se le famiglie hanno qualcosa con cui sostentarsi e magari stabiliscono di restare. Se il tutto fosse accompagnato da Infrastrutture correlate alle attività produttive, sarebbe più interessante per migliorare la qualità e lo stile della vita, insieme agli affari».

Il trio dello zafferano nebroideo, come noi abbiamo voluto chiamare amichevolmente i tre soci, ha progettato con speranze pionieristiche restituendo una nuova fiamma al fiore dello zafferano autunnale. Una ricchezza territoriale può diventare anche "famosa" fronteggiando difficoltà che sono sempre il prezzo del coraggio da pagare per materializzare nuove prospettive economiche.

Ma come nasce questa favola?

«Mentre facevamo delle passeggiate lungo il fiume a Raccuja - ci delizia Francesco -, attraverso un'Associazione che gestisce l'acquatrekking, abbiamo trovato questo fiore di zafferano selvatico che all'epoca non sapevamo cosa fosse. Abbiamo chiesto alla guida. Tornati dalla escursione, ci siamo messi a cercare lo zafferano e il primo elemento che è venuto fuori è l'Oro Rosso per la sua qualità elevatissima».

Da qui, i signori escursionisti per gioco hanno praticato uno studio sulla produzione italiana ed estera del fabbisogno e si sono accorti che nel nostro Belpaese si importa zafferano "a valanga" quando invece si potrebbe produrre. Eureka dunque: se ci sono campi spontanei di zafferano, perché non utilizzarli?

Persone così distanti dal lavoro della terra come Daniele, Francesco e Melo, si sono precipitate ad Enna a fare un corso su questa produzione, su come si pianta e si essicca, fino a realizzare il primo campo.

I professionisti così imboccano la strada dell'imprenditoria dal 2014 e fondano la "Dfm" (dalle loro iniziali) che ha sede sui Nebrodi con un'estensione di ben cinque ettari di terreno. In questa costruttiva e splendida operazione di campagna, il "Crocus longiflorus" ovvero lo zafferano autunnale risulta un piacevole incontro.

Loro impiegano un approccio innovativo con Excel, raccogliendo dati su quali siano le condizioni meteo elettive, su come migliorare, su analisi statistiche dei numeri, completamente diversi per esempio da quelli per piantare i pomodori.

La "squadra zafferano" ha fatto di più : ha spronato anche altri agricoltori a coltivare questo bulbo, attraverso un convegno e poi una giornata di formazione sui metodi di messa a dimora, sull'essiccazione e raccolta con la spiegazione tecnica in campagna.

Alcuni si sono fatti impaurire dalla complessità del progetto, oltre che per la coltivazione, anche per il profilo finanziario.

«Per andare al Break Even Point (punto critico da costi e ricavi), il terreno di zafferano deve arrivare al settimo anno - chiarisce Francesco Barone - . Per sette anni quindi bisogna avere la capacità finanziaria di assorbire perdite e di pianificare la gestione per vedere l'opportunità che concede all'uscita dal tunnel».

Dopo di che la qualità è importantissima perché se si abbassa la qualità si abbassa anche il prezzo di vendita. Al netto di una buona produzione agricola, il concetto deve essere questo senza mai utilizzare prodotti chimici che andrebbero a danneggiare il bulbo che assorbe tutto e il progetto. Si differenzia dalla produzione di uliveti e noccioleti per tutti questi fattori che non permettono strafalcioni.

La coltivazione dei fiori di zafferano richiede tecnica precisa e pazienza "stratosferica". Chi si mette nella posizione dell'agricoltore deve sapere che le caratteristiche del terreno non vanno stressate e men che meno martoriate perché è la condizione senza la quale non può venire alla luce un frutto eccellente.

La quotazione del loro zafferano, venduto in purezza, a livello commerciale equivale a circa 30mila euro al chilogrammo che, in termini aziendali e di piani programmatici, è una bellissima chance per favorire la conoscenza di Raccuja attraverso anche una tipicità agro-alimentare, con esplosivo decollo gastronomico. L’azienda Dfm ha fatto passi da gigante rispetto a otto anni fa cioè al momento della sua partenza quando ha piantato appena cento bulbi in regime sperimentale.

Con questo articolo prezioso della terra, i tre amici e fieri concittadini si sono dedicati ad un'esperienza unica che ha il sapore dello straordinario, in un'epoca in cui si perde facilmente e crudelmente il lavoro e dove non ci si sente tutelati neppure con un contratto a tempo determinato o indeterminato.

La produzione che si aspettano i fondatori raccuiesi quest'anno è intorno ad un chilo. L'obiettivo in 3-5 anni è di giungere ai 10 chili, dopo aver individuato quanti bulbi ci sono a disposizione.

Il team non vende ancora all'Estero ma ha già un'opportunità per esportare negli Stati Uniti. Ma l'ideale per loro sarebbe incrementare il commercio in Italia per eliminare prima l'importazione di qualità scadente che deriva da altri Paesi quali Iran e Spagna.

«Non tutto ciò che arriva è di pessima qualità - commenta Francesco - ma quello che viene spacciato come eccellenza in realtà ha solo il brand Iran, poi per il resto non è buono. Noi vorremmo prendere quella fettina di mercato che sarebbe una grossa conquista e vorrebbe dire che diamo un po' di rispetto ai mercati italiani, anziché rivolgerci sempre a quelli stranieri che sono più bassi qualitativamente».

Le piazze più grosse sono Iran con il 90% dell'intera importazione (che ha anche una banca con riserve di zafferano), Grecia, Marocco, Spagna, India ed ultima Italia. C'è anche parte di Afganistan. In Italia, le eccellenze in questo settore sono Navelli (internazionale) sull'altopiano in Abruzzo e San Gavino in Sardegna, in entrambi luoghi l'azienda di Raccuja attinge per comprare i bulbi. Il mercato dello zafferano in Italia è molto parcellizzato ed è tutto diviso in imprese mediamente familiari.

In Sicilia, c'è per esempio una cooperativa ad Enna, dove i piccoli produttori insieme arrivano a quattro chili annui e coltivano in terreni che hanno piantagioni miste anche di altri prodotti.

L'azienda Dfm appare sicuramente un unicum nell'isola e nel Meridione, con una superficie esclusiva per lo zafferano con la volontà di ampliarsi. Ha vinto anche un bando europeo per imprenditoria giovanile, all'epoca della partecipazione, con cui potrà avvalersi di un nuovo laboratorio per l'essicazione e confezionamento dello zafferano.

Il problema dello zafferano è che necessita di un lavoro intensivo di raccolta ed essiccazione con tanto di manodopera. Spesso non ci sono i canali commerciali per venderlo in posti dove magari è più apprezzato.

«Non tutti i ristoratori vogliono spendere 30 euro per un grammo di zafferano" - precisa Barone. Lo zafferano ha una peculiarità da non dimenticare: si pianta ad agosto e cresce tra il 20 ottobre e 20 novembre. In questo intervallo di tempo, i fiori possono comparire in varie giornate.

La coltura che la Dfm utilizza è poliennale, ogni tre anni (perché ogni bulbo madre si riproduce di due figli che hanno bisogno di spazio per la crescita dei fiori), mai oltre il quarto anno. I raccuiesi cioè espiantano dopo tre anni (piuttosto che ogni anno) verso maggio e impiantano di nuovo ad agosto in un altro terreno per mantenere questo a riposo per sei anni, per evitare che si incontrino muffe o per non fare impoverire il terreno. Ogni anno c'è la produzione mentre la coltivazione è poliennale perché i bulbi restano nel territorio fino al nuovo espianto. Per fare un grammo di zafferano ci vogliono 140 fiori.

Per farne 10 grammi sono 1400, per 100 grammi 14mila e per un chilo 140mila fiori. Se si arrivasse a 10 chili, ci sarebbero un milione e 400mila fiori. Questi calcoli servono per capire che su 30 giorni di crescita ci sono circa 46mila fiori al giorno da raccogliere. Il tema logistico di gestione raccolto perché i fiori per tenere una qualità alta vanno raccolti quando si aprono: i pistilli quando si aprono a contatto con l'aria si ossidano.

Vanno raccolti quindi tra le 6 e le 9 del mattino e c'è bisogno di una "potenza di fuoco" di persone che lo eseguono in tre ore e comunque per tutti e trenta giorni. Ci saranno giorni in cui ne raccogli 300mila, in altri tremila. Il personale deve essere però lo stesso tutti i giorni.

L'azienda si sta avviando oggi verso la cresta dell'onda e non ha mai perso di vista la bontà degli intenti di questa aggregazione amicale: scatenare lustro al comprensorio ed anche alla popolazione, su cui ripongono massima fiducia anche per attirare nuove leve.

«Ecco - hanno tuonato i tre imprenditori - cosa si può fare per rendere la nostra terra una vera opportunità di sviluppo, non solo finanziario. Basta quindi piagnistei e salviamo le nostre contrade, le nostre borgate, le nostre case, le nostre culture».
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