"Ecco dove nacque l'acqua e zammù": le visite al Museo Anice Tutone di Palermo

Museo dell'Anice Tutone
Otto luoghi, tutti su prenotazione, che per l’occasione mostreranno tesori sconosciuti o racconteranno nuove storie. Le Vie dei Tesori stringe la mano alla Settimana delle Culture e, per due weekend (sabato 11 e domenica 12, sabato 18 e domenica 19), organizza una piccola anticipazione del Festival più amato della città, il tradizionale appuntamento di ottobre.
Per i due weekend sarà possibile visitare il Museo Anice Tutone.
Per scoprire l’origine dell’acqua e zammù bisogna tornare alla Fieravecchia, oggi piazza Rivoluzione. Tutto è partito da qui, dove nel 1813 l’azienda Tutone, nel laboratorio della propria drogheria, cominciò a produrre anice e impiantò un chiosco per la vendita della nuova bibita, che fu subito apprezzato dai nobili signori che frequentavano il vicino teatro di Santa Cecilia.
L’uso di mescolare l’acqua all’anice risalirebbe al periodo della dominazione araba, ma la ricetta del distillato “anice unico” è un segreto custodito in cassaforte di famiglia da sette generazioni. Un storia tutta da scoprire quella del “Museo dinamico Tutone”, nei cortili di Palazzo Ajutamicristo, frutto di un’idea del giovane Ugo Riccardo, per non perdere la “mano” di famiglia.
Per i due weekend sarà possibile visitare il Museo Anice Tutone.
Per scoprire l’origine dell’acqua e zammù bisogna tornare alla Fieravecchia, oggi piazza Rivoluzione. Tutto è partito da qui, dove nel 1813 l’azienda Tutone, nel laboratorio della propria drogheria, cominciò a produrre anice e impiantò un chiosco per la vendita della nuova bibita, che fu subito apprezzato dai nobili signori che frequentavano il vicino teatro di Santa Cecilia.
L’uso di mescolare l’acqua all’anice risalirebbe al periodo della dominazione araba, ma la ricetta del distillato “anice unico” è un segreto custodito in cassaforte di famiglia da sette generazioni. Un storia tutta da scoprire quella del “Museo dinamico Tutone”, nei cortili di Palazzo Ajutamicristo, frutto di un’idea del giovane Ugo Riccardo, per non perdere la “mano” di famiglia.
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