L’antica sede del Senato e l’orologio che scandisce le ore: visite al Palazzo delle Aquile di Palermo

Palazzo delle Aquile a Palermo
Terrazze, campanili, chiese sconosciute, palazzi privati, giardini, ex fabbriche, manifatture artigiane: sono 130 quest’anno i luoghi che il Festival "Le Vie dei Tesori" apre nei cinque weekend compresi tra il 5 ottobre e il 4 novembre a Palermo, la città Capitale della Cultura 2018 dove la manifestazione è nata nel 2006 e dove è giunta alla sua dodicesima edizione.
La città si trasforma così in un museo diffuso e narrato, intrecciando storia, arte, mistero e natura, grazie alla rete costituita da oltre cento tra istituzioni, associazioni, partner.
Oggi sede del Comune, l’antico Palazzo del Senato, detto anche "delle Aquile" dal simbolo di Palermo che campeggia sul portale, fu edificato nel 1470 per volere del pretore Pietro Speciale. Ampliato nel 1553 e poi nel 1615, è pieno di affreschi, sculture e arredi di pregio.
In occasione del restauro del 1875, a opera dell’architetto Giuseppe Damiani Almeyda, fu fortemente modificato, sfrondandolo degli elementi barocchi. All’esterno, una "chicca" è l’orologio sulla facciata principale, che è tornato in funzione nel settembre del 2014, dopo trent’anni dal guasto.
Acquistato nel 1864, dalla giunta presieduta dal sindaco Antonio Starrabba, marchese di Rudinì, suona ogni quindici minuti. Sotto il quadrante, spicca l’epigrafe "Pereunt et imputantur", cioè le ore passano e non vanno sprecate: un invito ai governanti, di ieri e di oggi, a fare buon uso del tempo.
La visita ha una durata di 30 minuti ed è parzialmente accessibile ai disabili.
La città si trasforma così in un museo diffuso e narrato, intrecciando storia, arte, mistero e natura, grazie alla rete costituita da oltre cento tra istituzioni, associazioni, partner.
Oggi sede del Comune, l’antico Palazzo del Senato, detto anche "delle Aquile" dal simbolo di Palermo che campeggia sul portale, fu edificato nel 1470 per volere del pretore Pietro Speciale. Ampliato nel 1553 e poi nel 1615, è pieno di affreschi, sculture e arredi di pregio.
In occasione del restauro del 1875, a opera dell’architetto Giuseppe Damiani Almeyda, fu fortemente modificato, sfrondandolo degli elementi barocchi. All’esterno, una "chicca" è l’orologio sulla facciata principale, che è tornato in funzione nel settembre del 2014, dopo trent’anni dal guasto.
Acquistato nel 1864, dalla giunta presieduta dal sindaco Antonio Starrabba, marchese di Rudinì, suona ogni quindici minuti. Sotto il quadrante, spicca l’epigrafe "Pereunt et imputantur", cioè le ore passano e non vanno sprecate: un invito ai governanti, di ieri e di oggi, a fare buon uso del tempo.
La visita ha una durata di 30 minuti ed è parzialmente accessibile ai disabili.
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