Quattro personaggi, due storie parallele: "Deposito bagagli" di Sabrina Petyx in scena al Ditirammu
Arrivi, partenze. Coincidenze, valigie abbandonate. E ancora vite senza nome, tempo da ingannare. Al Teatro Ditirammu va in scena "Deposito bagagli" di Sabrina Petyx, venerdì 14 e sabato 15 dicembre alle 21.30.
Lo spettacolo, che vede in scena gli attori Alessio Barone, Serena Barone, Delia Calò, Salvatore Galati, è costruito sullo scorrere parallelo di due storie analoghe che si svolgono nello stesso luogo, nello stesso tempo, nella medesima condizione: due uomini e due donne si incrociano, senza mai interagire, con azioni e parole parallele, speculari, intrecciate e sovrapposte. Distanti ma identiche.
Costruito per essere rappresentato in un luogo reale, "Deposito bagagli" vive nutrendosi di un quotidiano come tanti altri in una Palermo che diventa simbolo di un qualunque sud del mondo. Un lavoro sempre in divenire, che procede per differenti stazioni nella ricerca di una forma e di un ritmo in cui specchiarsi per scoprire il senso di una vita che scorre senza darsi importanza, in un’epoca senza più memoria.
Intorno a quattro attori, un tavolo, tre sedie, uno sgabello, una tv, un fornellino a gas, una pentola e due piatti all’interno di una stanza vuota, di una cucina, di un ripostiglio o di un qualsiasi altro posto racchiuso da quattro pareti in cui lo spettatore è forse intruso, forse protagonista, forse semplicemente "spia" dal buco di una immaginaria serratura.
Lo spettacolo, che vede in scena gli attori Alessio Barone, Serena Barone, Delia Calò, Salvatore Galati, è costruito sullo scorrere parallelo di due storie analoghe che si svolgono nello stesso luogo, nello stesso tempo, nella medesima condizione: due uomini e due donne si incrociano, senza mai interagire, con azioni e parole parallele, speculari, intrecciate e sovrapposte. Distanti ma identiche.
Costruito per essere rappresentato in un luogo reale, "Deposito bagagli" vive nutrendosi di un quotidiano come tanti altri in una Palermo che diventa simbolo di un qualunque sud del mondo. Un lavoro sempre in divenire, che procede per differenti stazioni nella ricerca di una forma e di un ritmo in cui specchiarsi per scoprire il senso di una vita che scorre senza darsi importanza, in un’epoca senza più memoria.
Intorno a quattro attori, un tavolo, tre sedie, uno sgabello, una tv, un fornellino a gas, una pentola e due piatti all’interno di una stanza vuota, di una cucina, di un ripostiglio o di un qualsiasi altro posto racchiuso da quattro pareti in cui lo spettatore è forse intruso, forse protagonista, forse semplicemente "spia" dal buco di una immaginaria serratura.
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