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Ci passi ogni giorno e (forse) non l'hai notata: dov'è la villa "floreale" di Mondello

Tanti i progettisti della Scuola basiliana di Palermo che disegnano il volto contemporaneo di quanto ancora oggi è possibile ammirare persino dalla strada

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 12 luglio 2022

Il villino Fernanda di Mondello (foto dal web)

È come se la bellezza fosse in grado di richiamarne altra e altra ancora. Una bellezza Floreale in grado di partecipare e mai sostituirsi a quella naturale che non a caso diventa essenza stessa del principio insediativo del cosiddetto "Villino Liberty", mentre quella “Natura” costruisce segmenti di armonia persino attraverso le capacità compositive dei grandi progettisti del passato.

Di questa narrazione, la Mondello Liberty che fortunatamente ancora resiste malgrado tutto, rappresenta oggi il frame di maggiore richiamo turistico-economico nell’indispensabile connubio tra opera e progettista, in grado di porre ancora una volta sul tavolo della politica la direzione necessaria da indicare all’intero comparto sotto l’ombrello culturale dell’Unesco.

Tanti e diversissimi i progettisti della Scuola basiliana di Palermo che letteralmente disegnano il volto contemporaneo di quanto ancora oggi è possibile ammirare persino dalla strada, ma su tutti è Salvatore Caronia Roberti a incarnare il primato del maggior numero di realizzazioni.
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Tutte o quasi realizzate per l’impresa di costruttori Rutelli, tutte diverse le une dalle altre pur mantenendo chiara ed evidente la sua firma stilistica. Ed ecco apparire nel lotto d’angolo a guardia quasi della piccola piazza Caboto la Villa Fernanda, raffinato frammento di bellezza Floreale intrisa di quei "basilismi" che ne richiamano e legano all’opera di Ernesto Basile composizione, stile e genesi formale.

Si erge lungo il Viale Margherita di Savoia al numero 38, oggi come a principio del secolo scorso quando a pochi metri si sviluppava il chilometrico percorso della Tramvia che univa la Mondello Liberty alla città storica. Costruita dal più mimetico tra gli allievi basiliani nel 1912, l’edificio si caratterizza per il tipico ritmo formale delle partiture di intonaco che disegnano i quattro prospetti dei due piani armonizzati dal tipizzato elemento turrito che diventa elemento attrattore dell’intera composizione a scala paesaggistica.

Entusiasmanti restano la compostezza degli ornati di fasce marcapiano e fregi decorativi e quella grande corrispondenza tra il disegno su carta e la realizzazione, nella compostezza esemplare di organismi abitativi che, nel plasmare la dimensione privata dell’abitare dei singoli committenti, concorrono ugualmente a definire magistralmente l’intero skyline urbano.

Maioliche policrome, ferri battuti, bugnati, tutti articolati nell’apparente rigidezza a definire la compostezza dell’intera costruzione coperta da semplici tetti a padiglione rivestiti da un manto di tegole marsigliesi, concorrono a definire l’unicità stilistica di questo incantevole esercizio abitativo Belle èpoque.

È bellezza sociale dell’arte, noi la chiamiamo usualmente “architettura”; loro, i titani della città felice dei Florio, la chiamavano semplicemente "pianificazione".
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