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Confessioni (insolite) di un cervello in fuga: amo Milano, torno in Sicilia solo per le feste

Gli studi a Palermo, la scelta di partire. Vi raccontiamo la storia di un 35enne che ama la sua vita e il suo lavoro al Nord. Anche se il cuore lo riporta a casa

Sara Abello
Giornalista
  • 13 dicembre 2022

Alessio, visual designer a Milano

Per un Alessandro che torna e produce energia elettrica dall’acqua salata, ci sono tanti Alessio che vanno, è la storia di questa terra. Durante le festività però, il flusso fortunatamente si inverte e sono molti i figli di Sicilia che tornano a casa, compagnie aeree e tariffari permettendo.

Così, in una mattinata uggiosa prenatalizia, ho raccolto le "confessioni" di un’altra mente brillante che ha "preferito" andare a lavorare al nord, e ascoltato il sentire, in questo caso inaspettatamente sereno, di chi questo passo lo ha compiuto ormai da quasi cinque anni.

Parlo di serenità inaspettata perchè io al posto suo sarei più ben più acidella. Si chiama Alessio, 35 anni, originario di Ficarazzi ma cresciuto in quel di Bagheria, è un graphic designer. Alt, lo so che tanti di voi leggendo quale sia la sua professione hanno già esclamato «ncà grazie, voleva travagghiari a Baaria cu stu mistieri?!».
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Eh beh forse un siciliano non può essere libero di intraprendere il percorso di studi che lo porterà alla posizione lavorativa che più ambisce? In tal senso, almeno in quello, Alessio è stato fortunato, ricevendo l’appoggio della sua famiglia quando decise di iniziare il corso di studi in Graphic design dell’Accademia di Belle Arti di Palermo.

E lo ha fatto nel modo più corretto, senza curarsi troppo del futuro ma nutrendosi esclusivamente del piacere e dell’interesse che suscitava in lui il presente.

Conclusi gli studi, non si è praticamente mai fermato, realizzando progetti anche per la sua terra, senza accantonare però la voglia di vivere un’esperienza lontano da casa, un esperimento quasi. Nel tempo però Alessio ha dovuto fare i conti con una realtà locale non propriamente favorevole, per cui quella che doveva essere un’esperienza a tempo è divenuta la sua vita da "fuorisede".

In questi casi la scelta sta tra il lasciarsi sopraffare dalla frustrazione perchè il contesto che ti circonda non è predisposto all’ascolto, al cambiamento, alla crescita magari a lungo termine, o al comprendere cosa può dare senza necessariamente prendere, e il “preferire” la libertà di determinare per il proprio bene, con tutte le inevitabili difficolà del caso.

Badate bene però, Alessio non è di quelli che ha sempre avuto il pallino, il rifiuto o la protesta per le sue radici, non a caso i primi progetti sono stati tutti finalizzati alla valorizzazione del contesto locale, portando Bagheria in giro per lo stivale attraverso i suoi lavori, negli anni inoltre si è riproposto alle varie Amministrazioni succedute con l’intenzione di proseguire il suo operato.

Scontrarsi con un muro di silenzi però non stimolerebbe nessuno. Per questa ragione, dal 2018 Alessio vive a Milano e lavora per un’azienda internazionale che si occupa di consulenza legale e fiscale per le imprese, e che in questa sede accoglie circa la metà dei 7.000 collaboratori italiani.

Alessio, che per loro svolge il ruolo di visual designer, occupandosi quindi di comunicazione, è tanti di noi, del resto «a Milano non ci sono quasi più milanesi» e tra i suoi colleghi ci sono tantissimi meridionali.

Proprio per questo, l’azienda che promuove il lavoro in team, consente una maggiore elasticità durante le festività, consentendo anche a chi ha origini ben lontane dalla Lombardia di tornare a casa per un periodo più esteso e lavorare a distanza.

Ci tiene a non dipingere un quadro triste o sconfortante Alessio, e osservare la serenità con cui si racconta vi assicuro che gli fa raggiungere il suo obiettivo.

La sua è la storia di un ragazzo che ha raggiunto grandi risultati, che ama il suo lavoro e la sua vita, ma non per questo si culla in ciò che ha ottenuto senza prefissarsi mete ancora più grandi. Non è Alessio a sconfortarmi ma la verità che racconta, assolutamente tangibile intorno a noi, che però non è riuscita ad incattivirlo come ha fatto con altri.

Ancora oggi Bagheria, e non mi riferisco esclusivamente alla classe politica ma ancor di più ai cittadini, non è in grado di pensare in maniera più estesa, di vedere oltre il proprio naso.

Senza generalizzare chiaramente, provate a pensare a quanti abbiano realmente tentato di creare un contesto lavorativo e umano che sia accogliente, che possa invertire il flusso migratorio di chi va in cerca della propria realizzazione, più che di “fortuna”, che con alti e bassi ahinoi non si è mai fermato?

Quando Alessio torna non percepisce quel senso di "sconfitta", che dal di fuori si potrebbe immaginare, ma il perenne immobilismo che qui si respira.

Sì, qui siamo immobili e alle volte rassegnati al punto tale da augurarci che le cose non cambino perchè può persino succedere che se accadesse, sarebbe addirittura in peggio.

Nessuno lo ha costretto ad andare, mi ricorda, ma di certo la sua nel tempo è divenuta una scelta obbligata dalle circostanze, dal non voler rinunciare a se stesso, dal non voler scendere a compromessi con un contesto che pian piano lo avrebbe snaturato pur di raggiungere quella indipendenza economica che sarebbe dovuta a tutti.

Le sole ragioni per cui Alessio torna a casa sono i suoi affetti: la famiglia, i cani, qualche amico e, per chi se lo stesse chiedendo, non per lo sfincione a Natale. A quanto pare non ha un gran bel rapporto con la cipolla.
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