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Dalla Festa dell'Unità ai grandi backstage: il palermitano che ha fatto il giro del mondo

Ha iniziato suonando ed è finito nei backstage dei Duran Duran, degli Spandau Ballet e di tanti big italiani come Pino Daniele, di cui conserva un ricordo prezioso

Valentina Frinchi
Freelance in comunicazione e spettacolo
  • 21 aprile 2023

Michele Russotto

Questa è la storia del back-liner che ha fatto il giro del mondo. È palermitano e si chiama Michele Russotto. «Erano gli anni '70 e cominciavo a strimpellare la chitarra». Anni in cui molti adolescenti scoprono uno strumento e in quegli anni Michele Rusotto frequenta l'Istituto Industriale "Alessandro Volta" nella sezione elettronica.

Questo connubio fatto di musica e di elettronica sarà un grande punto d'incontro, cruciale per il suo divenire. «A quei tempi l'occupazione a scuola era una buona scusa per fare delle jam session nelle aule libere da ogni sorta di disciplina».

Era una Palermo povera di locali quella di allora, "La Base" in via Lincoln e "La locanda degli elfi" poi diventato il "Punto Rosso" a piazza Boiardo, gli unici posti frequentati per fare un po' di musica alternativa.

La tanto attesa Festa dell'Unità era l'unico evento che consentiva di potersi esibire con uno strumento. «La passeggiata a Mondello era un appuntamento irrinunciabile; in piazza si poteva suonare seduti per terra».
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Erano due le comitive fatte da giovani di due tipologie diverse: i giardini davanti al cinema Fiamma frequentati dai più raffinati e Villa Sperlinga dai più alternativi, luoghi dove si formavano band e si cominciava a suonare. «Del resto a Palermo potevi studiare musica solo al Brass e solo dal 1986 o con qualche insegnante a pagamento».

"Morbo Rambling Man" fu la prima band rock-blues di successo di cui fece parte Russotto. «Eravamo artisti di strada: insieme a me, Enzo Rao, Michele Di Francesco, Giuseppe Mineo, Paolo Mappa».

Tra il '73 e il '74 Villa Giulia accolse il gruppo inglese "Henry Cow" in un meraviglioso concerto; il gruppo non arrivo' in tempo a fare il sound- check, gli strumenti vennero catapultati in una vasca vuota, delirio e passione nel cuore di tutti.

E ancora fu memorabile la volta del concerto dei "Gentle Giant" con un seguito di 1200 persone, eventi che hanno suggellato la Palermo del progressive. Il rock progressive che nasce in Inghilterra nel '69, è stato un genere sentito, acclamato ed ereditato in Italia fino ai primi anni '80, dove i giovani si ispiravano a fare band secondo i miti dei Genesis e dei Pink Floyd.

Sono state palermitane le realtà sessantottine dei "figli dei fiori" come quelle di "Era di acquario" (Gianni Garofalo flauto, Pippo Cataldo batteria, Michele Seffer chitarra), "Misura del Tempo", "Storia di un fiore", "Sàmsara".

Diventa un rock progressive quello di volere imitare i miti dei fratelli maggiori, sino a quando nella metà degli anni '80 Palermo apre le porte al jazz e molti di loro si ritroveranno in quel modo moderno di fare musica.

Dall'84 all'87 (data di avvento del Malaluna) inizia a Palermo un po' di fermento legato all'onda inglese. Nasce la "new wave" dell'epoca con gruppi come i "Nicotina" e i "Plein air" (quest'ultimo composto da Michele Russotto, Giorgio Bongiorno, Orazio Peres,Dario Sulis).

E con la storia dei Plein air si conclude l'esperienza da musicista per Russotto che si avvicinerà da quel momento in poi al settore "tecnico" dello spettacolo; è proprio in questo momento che sperimenta la musica nell'elettronica. "La mia vita da musicista fa di me un "back liner".

È il 1985, un momento di crescita in cui decide di abbandonare il ruolo artistico per sperimentarsi da tecnico in una tournèe nazionale dal nome "Asia non Asia" insieme ai "Pooh".

«In qell'occasione rivestivo il ruolo di assistente alla chitarra di Dodi Battaglia; decisi di distendermi lungo il palco, in una posizione occulta per evitare che il pubblico potesse vedere dal basso e nei tempi di un pit stop della Ferrari gli cambiai la corda!».

Un vero "incollatore di chitarre". Fu un'esperienza soddisfacente e redditizia quella dell'esordio di back liner. Nel 1986 Michele Russotto partecipa come "direttore tecnico" al "Jazz - Estate '86" , il Festival organizzato dalla "Fondazione The Brass Group" a Palazzo Butera, luogo di incontri importanti e fortuiti che lo porteranno ad uscire fuori dalla Sicilia.

Nel 1987 è la volta del concerto dei Duran Duran allo Stadio della Favorita, spettacolo collegato con due video, uno a Sferracavallo e l'altro allo Zen, attraverso un ponte-radio dallo Stadio a Montepellegrino. Un'organizzazione puramente tecnica ideata totalmente da Russotto e che sollecitò una dirigenza politica sensibile ad investire ingenti somme per un coinvolgimento popolare mai visto prima.

Lo stesso anno arriveranno a Palermo gli Spandau Ballet e Frank Sinatra, e Russotto continuerà a faee il back-liner. Nel 1989 Michele Russotto si trasferisce a Roma e inizia a lavorare con Luca Carboni quando spopolava il suo testo "Fiorellino".

Da lì a poco sarà un'incredibile passaparola, da Ornella Vanoni a Claudio Baglioni, sino in Spagna insieme a Miguel Bosè. Nei meandri delle organizzazioni tecniche di grandi star, nel '93 arriverà l'incontro con Tony Levin, bassista di Peter Gabriel, ideatore di "Womad" ed ex cantante dei "Genesis", l'artista che gli consentirà di girare il mondo e che tutt'ora è il suo più grande riferimento.

«Quella del back liner è una professione di grande responsabilità che si incentra nella preparazione dello spettacolo relativa alla messa a punto di tutta la strumentazione. È una persona di fiducia dell'artista, un grande feeling lega back liner e musicista, una complicità che spesso determina il successo della tournèe o dello spettacolo che sia» afferma Russotto.

Il back-liner palermitano ha accopagnato nel frattempo quasi tutti gli artisti italiani sul palco delle migliori piazze come i Negramaro, Eros Ramazzotti, Ligabue, Fiorella Mannoia e Pino Daniele. Quest'ultimo artista indimenticabile, testardo, diffidente ma dotato di una grande sensibilità.

«Il migliore tecnico che ho mai incontrato» è la frase di Pino Daniele che Michele Russotto porterà sempre con sè per tutta la sua carriera.

Michele Russotto raggiunge un momento della sua vita in cui pur avendo il desiderio di prendere in mano uno strumento per suonarlo, preferisce ancora rimanere tecnico, per ascoltare la musica di artisti grandiosi di fama internazionale, ed è quella musica che se fosse rimasto un musicante locale non avrebbe mai avuto l'opportunità di conoscere dal vivo e sul palco di ognuno di loro.

«La Palermo di oggi ha avuto un'involuzione, un processo lento. Ogni volta che rientro nella mia città, mi sembra che non sia cambiato nulla». Una parentesi importante è stata quella degli anni '90 in cui sono successe cose interessanti.

«Penso all'Europa dell'est comunista che nel tempo è diventata di natura nordica, dove i capitali sono stati investiti nel più giusto dei modi e i giovani parlano tutti l'inglese. Palermo è vittima di una depressione economica, la mentalità è statica, è una città che si lascia sopraffare dagli eventi, ma soprattutto il palermitano non è in grado di reinventarsi perchè gli manca la risorsa di credere nelle proprie capacità».

Del resto il buon Russotto si è distinto per avere avuto l'astuzia di comprendere che la strada "tecnica" lo avrebbe portato piu' lontano rispetto a quella "artistica" relegata in una Palermo destinata a soffrire.

«È in gioventù, quando si hanno le forze mentali e fisiche, accompagnate da una buona dose intuitiva, che segue il movimento del mercato e del successo che possono succedere cose da raccontare», continua Russotto.

Michele Russotto è riservato e timido; ha un accento palermitano con i toni di chi non ha continuato a respirare i battiti della sua città.

Appare diverso dal suo modo di sentirsi: un vulcano, una mente precoce. Quella morfologia fisica così longilinea, con le sue dita affusolate che hanno salvato mille chitarre, e il passo delle sue gambe lungo, in affondo, veloce, lo hanno condotto nella piu' fenomenale delle prospettive.
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