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È in una delle 3 cattedrali siculo-normanne: dov'è il (prezioso) museo, tra fede e arte

Questi luoghi attirano ogni anno le attenzioni di centinaia di migliaia di turisti e curiosi, partecipando della crescita spirituale e culturale delle proprie comunità

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 14 novembre 2022

Il Museo Diocesano di Monreale

Palermo, Cefalù e Monreale, il dilagare del Siculo-Normanno che si erge a identità culturale di un grande comparto territoriale capace di rendere orgogliosi gli abitanti, mentre riesce a orientare preziosi flussi turistici attorno a cui restano ancorate economie locali e fortune critiche altrimenti disperse.

Fulcri urbani determinanti per le rispettive città, le tre Cattedrali attirano ogni anno le attenzioni di centinaia di migliaia di turisti e curiosi, partecipando della crescita spirituale e culturale delle proprie comunità locali.

Ne arricchiscono l’offerta museale, amplificandone la diffusione delle rispettive mission culturali, gli allestimenti dei vari "Tesori" e soprattutto dei Musei Diocesani, veri e propri nodi cruciali all’interno dei quali osservare al contempo la bellezza di matrice eminentemente cristiana immaginata e costruita nel lungo progredire del cammino di evangelizzazione delle rispettive diocesi, unitamente alla devozione fatta materia e impreziosita dalla committenza illuminata di vescovi e devoti, forza dirompente che diede voce alla creatività esaltante, sin dagli albori del sorgere del Cristianesimo, ad una costellazione di artisti grandiosi.
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Tale condizione, esaltata da specificità ben ancorate al territorio d’appartenenza, si manifesta dal 2011 presso gli ottimi locali musealizzati del Museo Diocesano di Monreale, nel dialogo continuo e puntuale con lo splendore universale del Duomo normanno voluto dal Re Guglielmo II nella pienezza del Basso Medioevo.

È questa al Museo Diocesano, un’esperienza sensoriale totalizzante e d’arricchimento emotivo, resa possibile attraverso la bellezza dell’architettura medievale, la pittura e la scultura e la eterogeneità delle arti decorative ivi custodite.

Il viaggio inizia già all’esterno percorrendo le tre absidi ad archi acuti incrocianti del Duomo, le quali introducono direttamente al Lapidarium che anticipa la biglietteria del museo. Qui è possibile osservare marmi e Stemmi lapidei scolpiti unitamente all’iconico grande Sarcofago a vasca strigilato con scene di caccia laterali (III sec. d.c.) dalle quali emergono estrusi due grandi leoni che azzannano asini.

Su progetto museologico di Maria Concetta Di Natale e sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza, si aprono le diverse sale tematiche poste ai diversi livelli all’interno del Palazzo Arcivescovile in un rapporto di costante dialogo tra passato e presente, in cui si apre al piano rialzato in immediata adiacenza del Chiostro Normanno, la Sala detta di San Placido voluta dal Cardinale Ludovico II Torres già nel 1590.

Qui resta impresso nello splendido arazzo di scuola napoletana, realizzato su disegno di Gioacchino Martorana, il Sogno di Guglielmo a traguardare l’Angelo custode di Pietro Novelli (1640); nella stessa sala insistono: La Madonna dell’Itria di Giuseppe Alvino, La Madonna di Monserrato attribuita a Melchiorre Barresi e la grande ed evocativa Pala d’altare dei santi Sebastiano e Agata priva del frammento laterale destro purtroppo trafugato.

La sala accoglie anche la preziosità di trame e ricami dei suggestivi Paliotti posti entro apposite teche in metallo e vetro. Superato lo spazio attiguo del bookshop, si raggiungono al piano superiore con l’uso di scala o ascensore le due Sale: “Normanna” e “del Rinascimento”.

Nella prima sala è possibile ammirare la grande tavola dipinta della Madonna Odigitria di ignoto pittore bizantino, la seduttiva Madonna dell’Umiltà attribuita a Barnaba da Modena, e l’empatico Crocifisso ligneo di Chiusa Sclafani, mentre comincia l’esplosione sintattica delle arti decorative con il Reliquario quattrocentesco in oro della Sacra Spina, il suggestivo Cofanetto reliquiario impreziosito da smalti champleves, la pregiata Pisside argentea poligonale di possibile provenienza francese e il piccolo Cofanetto reliquiario ligneo, decorato con figure muliebri.

La Sala del Rinascimento è arricchita da importanti episodi scultorei, dalla bianca Vergine con Bambino di Andrea della Robbia sul solito e prezioso fondo blu, alle opere di area gaginesca come il San Girolamo Penitente di Antonello Gagini a cui si aggiungono le due Stazioni della via Crucis d’autore ignoto e di epoca successiva (XVIII secolo).

La pittura è presente con l’Ecce Homo di provenienza fiamminga e con l’intensa Madonna con bambino liberata dalla pesantezza di aggiunte dopo l’ultimo restauro. Nella Sala Renda Pitti che ospita la collezione giunta per donazione diretta del monrealese Salvatore Renda Pitti, si articola un raffinato percorso-dialogo che oltre alla narrazione coerente di opere a prevalente tema cristiano, restituisce e non sembri un dettaglio trascurabile, l’importanza del collezionismo in Sicilia.

Qui, tra le decine di teche in metallo e vetro appositamente immaginate per contenere la bellezza delle arti decorative di varia forma, fattura e tipologia, è possibile ammirare importanti opere devozionali. Rilevanti sono la Pisside in argento dorato decorata con scene del martirio di Santo Stefano e il Calice argenteo realizzato da Filippo Juvara; interessante resta il crocifisso attribuito a Stefano Ruvolo in avorio e tartaruga con figure di santi sottostanti la croce, il Cristo in avorio su croce in lapislazzuli.

Suggestiva è la collezione di ceramiche provenienti dal polo artistico settoriale di Urbino, con piatti decorati con scene della Genesi. Esaltante è l’inedita copia argentea dell’Urna reliquiaria di Sant’Agata, realizzata in piena temperie neogotica da argentiero siciliani, mentre è il marmo alabastrino della Immacolata cinta sulla testa da nimbo stellato a restituire la pienezza dell’iconografia post-tridentina.

Concludono idealmente il repertorio trasversale presente nella sala le grandi opere pittoriche tra cui: la Crocifissione di ambiente vandyckiano, la Madonna con Bambino e San Bernardo da Chiaravalle, il San Michele Arcangelo, la Vergine affiancata dai Santi Sebastiano e Rocco.

L’approdo alla Sala dei Vescovi è anticipato dalla piccola Sala della Portantina, all’interno della quale oltre ai due strepitosi Reliquiari settecenteschi in argento cesellato ritraenti i Santi Ignazio da Loyola e Francesco Saverio, la Portantina in legno intagliato, oro, bronzo, cuoio e seta, impreziosita dalle scene dipinte della Allegoria della Verità, un vero e proprio “capolavoro abitabile” e salvato dall’oblio.

Ecco allora approdare alla Sala dei Vescovi, spazio rettangolare lungo voltato, contraddistinto da molteplici teche in metallo e vetro contenenti importanti opere d’arte decorativa siciliana tra cui suppellettili e parati che cominciano ad essere commissionati a partire dalla reggenza del Cardinale Alessandro Farnese qui rappresentato dall’empatico ritratto su fondo nero.

Tra le molteplici opere iconiche, va ricordata la bellezza del piccolo Reliquiario architettonico argenteo, la Mitria del Cardinale Ludovico II Torres con motivi floreali aggettivati dall’uso diffuso di perline, la piccola Pace argentea di Muzio Zagaroli istoriata con scene dell’Adorazione dei Magi e la preziosa Cassetta reliquiaria in avorio della Bottega degli Embriachi, il vivace Secchiello argenteo cesellato, il Calice in corallo e filigrana d’argento di area trapanese.

Suggestivo, tra tantissime singolarità artistiche, resta il Faldistorio Rococò commissionato dall’Arcivescovo Iacopo Bonanno, pissidi e calici sbalzati e cesellati tra cui spiccano gli interessanti Ostensori a raggera, le opere pittoriche barocche della Crocifissione di area fiamminga, e della Madonna della Misericordia di Filippo De Vadder, la Crocifissione di Sant’Andrea di area genovese.

È la piccola Cappella Neoclassica con volta ribassata decorata e con importanti opere pittoriche di Giuseppe Patania e Anna Turrisi Colonna (Madonna con Bambino e San Giovannino) a concludere la visita al piano a meno della Sala Etnoantropologica.

Al suo interno sono esposte singolarità esaltanti, dagli ex-voto ai reliquiari, dalle piccole teche contenenti bambini alle interessanti pitture su vetro, dalla Madonna del Latte di Pietro Antonio Novelli (una tra le sue 42 censite) alla rarissima lunga Pinza in argento per la somministrazione eucaristica usata per interagire con gli appestati.

C’è spazio anche per la Addolorata che ebbe a lacrimare nel Settecento e per il relativo fazzoletto che ne asciugò le lacrime, qui opportunamente custoditi l’uno in vicinanza dell’altra.

A questo punto il regalo che la Diocesi di Monreale compone per quanti hanno già potuto ammirare la sacralità della bellezza cristiana composta nello scorrere inesorabile dei secoli, è la possibilità di visitare, con lo stesso biglietto del Museo Diocesano, la strabiliante bellezza senza tempo della Cappella Roano, un tripudio di marmi mischi e tramischi in cui scultura e spazio architettonico mirano ad elevare il visitatore allo sguardo imposto dal committente illuminato che fu lo spagnolo Giovanni Roano, ma questa è un’altra storia.

In un momento di crisi globale di sistema come è l’attualità di questi anni bui e tempestosi, la luce proveniente da luoghi costruiti sulle fondamenta cristiane della bellezza, indipendentemente dal personale credo religioso, è in grado di illuminare coscienze e azioni. Accade in tutta Italia e Sicilia con particolare vigore espressivo, e accade qui a Monreale dove il sincretismo artistico e religioso ha inciso letteralmente preziose pagine determinanti dei manuali di Storia dell’arte europea. Resta inciso che il Diocesano di Monreale, nella cura degli spazi e nella vasta offerta di attività collaterali, nella volontà trasversale di apertura a studiosi e turisti da parte della Diocesi, nel grande lavoro condotto dal direttore aggiunto Lisa Sciortino, e nell’unicità di interconnessione dei luoghi, si impone nel panorama provinciale e regionale come importante nodo di passaggio.

Il consiglio dunque è quello di visitare il complesso museale magari in compagnia dell’ottimo contributo scientifico rappresentato dalla guida sintetica appositamente pensata (L. Sciortino, Il Museo Diocesano di Monreale, Palermo 2016, pp.128, idioma italiano/inglese, euro 10).
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