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Facciamo Vucciria! Il rilancio del quartiere non funziona senza tutelare il mercato

Dal crollo di piazza Garraffello ai progetti di riqualificazione che però sembrano prive di una visione d'insieme per il mercato storico di Palermo: basterebbe un'idea condivisa

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 4 maggio 2018

La Vucciria a Palermo

La città è un luogo dove gli uomini dovrebbero essere in grado di vivere con dignità, in sicurezza e armonia, dove i più grandi risultati della civilizzazione moderna dovrebbero essere a disposizione di tutti. Queste parole risalgono al 1966 e sono di Bob Kennedy.

Sono parole estremamente contemporanee e mi sembra descrivano la pienezza del nodo irrisolto del futuro del nostro mercato-icona più prezioso, quello della Vucciria.

Sono stato tra i primi ad arrivare tra le macerie del crollo su piazza Garraffello nell'inverno piovoso del 2014 e mi ricordo quella sensazione incisa sulla pelle di totale impotenza nell'assenza assoluta di una visione concreta e organica della cosa pubblica.

Sembrava un frammento di Beirut e solo il caso non fece decine, centinaia potenziali di vittime. Arrivai ma non fui tra i primi, anche davanti lo scempio programmato della vandalizzazione della fontana al centro della stessa piazza, vilipesa e senza scupoli con il colore rosso come fosse un frammento privo di dignità sacrificabile sull'altare del tornaconto mediatico personale nel tentativo assai maldestro di dichiarare che da questo tipo di violenza si possa generare arte.
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Non fu arte, troppo facile un gesto simile nell'Italia odierna dei balocchi, come si sarebbe gestita una analoga situazione di aggressione al patrimonio monumentale pubblico in Paesi come Austria e Germania.

Nessuna delle due manifestazioni di degrado seppe generare l'adeguata risposta in termini di massa critica cosciente rispetto al futuro del mercato più suggestivo della Panormus epicentro mediterraneo in quel mercato dei sensi tra i fantasmi di Antonello, Caravaggio, Van Dick e Guttuso e l'oggi è assai infausto per lo ieri.

Non esiste infatti nessuna visione integrata, non è posta in essere alcuna volontà politica di protezione di questo importante presidio culturale popolare eminentemente "immateriale" ancor prima che fisico, spaziale, architettonico.

Non facciamoci prendere ancora in giro! Se l'architettura rappresenta da sempre, la volontà della polis di sedimentare attraverso i materiali e le forme più disparate, il proprio segno urbano, possiamo dichiarare il fallimento della polis democristiana odierna e della sua non-visione.

Manca una visione di insieme per il rilancio del Mercato Storico. Manca un rilievo integrale delle cortine edilizie dell'intero comparto urbano attendibile in scala.

Manca l'idea di un progetto unitario promosso con virtuosismo dal pubblico in direzione del privato. Appare quindi ovvio che in un contesto di degrado così esteso, fisico e culturale, ci siano così tante divergenze d'opinione su ciò che in questi giorni sta nei pensieri di tutti i palermitani.

Equamente divisi, nel solco della stradizione locale, tra i simpatizzanti del progetto di restauro e ristrutturazione dei tre edifici prospicienti la piazza Garraffello e i contrari preoccupati dalla scontata volontà di ricavo di utile degli imprenditori che hanno avuto dal Comune tutte le autorizzazioni necessarie al cantiere.

Certo è un pò surreale tutto ciò. Nessuno si indigna per la rinuncia globale alla regia di un quartiere che ci appartiene storicamente quasi fosse inciso nel nostro dna da parte delle istituzioni, Comune e Regione sembrano incapaci di intessere con l'università un progetto scientifico di salvaguardia e rilancio eccellente, ma ci si indigna perché un privato una volta avute le autorizzazioni, cominci a lavorare alla luce del sole.

Sono un architetto e fino a quando non vedrò prove che palesino incongruenze o deficit di qualsiasi tipo tecnico o amministrativo, non posso essere che favorevole all'intervento di consolidamento prima che gli edifici in oggetto facciano la stessa fine dell'edificio crollato di fronte in quel febbraio maledetto.

Voglio dirlo chiaramente, non ci si illuda che il modello Farm di successo a Favara, possa risolvere i problemi dell'antico mercato, cuore pulsante della città viva persino quando immerso nel degrado.

Dinamiche troppo complesse e luoghi assai diversi necessitano, se vogliamo che il mercato non resti soltanto un'idea nella tela guttusiana, di analisi e studi capillari che mettano al centro del progetto l'idea della salvaguardia dei mestieri uniti al passato recente del luogo capaci di divenire imprescindibili attrattori turistici locali.

È un atto di responsabilità politica e dobbiamo tutti averne piena coscienza per non andar più dietro mode e picchi di attenzione mirata su persone o personaggi!

Fino a quando la regia non sarà una e determinata a scrivere importanti versi di nuova storia urbana, abituiamoci a queste sortite imprenditoriali in cui inevitabilmente con gli edifici, cambieranno i residenti.

Cosa poter fare nelle more che la politica locale, regionale e nazionale si occupi di ciò che resta del mercato salvando un luogo identitario come accadde per Matera?

Semplice, la giunta comunale unanimemente imponga che i piani terra, in linea con le prescrizioni del P.P.E. restino invariabilmente nel solco di attività artigianali o restino botteghe e attività commerciali diurne e notturne.

Sarebbe una goccia nel mare dell'indifferenza ma aiuterà la prossima stagione politica sicuramente più attenta al tema a non partire dalle macerie ma dalle rovine.

In fondo aveva ragione Bob: armonia, sicurezza e dignità sono responsabilità politiche a cui affidare i destini degli uomini e dei loro luoghi più rappresentativi.

Ma non facciamoci illusioni, se non vogliamo che i mercati storici si snaturino e diventino altro da ciò che la storia ci ha consegnato, tra macerie e strani segni, serve una legge speciale proprio sui mercati storici, che salvi la storia come si salvarono i Sassi di Matera dall'oblio rilanciandone vittoriosa l'immagine culturale nel mondo in chiave turistica. L'unica chiave che apre le porte del nostro futuro di sviluppo sostenibile. Facciamo Vucciria!
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