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Forse non lo sai ma re Artù fondò un regno anche in Sicilia: dov'è la sua ultima dimora

Avete presente la storia di Re Artù, la spada nella roccia e Morgana? Bene, sappiate che esiste anche una versione sicula dell'avvincente leggenda: ve la raccontiamo

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 26 ottobre 2023

Un'eruzione sull'Etna

I nicareddu, tempi che furono, oltre ai classici Ken il guerriero, Voltron o, ancora meglio, Capitan Harlock, (solo per citarne alcuni), vi era un cartone animato, che facevano giusto all’ora di pranzo, appena tornato da scuola, che mi prendeva narrando le gesta di un certo principe Valiant, autore di gesta eroiche, buono e giusto con i suoi sudditi.

Ci volle poco per capire che in realtà questo immacolato principe Valiant era un re Artù ancora in erba, facendo nascere in me la passione per il tema, evoltosi poi, con il tempo, per il genere fantasy.

Lessi di tutto, dalle gesta di sir Lancillotto, alla seduzione di Morgana, passando per gli alti ed aulici discorsi della tavola rotonda, paragonabile alla nostra "tavola è trazzera" per la democraticità che vi aveva luogo.

In tempi brevi passai alla mappina attaccata al collo con la molletta e due pezzi di canna legati con lo spago e fare una spada, per essere io stesso il reggente paladino del mio personalissimo regno dove tutto era perfetto sotto la mia illuminata guida.
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Fu durante una di queste mie imprese cavalleresche che un giorno, mio nonno, dall’alto della sua saggezza, e molto più prosaicamente per farmi assittare n’ anticchia ca un sa firava chiù, mi informò che, in realtà, re Artù era bello che vivo e fresco come un quarto di pollo dimorando dentro le fauci incandescenti dell’Etna.

«Nonno, ma tu sicuro sei che u mi stai pigghiannu pi fissa?». Mi guardò serissimo: «Ti ni rissi mai munzignarie io?». Mi sentii quasi in difetto: «No, nonno mai!».

In realtà qualche piccola munzignaria me la stava cuntandu, ma io ero picciriddu, lui mi voleva bene e sapeva che ste cose mi attigghiavano assai, e farmi volare con la fantasia era una delle cose che preferiva.

Dobbiamo tornare alle prime incursioni dei normanni in Sicilia, circa nel 1061, completata poi nel 1130 sconfiggendo arabi e bizantini, quando, grazie a questa popolazione, l’allora Bretagna e la Sicilia passiavano manu e manuzza, tant’è che in tempi antichi si usava dire, “a tutti fazzu guerra fora che all’inglisi”.

Parrebbe che re Artù, che proprio non riusciva a farisi calare quei serbaggi cornadotati vestiti di pelli, si scontrasse in battaglia con il figlio Mordred, avuto dal rapporto incestuoso con la sorellastra Morgana e passato dalla parte del nemico, e dopo questioni ed aggaddi non di poco conto, ne uscisse alquanto ammartucato.

Per cui la fata, innamorata in ogni caso del nostro bell’Arturo, magicamente lo traportasse, come ci racconta Gervasio da Tilbury, storico, giurista e politico inglese a cavallo tra il XII ed il XIII secolo, nella mitica e paradisiaca isola di Avalon, anche detta isola Pomorum, bagnata da cristalline e turchesi acque e ricca di variegata fauna et flora come un paradiso in terra per uomini e bestie, nonchè riscaldata da un perpetuo fuoco liquido.

Morgana, che come tutte le donne era in grado di gesti e sacrifici estremi, avendo ceduto il suo posto nel regno di Avalon ad Artù, dovette cercare un'altra dimora. Contro il caro affitti non ci potevano neppure le arti magiche, l’abusivismo ancora non era di moda, per cui, pur di non allontanarsi troppo dal suo amato andò ad assittarisi in fondo allo stretto di Messina fondando un suo nuovo regno, (da qui il fenomenno rifrattivo di Morgana sullo stretto si cui si è già parlato).

Leggenda vuole che, probabilmente ripresa dalla storia di Scilla e Cariddi un pò stracanciata, che i famosi gorghi siano dovuti alla sua eterna lotta con tritoni e sirene a cui contende il posto. Che poi, comunque e volerla dire tutte l’ isola di Avalon esiste davvero, e si trova sul fiume Bret nelle contea di Somerset, antica sede dei druidi, ma..... perchè c’è sempre un ma...

L’Avalon di carattere siculo era in realtà come una sorta di “bootcamp”, avente come giudici dei druidi influencer dell’epoca, in cui gli allievi andavano a studiare e conoscere specie e rituali diversi da quelli della loro terra di origine.

Non per nulla la presenza druidica in Sicilia è cosa certa e conclamata facente parte della nostra cultura, (magari ce ne occuperemo più in là), ed addirittura ad Argimusco, provincia di Messina, vi è una struttura di pietra assimilabile ad un nostrano Stonehenge.

Ma esiste anche una leggenda tutta sicula della questione di re Artù, la cui presenza la dobbiamo a «Exnsibur..., Exibur.., Exaxixur, Escalibur»! Sempre durante sta attassata battaglia con quel malaminnitta di Mordred, non solo Artù se la stava per cogliere, ma anche la spada più famosa del mondo si spezzò letteralmente in due.

Ma quale fuoco, quale calore, quale materiale avrebbe potuto rinsaldare di nuovo assieme i due tronconi se non quello del vulcano Etna, luogo della fucina di Efesto? Ecco che allora Artù cominciò a pregare l’arcangelo Michele, (protettore dei combattenti), di trasportarlo lì per rimettere insieme l’arma.

Michele accettò, ma a patto che Artù fondasse un nuovo regno all’interno del vulcano per cercare di schermire gli impeti di rabbia del vulcano che, da bravo siciliano, qnannu ci acchianava u nirbusu c’era i scantarisi.

Difatti, quando re Artù decide di tornare nella sua terra di origine, concesso solo per portare in dono le arance tarocche ai bambini inglesi, l’Etna ne approfitta, tutto murmuriandosi e facendo u gaggio fino a quando il re torna facendolo ammansire ed evitando il peggio.
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