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Forse non ricordi il nome ma il suo viso non lo dimentichi: ritratto di Aurora Quattrocchi

Arriva a Palermo da piccola e le rimane dentro, nel bene e nel male. Straordinaria interprete, con un passato da profuga, ha ricoperto ruoli rimasti nel cuore di molti

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 3 agosto 2023

L'attrice Aurora Quattrocchi

Il suo nome può non essere conosciuto da tutti, ma il suo viso, le sue partecipazioni padroneggiano in film e fiction. Aurora Quattrocchi è un’attrice , è croata nata vicino ad Abbazia «ci saremmo rimasti, ma il Signor Tito, la pensò diversamente».

Luoghi che è andata a ritrovare e vistare: «Sono bellissimi con una straordinaria energia, dove ogni specie arborea è rappresentata, dalle querce alle palme, ricca di cultura con un mare stupendo, eppure con mia mamma incinta di mia sorella da lì dovemmo scappare». Un passato raccontato dalla nonna: «Mia madre morì che avevo 5 anni, Lei ne aveva solo 28».

Aurora e la sorella furono portate degli zii in Sicilia, terra d’origine della famiglia, il padre era un militare dell’esercito. Straordinaria interprete, del suo passato da profuga non ricorda niente: «Mi sono risvegliata in questa città (Palermo),senza più ricordi di quella che era stata la mia vita di prima, senza madre, senza amichetti, senza casa - aggiunge - devo tutto a questo meraviglioso carattere che mi ritrovo e che mi aiuta nelle prove più dure».
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L’oblio della memoria, avrà sicuramente aiutato Aurora che si è spesso chiesta cosa sarebbe successo se la mamma fosse stata in vita, domanda chiaramente senza risposta. Molto meglio vivere il presente. Del quartiere palermitano dove è cresciuta, ricorda i profumi dei fiori, i bei villini liberty.

Ricordi di una Palermo che nel corso degli anni subì prima il "Sacco", poi la scarsa attenzione nel preservare il suo unico e inimitabile centro storico, spesso ostaggio di attività commerciali che di fatto hanno nascosto la storia di una città bellissima. Rori com’è chiamata, è molto riservata non ama parlare della sua vita privata, mi dice che è una nonna molto presente che adora i suoi nipoti, aggiunge, “Non dire che sono anziana, sono vecchia, voglio che sia scritto, non amo patetiche e ipocrite trasformazioni linguistiche, che vergogna c'è a usare le parole giuste? Odio il politicamente corretto, una volta qualcuno mi ha detto che sono diversamente giovane… gli avrei tirato una scarpa».

L’uso ipocrita delle parole la disgusta come quando le dicono che non dimostra 80 anni , la sente come una forma di completa imbecillità. Rori approda al teatro andando in giro nel suo quartiere, seguendo quei giovani che tra il 50/60 in piena rivoluzione dei costumi, con capelli lunghi, tuniche indiane e piedi nudi, rivisitavano un mondo conformista, chiuso per troppo tempo ai cambiamenti.

Sapeva di essere particolare “ mi sentivo un pesce fuor d’acqua così ho seguito dei giovani che si riunivano in un sottoscala in via Manin 41, dove sotto la guida di Nino Drago, provavano testi teatrali, persona incredibile che andrebbe ricordata».

Rori, che il padre portava insieme alla sorella a vedere le grandi produzioni di Rascel e Dapporto, s’innamora di questo mondo , che sente suo: «Ho trovato che questo era il mio posto , dove mi sentivo a mio agio, potevo giocare con varie vite, non l'ho mai considerato un lavoro ma un privilegio e divertimento».

Sicuramente un dono, che gli consente di recitare ogni parte «sono tutti dentro di me».

Curiosa e convinta che non sia un lavoro, «mi sono ripromessa che non avrei mai lavorato», ha sempre cercato di capire cosa si nascondesse dietro uno sguardo o un’affermazione, spettatrice del teatro della vita si è sempre seduta in prima fila per godersi lo spettacolo dell’Umanità, anche se ammette che ultimamente, vi sono alcuni preoccupanti fremiti di bestialità.

Dalla grande espressività non lascia alcuna perplessità allo spettatore, ogni personaggio le calza a pennello.

Il suo viso è particolare, con un profilo greco che è dalla mamma, bellissima donna bionda con gli occhi azzurri: «Appartengo a una famiglia di belli anch’io ero bedda e me ne compiacevo». Approda nella compagnia teatrale palermitana , un periodo straordinario sotto la guida Draghi.

Ricorda il grande Salvo Licata , le musiche di Ignazio Garsia, i grandi attori come Gigi Burruano, le produzioni portate in giro nei teatri italiani, la grande amica e scrittrice Alda Bruno, scomparsa da poco, autrice di libri per la Sellerio «una donna dalla grande libertà interiore, che fu uno dei perni dell’esperienza cabarettista dei Travaglini».

Tanta storia di teatro, tanta scuola e tanta palestra in quelle serate di prova , dove spesso venivano raggiunti dai giornalisti de "L’Ora" a fine lavoro, come Mauro De Mauro.

Una carriera che l'ha portata al cinema e alla televisione , titoli che spaziano da Mary per sempre a Malena, Cento Passi, Nuovo Mondo fino alla Stranezza dove, con una risata cristallina dice «Ho interpretato un cadavere».

Decisamente troppo chiusa dietro stereotipi di personaggi che la vogliano "vecchierella" , Rori ha un sogno, interpretare Wanda Osiris, cantare le sue canzoni in una riedizione di un genere teatrale dimenticato: il varietà.

Canta benissimo, qualità mi dice, l'ha "salvata" in alcuni provini, dove non si era preparata.

Le chiedo dei suoi progetti futuri, «non faccio progetti - mi dice con enfasi - ho appena terminato il Festino con Salvo Piparo, ho interpretato una rivisitazione di Medea di Giuseppe Mazza e a breve interpreterò una parte in un film con una regista americana», più un’altra produzione di cui non vuole parlare per scaramanzia.

Dei vari premi ricevuti, quello cui tiene di più, è quello che le ha dedicato Napoli, inserendo la sua statuina nel “Presepe Favoloso” della Basilica di Santa Maria della Sanità.

Critica e innamorata di Palermo, osserva, che nell’’ultimo festino per la Santuzza, c’è stato un grande cambiamento: “Una Rosalia finalmente che si susa e non curcata, una bella Signora con seno e fianchi, fiera e orgogliosa che và incontro alla sua Città…”.
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