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Fu la prima linea a scartamento ridotto in Sicilia: dov'era la ferrovia (dimenticata)

Percorrere tanti chilometri ornati dal fumo di una vaporiera era il modo migliore per conoscere bene un paese e all’esercizio della linea sono legati racconti e ricordi

Marco Giammona
Docente, ricercatore e saggista
  • 21 marzo 2024

L'antica linea a scartamento ridotto in Sicilia

La nascita e lo sviluppo delle ferrovie a scartamento ridotto avvenne, in Italia come in Europa, quando, definita la rete ferroviaria fondamentale, occorreva costruire quella complementare e secondaria.

La limitata disponibilità di risorse imponeva di ridurre al minimo investimenti dove si prevedevano solo modesti volumi di traffico, e in questo lo scartamento ridotto, consentiva non solo un risparmio sui costi di costruzione intorno al 30%, ma permetteva inoltre di realizzare tracciati che seguivano il più possibile l’andamento del terreno, riducendo il numero e l’importanza delle opere d’arte.

La ridotta larghezza del nastro stradale (950mm) determinava inoltre superfici di occupazione più modeste e quindi costi di esproprio più bassi.

L’adozione dello scartamento ridotto determinava però, sia per i viaggiatori che per le merci, le necessità di trasbordo presso le stazioni di corrispondenza e inoltre l’elevata tortuosità e le forti pendenze rendevano assai basse le velocità commerciali.
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A quei tempi tuttavia questi ed altri limiti erano comunque tollerati. Infatti non esistendo alternative alla strada ferrata per la velocizzazione del trasporto, le prestazioni offerte dalle piccole ferrovie, oggi assolutamente anacronistiche, risultavano allora decisamente significative.

La Palermo-Corleone-San Carlo fu la prima linea a scartamento ridotto ad essere costruita in Sicilia; faceva parte dei primi progetti di costruzione di una rete ferroviaria isolana che doveva sopprimere alla mancanza di una qualsiasi rete viaria di collegamento tra l’interno e i punti di imbarco della costa.

Le rotte navali costituivano infatti l’unica possibilità di comunicazione e commercio sia con gli altri centri dell’Isola che con il resto del mondo.

Una ferrovia, ancor piccola, era ritenuta a quel tempo un formidabile mezzo di sviluppo per la commercializzazione delle risorse produttive agricole e minerarie la cui lavorazione e raffinazione avveniva nei centri costieri ove, in senso inverso, erano disponibili i prodotti finiti di importazione.

E così nel 1881 si diede avvio ad un organismo consortile per costruire la ferrovia di Corleone - com’era un tempo chiamata dai palermitani - ma i lavori ebbero inizio dopo che, nel giugno del 1883, venne subconcessa all’imprenditore inglese Robert Trewhella, già molto attivo nelle costruzioni ferroviarie siciliane.

I lavori di costruzione si svolsero tra il 20 aprile 1884 e il 20 dicembre 1886 quando venne inaugurata la prima tratta Palermo-Corleone.

La società che gestiva la linea "The Sicilian Railways Company Limited of London" costituita il 17 febbraio 1887 fu poi rinominata "Società Anonima per le Ferrovie Siciliane".

A partire dal 1889 si cominciò a prospettare l’utilità di un prolungamento sino a Castelvetrano e alla costa mediterranea da dove arrivavano a Palermo i prodotti della pesca ed i vini.

L’11 dicembre del 1898 la Società Siciliana per le Ferrovie Economiche ottenne la concessione per la costruzione e per l’esercizio della Corleone-San Carlo e il 21 maggio 1903 inaugurò il collegamento da Corleone fino al capolinea “provvisorio” della stazione di San Carlo, ultimo centro della Provincia di Palermo.

Successivamente al riscatto della linea nel 1922 da parte delle FS il capolinea fu spostato a Burgio. Fino al 1953 il treno per Corleone e San Carlo partiva dalla stazione di Palermo Sant’Erasmo e per un lungo periodo fu il mezzo pubblico più utilizzato per collegare il capoluogo con la zona dell’interno corleonese.

Percorrere tanti, tanti chilometri ornati dal fumo di una vaporiera era il modo migliore per conoscere bene un paese ed è proprio al periodo dell’esercizio della linea, sono legati racconti e ricordi, che fanno capire l’importanza, anche sociale, che aveva per quei centri.

Si racconta ad esempio che il treno, soprattutto nei tratti in salita, rallentava talmente da consentire ai viaggiatori di scendere e cogliere la frutta dagli alberi, i fiori di campi e risalire sul treno poco dopo.

È doveroso aggiungere che queste linee ferrate non invasero in nessun modo il paesaggio, non apportando nessun tipo di violenza proprio per la limitatezza degli interventi che avevano escluso impegnativi manufatti, armonizzando magistralmente il treno con l'ulivo delle campagne, con gli assolati dossi dell'interno, con i colori degli agrumeti, con le marine.

Non mancarono, ovviamente, le opere d'arte di un certo rilievo che tuttavia non danneggiarono mai all'ambiente; infine la tipicità del materiale impiegato faceva di queste ferrovie qualcosa di unico e irripetibile.

La stazione capolinea di Palermo Sant’Erasmo si trovava sulla sponda sinistra del fiume Oreto, presso la sua foce. Oggi il sito è facilmente individuabile, in quanto il fabbricato viaggiatori è stato demolito alla chiusura della linea, rimanendo ad oggi solo il deposito delle locomotive.

Appena usciti dal piazzale si varcava il Fiume Oreto su un ponte in ferro, anch’esso non più esistente. I passeggeri potevano osservare a destra su via Messina Marine file di case basse, tra le quali si scorgeva la lussureggiante campagna della Conca d’Oro. A sinistra la splendida vista del mare e del golfo di Palermo era praticamente indisturbata.

Dopo Acqua dei Corsari il binario si inoltrava in costante salita attraverso ricchi agrumeti, raggiungendo dopo Portella di Mare la vallata dell’Eleutero.

Passata Misilmeri, si entrava nel tradizionale latifondo coltivato a grano. Si scendeva sul fondovalle e si passava il fiume Eleutero sull’imponente ponte viadotto Mortilli, caratterizzato dai suoi tredici archi.

Il tracciato, da questo punto proseguiva sul versante sinistro della valle che si lasciava poco prima della stazione di Bolognetta-Marineo per quella del fiume Milicia, e fino a poco prima della stazione di Villafrati, è stato cancellato negli anni sessanta per la costruzione della superstrada Palermo– Agrigento, (oggi SS121 –SS189).

La linea si inoltrava in salita verso ovest nel vallone del torrente Gaziuolo con vista su Rocca Busambra giungendo alla stazione di Godrano. Da qui il treno procedeva all’interno del vasto Bosco della Ficuzza, varcando lo spartiacque con la breve galleria dei Gargioli nella vallata del Lupo giungendo tra bellissimi frassini e querce alla stazione di Ficuzza.

Dopodiché, il treno attraversava un paesaggio via via più aperto, valicava il fiume Belice sinistro e risaliva lentamente a Corleone. Il tracciato proseguiva tortuosamente tra colline a frumento fino a Contessa Entellina. Oltre Chiusa Sclafani, si affrontava una ripida discesa nella alberata valle del Maltempo, attraversando alcune gallerie, di fronte alla rupe di Giuliana.

Sboccati nella larga vallata di San Carlo si vedeva in basso la linea in arrivo da Castelvetrano, a cui si affacciava in ingresso a San Carlo. Si passava il fiume Sosio su un viadotto a 13 arcate e, risalendo le pendici della valle del Verdura, si terminava la corsa al capolinea di Burgio, con vista a destra sulla rupe di Caltabellotta.

I tempi di percorrenza erano di quasi sei ore all’epoca dell’inaugurazione e di tre ore e tre quarti negli ultimi anni, quando le corse divennero più veloci con l’introduzione dei mezzi leggeri, nel 1950, e con l’entrata in servizio delle RALn 60 che determinò anche la sospensione del servizio bagagli e merci.

Le velocità massime erano comunque soltanto di 30 km orari per i treni a vapore e 50 km orari per le automotrici RALn60.

L’introduzione delle automotrici aveva fatto registrare un consistente aumento del traffico viaggiatori ma l’arretramento, nel 1953, della stazione di inizio da Sant’Erasmo alla periferica Acqua dei Corsari facendo calare drasticamente il traffico e decretando così la chiusura di tutta la linea il 1º febbraio 1959, e la sua soppressione nel 1961.
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