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I "Florio del tessile", una dinastia lunga 125 anni: a Palermo il corredo era firmato Gulì

Vi raccontiamo la lunga storia di una famiglia che alla fine dell'Ottocento diede vita a una delle realtà industriali più importanti e longeve di tutta la nostra Isola

Sara Abello
Giornalista
  • 10 luglio 2023

Oggi vi racconto una storia che vi farà correre ad aprire i bauli delle nonne e mamme, ma pure i vostri, perchè tanto lo sappiamo che almeno un lenzuolo "per corredo" lo avete lì, arripostato da qualche parte.

Proprio di recente mi sono imbattuta nella scoperta di una storia, una di quelle che purtroppo un po’ di amaro in bocca lo lascia, e non potrebbe essere altrimenti.

Quanti di voi conoscono in modo diretto o indiretto l'Industria tessile Gulì?

È stata sicuramente una delle realtà industriali più importanti ma anche longeve di tutta la nostra Isola, tra la fine dell'800 e i primi anni 2000. Quando parlavo di longevità ero seria.

L’azienda nasce nel 1882 con una sede situata nel cuore del centro storico di Palermo, e più precisamente nei pressi delle mura di Porta Carini.

Alla fine degli anni Trenta, la costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia rese necessario procedere all’esproprio di molte abitazioni e fabbriche situate in quell’area. Tra queste vi era appunto la fabbrica tessile dei fratelli Gulì.
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La famiglia decise così di acquistare Villa Belmonte, alla Noce, o più precisamente come la definivano allora tanto quanto oggi molti palermitani, nella cosiddetta contrada dell’Olivuzza.

Si trattava di una dimora nobiliare in stile neoclassico, fatta costruire ai primi dell’800 da Giuseppe Emanuele Ventimiglia, principe di Belmonte, in quella che allora era una zona molto di moda tra le nobili famiglie di Palermo.

I Gulì infatti scelsero quella villa sia come loro abitazione che come nuova sede per la fabbrica. Un’area di circa 8000 metri quadrai in cui l’ingegner Pietro Scibilia fece realizzare in appena 6 mesi un nuovo stabilimento di tessitura, moderno, con coperture in cemento armato e vetro, così da favorire l’illuminazione naturale.

Purtroppo con la Seconda Guerra Mondiale, a causa della mancanza di filati da lavorare, si visse una profonda crisi.

Fortunatamente il dinamismo dei Gulì diede un impulso positivo, e se da una parte l’azienda era divenuta dipendente dai filati acquistati nelle industrie dell’Italia continentale, da Napoli in su, dall’altra, dal 1949 la ditta potè filare cotone siciliano: si avvera così il sogno del reparto di filatura.

L’azienda prese il nome di "Filatura e Tessitura Giuseppe Gulì fu V.zo Spa (casa fondata nel 1882)", ed il logo includeva lo storico bozzetto dell’aquila col Genio di Palermo, accompagnata dal motto persevera e vinci.

Pian piano ci si avviò negli anni ‘50 con un percorso di sviluppo ed aggiornamento continuo, grazie proprio al coinvolgimento in azienda di ben tre generazioni familiari, sia tra i proprietari che tra i dipendenti.

La fabbrica divenne "una questione familiare" nel vero senso della parola.

Il Giuseppe Gulì della nuova ragione sociale fu una figura molto importante per la ditta, non a caso fu nominato Cavaliere del Lavoro nel 1998 proprio per l’industria tessile. La famiglia Gulì nel tempo potè contare su diversi negozi di stoffe a Palermo, il primo fu inaugurato nel 1961 in via Mariano Stabile, per la gioia dei tanti clienti non solo palermitani.

Contestualmente il progresso e l’am- modernamento tecnologico degli impianti, portò a raggiungere il traguardo dell’automazione dei processi di tintura e dell’intero ciclo di preparazione e tessitura.

Nel 1965 si completa il ciclo Filatura-Tintoria-Tessitura e crescono sempre più le esportazioni sul mercato nazionale, aumentano i posti di lavoro e in fabbrica nascono il servizio di mensa e l’asilo nido.

Cose che a pensarci alla luce della situazione odierna, in cui una madre siciliana che lavora anche solo per mezza giornata è costretta a dilapidare il suo stipendio e parte di quello del padre delle "creature" in asili privati, campus estivi, ludoteche e baby sitter... viene un po' da piangere, no?

Intanto, miglioria dopo miglioria, si approda alla fine degli anni ‘80, quando nella zona industriale di Carini sorge un nuovo stabilimento, grazie al quale la ditta Gulì potè rifornire anche strutture militari, alberghi, ospedali e vari enti pubblici.

L’azienda produceva tovagliati e lenzuola, tessuti ignifughi e per arredamento, tendaggi, materassi, tende da sole e sdraio. Insomma difficile che poteste non trovare il necessario, a prescindere dalla richiesta.

Sembrerebbe che tutto filasse liscio come l’olio, l’azienda aveva superato la costruzione di un tribunale, due guerre mondiali con tanto di crisi della materia prima, attraversato secoli di progresso tecnologico finendo con l’essere un punto di riferimento per l’economia isolana, cosa avrebbe mai potuto danneggiare una situazione così idilliaca?

Beh a Palermo una cosa la si trova, sempre. Ci pensò il piano regolatore del 1994 a distruggere la fabbrica di via Noce, dichiarandola “netto storico”, quindi una particolare categoria di immobili storici che si trova fuori dall’area del centro storico ma che è considerata ugualmente oggetto di tutela per il suo valore.

Ovviamente l’abbassamento della qualità generale con la corrispondente discesa dei prezzi, ha messo il carico, perchè inevitabilmente la qualità Gulì non poteva essere svenduta, e la concorrenza sleale ha provocato i suoi danni.

La fabbrica continuò così a funzionare fino al 1999 ma nel 2003 si fermò, proseguendo la produzione solo a Carini.

Si visse così, pezzetto dopo pezzetto, la distruzione di quella che era stata un vero e proprio pezzo di storia.

I macchinari della fabbrica di Via Noce furono prelevati e demoliti fino a che, tra il 2006 e il 2007, la ditta Gulì, gloriosa nella sua storia e nel suo contributo fattivo alle tante famiglie che hanno lavorato, generazione dopo generazione, in questa azienda, cessò definitivamente le attività industriali e commerciali sia a Palermo che a Carini.

È con una certa nostalgia che si ripensa a questa storia. Tante sarebbero le testimonianze di ex dipendenti o loro familiari che in un modo o nell’altro hanno vissuto la vicissitudini della fabbrica, attraversando secoli.

E tanti gli aneddoti di chi acquistava la loro merce: pare vi fosse l’abitudine di regalare un paio di forbici a chi comprava un’intera pezza di tessuto di mandapolam, una tela di cotone realizzata in filati pregiati con componente di lino, generalmente impiegata nella confezione di lenzuola e fazzoletti.

Vi è persino chi parla dei Gulì come dei Florio: il declino di una famiglia e di un’impresa che poi di fatto ha segnato la fine di una pagina importante della storia e dell’economia di tante famiglie.

I Gulì erano un punto di riferimento per i loro collaboratori e per tutti i clienti che arrivavano da ogni parte per la fiducia che avevano saputo conquistare a suon di ottima qualità.

Lo specchio di una Palermo, di un’intera isola, colpita anche da una politica sovente "orba" o presunta tale davanti ad una realtà da valorizzare, incoraggiare e supportare, lasciata invece in balia degli eventi.

E adesso tutte verso i bauli a verificare di non aver un lenzuolo o un fazzolettino con il loro marchio.
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