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Lo credevano "posseduto" ma era morto: a Palermo il viaggio esoterico di un sacerdote

Per liberare il corpo da queste anime occorreva fare un vero e proprio viaggio esoterico come quello di Santiago: il percorso delle anime che partiva dalla città di Palermo

  • 15 novembre 2020

"Il papa e l'inquisitore" di Jean Paul Laurens del 1882

Tra le carte dell'Archivio di Stato di Palermo e dell'Arquivio Històrico Nacional de Madrid la professoressa Maria Sofia Messana, durante le sue indagini sull'Inquisizione in Sicilia, riuscì a ripercorrere le orme di Antonia Indorata donna de fora che durante l'Autodafè pubblico (Atto di Fede) del 30 novembre 1638 venne condannata con abiura de levi a ricevere 100 frustrate, nonché la reclusione a due anni in un luogo stabilito dal Tribunale dell'Inquisizione ed il bando perpetuo dalle Città di Palermo e Melilli.

Ma cosa fece la Indorata per ottenere tale pena? Nella Relaciòn si riporta che i fratelli e le sorelle di un sacerdote agonizzante, non riuscendo quest'ultimo a trapassare serenamente, fecero chiamare la fattucchiera Indorata perché ella, con i suoi poteri e contatti metafisici, potesse aiutare l'anima del parente sacerdote accompagnandolo verso la buona morte.

La donna interpellata intervenne, ovviamente, sostenendo che il sacerdote fosse morto già da 15 giorni e che, purtroppo, uno spirito lo tenesse in vita per via di una magaria, pertanto, per liberare la sua anima dal sortilegio, bisognava preparare un contro sortilegio disponendo 13 erbe selezionate su un altare di una Chiesa e far celebrare su di esse 13 messe, dopo di ciò bisognava preparare una mistura con il grasso di un condannato a morte e un suo osso della testa da far bere al moribondo.
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Ma, in tutto ciò, la parte che più interessa quest'articolo è quella relativa all'incontro avvenuto tra la Indorata e il prete agonizzante (ovviamente era un incontro incorporeo) in cui egli stesso ordinava alla donna de fora di effettuare il viaggio di San Giacomo per sua intercessione, senza parlare o rispondere a nessuno durante il percorso.

Ma questo percorso di cosa si trattava? Che particolari poteri aveva? Le credenze siciliane hanno assimilato quella spagnola sul viaggio di San'Jago de Compostela e per favorire i Pellegrini, viste le grandi distanze tra la Sicilia e la Spagna che comportavano spese non indifferenti, nonché delle situazioni di pericolo per il raggiungimento dei luoghi di pellegrinaggio Spagnolo (un tempo chi doveva affrontare viaggi lunghi e pericolosi faceva testamento da vivo, prima della partenza, a favore della moglie e dei parenti, come attestato dai legati e testamenti dei migranti del Comasco trasferitisi Palermo), la Chiesa, sin dal Medioevo, decise di predisporre dei punti locali equiparandoli al percorso galiziano.

A Palermo, in particolar modo, questo viaggio ebbe dei punti di riferimento ben precisi ed extra moenia: punto di partenza era la Chiesa di Sant'Antonino fuori le mura da lì si raggiungevano o la Chiesa della Madonna del Fiume o dell'Oreto detta delle anime dei corpi decollati (dove un tempo il Villabianca, come riporta nella Palermo d'oggigiorno, vide davanti la porta della Chiesa la piramide delle teste dei giustiziati decollati e che tale culto ha evidenti legami alla figura di San Giovanni decollato tra l’altro molto venerato in Sicilia) oppure verso la Chiesa degli "sdiminticati" cioè Santa Maria degli Agonizzanti, morti anch'essi di morte violenta.

E durante questo viaggio avviene l’unione tra esoterismo e fede poiché per ottenere l'intercessione o l’aiuto richiesto il pellegrino richiama a se le anime dei morti decollati o sdiminticati pregandoli e/o obbligandoli di aiutarlo sia nei suo bisogni naturali che nei guadagni, promettendo loro l'applicazione di una delle tante indulgenze per le anime del purgatorio e recitando, dopo il Rosario, delle orazioni per ricercare l'aiuto propiziatorio del defunto condannato con la minaccia di non darlo e presentarlo a Dio se la richiesta non si fosse esaudita.

Sulla scorta del Pitrè (Usi e Costumi, ecc.) e dei documenti dell'archivio di Madrid ripropongo alcune litanie dell’epoca che si recitavano: "Armuzza di li corpi decullati, / tri 'mpisi, tri occisi e tri annigati / tutti novi vi junciti, /davanti 'u Patr'eternu vi nni jiti, / li me' guai cci cuntati, / 'Un vi lu dugnu, 'un vi l'apprisentu / s'un mi dati lu mè ntentu", oppure si recitava per l'anima sola (morte violenta,): "Anima sola, Anima sola, Anima sola / la più sola, la più sola, la più sola / la più triste, la più triste, la più triste, /la più abbandonata, la più abbandonata,la più abbandonata,/ più di me, più di Gesù Cristo / io ti scongiuro col sangue di Lucano, / io ti scongiuro con il cuore dell'uomo / morto con ferro sottile, / io ti scongiuro con le 12 tribù di Israele / io ti scongiuro con quelli che stanno sulla roccia di Carmesì, / che tutti vi uniate / che a Faluno di fermarsi non consentiate / nè lo lasciate riposare / finchè non mi venga a trovare" quest'ultima veniva recitata a mezzanotte e dopo bisognava recitare la terza parte del rosario per l'anima sola.

Aspetto interessante della vicenda, soprattutto quella extra moenia, è la presenza nel tragitto dalla Chiesa di Sant'Antonino verso la Chiesa del Fiume di vari cimiteri che costeggiano quest'ultima, ed esattamente Sant'Antoniello Lo Sicco (odierna Via S. Boccone), il Cimitero Ebraico ed il Cimitero dei Condannati a morte vicino la Chiesa e che contemplava anche la presenza del famoso "ponte degli impiccati" (recentemente scoperto durante i lavori del Tram).

Ma lo scopo finale e vero del viaggio di San Giacomo qual era? Semplice, la purificazione attraverso due viaggi; uno da vivo che potesse fare accedere alle indulgenze e far comprendere la vera vita Cristiana, l'altro da morto per poter superare la fase di blocco terrestre e raggiungere così la vita eterna.

In conclusione, durante la lettura del testo della professoressa Messana e degli esempi riportati dai testi dell'inquisizione, non si può non confermare l’affascinante ipotesi che il viaggio di San Jabbicu di Gallizianon richiami un misto di credenze Europee ed Egizie che coinvolge sia la parte magica che quella religiosa.

Poiché il filo conduttore, come per molte antiche religioni, è la presenza dell'acqua quale conduttore naturale delle anime ed il passaggio metafisico di un "fiume", l'Oreto per la Chiesa dei Decollati ed il Kemonia (Ponticello) per la Chiesa degli Agonizzanti, sono un collegamento metafisico, come ha ben evidenziato la Prof.ssa Messana nel suo testo, ai fiumi Letè, Eunoè oppure il Dantesco Acheronte quale confine naturale tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
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