CINEMA E TV

HomeNewsCulturaCinema e Tv

L’altro mondo così lontano, così vicino

  • 4 luglio 2005

La guerra dei mondi (War of the Worlds)
USA 2005
Di Steven Spielberg
Con Tom Cruise, Dakota Fanning, Justin Chatwin, Miranda Otto, Tim Robbins

Innanzi tutto, diamo i numeri: l’ultima attesissima megaproduzione di Spielberg, “La guerra dei mondi” è costata 130 milioni di dollari e da mercoledì 29 giugno ha invaso ben 10.000 sale sparse per tutto il mondo. Il romanzo da cui questo film è tratto, fu pubblicato per la prima volta nel 1898 dallo scrittore inglese H.G. Wells ed è la storia di un'invasione marziana, evidente metafora antimperialista, se riferita a quell’epoca. Nel 1938, l’inquieto genio di Orson Welles realizza un leggendario programma radiofonico, nel quale la sua voce narrante annuncia la fatale invasione aliena, creando vero panico tra gli ascoltatori, mentre la seconda guerra mondiale è ormai alle porte. Così arriviamo al 1953, quando il regista Byron Haskin, in piena “guerra fredda”, gira la prima versione cinematografica del libro di Wells: un film dai limitati effetti speciali, con qualche modifica rispetto alla trama letteraria, nel quale i dischi volanti prendono il posto delle creature venute dall’altro mondo. Lo scrittore aveva infatti immaginato un gigantesco ragno, il Tripode, alto più di 30 metri e provvisto di un devastante raggio elettrico, oltre che di immensi tentacoli, capace di catturare un essere umano e di prosciugargli per intero il sangue dal corpo.

Adv
Grazie ai potenti visual effects della nuova, presente era digitale, il buon vecchio Spielberg, sostenuto dall’amico Lucas, ha potuto ricreare per intero la terrificante illusione originaria, con un notevole dispiego di mezzi. Il risultato è un omaggio alle sinistre atmosfere del romanzo che recupera l’impatto dell’ormai superato prodotto Haskin, all’epoca, però, assai valutato. Dopotutto i tempi sono cambiati e ben altre guerre hanno alimentato le paure collettive, anche dopo lo shock dell’11 settembre. Questa “guerra dei mondi” spielberghiana diviene giocoforza la metafora del disastro delle Torri Gemelli, quando alcuni terroristi ci apparvero come gli alieni raccontati in questo film. Ferite mai rimarginate per un dolore che ha segnato l’Occidente ed il suo immaginario. Ormai non c’è più spazio per piccoli E.T. venuti da lontano e capaci di intenerire anche gli spettatori più restii. In compenso, c’è la piccola Dakota Fanning, la mocciosa più pagata di Hollywood che, con il suo sguardo di preda impaurita riesce a recuperare una certa dimensione di tenerezza, utile alla catarsi. Come al solito, Spielberg dirige i bambini con la sensibilità di un novello Truffaut. Un dono paragonabile alla sua perizia da gran virtuoso della macchina da presa e, diciamolo pure, da grande narratore dei nostri tempi.

In questo film, il divo più narcisista dell’attuale star system si rivela ancora una volta un eccellente attore: parliamo di Tom Cruise (“Collateral” e “Magnolia” sono tra le sue migliori prove recenti) qui nel ruolo di Ray Ferrer, un macchinista divorziato e padre di due figli, che non nutrono per lui alcuna stima a causa del suo brutto carattere: la piccola Rachel (la Fanning) e il giovane Robbie (Justin Chatwin). L’ex- moglie (l’australiana Miranda Otto, uno di quei volti che vorremmo vedere più spesso sugli schermi) è incinta del nuovo e ricco marito e i pargoli sono destinati a passare un altro fine settimana col padre. Arriva il giorno fatidico quando, dopo un violento temporale che si abbatte sulla città, il burbero Ray si precipita in strada, insieme al resto dei concittadini, per capire che cosa diavolo sta succedendo. E’ in corso un blackout che paralizza qualsiasi cosa (comprese macchine e telefonini), poi d’improvviso il terreno si spacca in due, e da una curiosa crepa viene fuori il Tripode protagonista che comincia la sua opera di distruzione. Con un’automobile rimediata alla bell’e meglio, Ray e i figli provano a fuggire, per raggiungere Boston dove si trova la madre. Ma l’invasione degli alieni si espande e non lascia tregua.

Spielberg descrive perfettamente la catastrofica invasione attraverso impressionanti inquadrature di cadaveri galleggianti insieme alla terribile visione di un aereo distrutto. Poi gira sequenze ad alta tensione con i tre protagonisti costretti a guidare circondati da un’orda di gente inferocita ed intenzionata ad impadronirsi del mezzo. La tensione arriva al climax nella scena della cantina dove Ray si rifugia con la figlioletta (il ragazzo ha deciso di scappare da solo) e dove un uomo in preda alla follia (Tim Robbins) vorrebbe difendersi dai mostri usando il fucile. La minaccia si trasforma in un gioco a nascondino con l’occhio tentacolare che cerca di individuare le sue vittime. Sequenza virtuosistica alla “Alien” degna del miglior Spielberg. Perché questa “guerra dei mondi” versione 2005 è un blockbuster che ha un’anima, uno dei pochi della stagione. Del resto, il regista di “Schindler’s List” e “Salvate il soldato Ryan” mostra di essere un abile manierista, a proprio agio quando affronta i generi canonici della grande tradizione made in USA. E un classico della fantascienza dimostra così di sapere cogliere umori e tremori di noi disincantati spettatori, vittime di troppe invasioni, soprattutto mediatiche.

Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI