CINEMA E TV

HomeNewsCulturaCinema e Tv

Triple Agent, il verde raggio del caso

  • 21 giugno 2005

Triple Agent
Francia, 2004
Di Eric Rohmer
Con Katerina Didaskalou, Serge Renko

Per Rohmer nulla può essere lasciato al caso. Il suo cinema dal segno forte è fatto di sfumate simmetrie, di raffinate relazioni, di sorprendenti rapporti. I giochi prospettici si sciolgono nella perfetta scrittura dei dialoghi, nella singolare fluidità delle immagini. I suoi film sembrano illuminati da quel “raggio verde” tanto cercato (e poi finito in uno dei suoi titoli più famosi), che raramente appare al tramonto, un raggio che svela all’improvviso la natura delle cose. L’ultimo capolavoro del maestro della dissimulazione, “Triple agent”, ci appare come la summa rivelatoria della sua poetica. Con il precedente “La nobildonna e il duca”, Rohmer aveva raccontato un periodo storico, quello della rivoluzione francese, attraverso le vicende di una donna inglese divenuta moglie ed ex- amante di un famoso aristocratico dell’epoca. La tragicità della Storia era in quel film evocata con leggerezza e straordinario gusto (pittorico e mai pittoricistico). “Triple agent” conserva la stessa grazia ed anche qui gli eventi storici sembrano dominare il destino dei personaggi.

Adv
La vicenda del film è ambientata nel 1936, mentre l’Europa consuma le vicissitudini del Fronte Popolare francese ed è in pieno svolgimento la tragedia della Guerra civile spagnola. Fjodor (Serge Renko) è un generale zarista che si rifugia a Parigi con la bella moglie Arsinoè (Katerina Didaskalou), pittrice di origine greca (una figura femminile che ricorda il fascino della marchesa Von kleistiana trasfigurata sul grande schermo da Rohmer) che, nascondendosi dietro le cose, arriva a negare la realtà, quella storica e quella sua privata. Mentre il marito Fjodor la trascura, assentandosi per lunghi viaggi, la donna si dedica alla pittura e conquista l’amicizia dei vicini di fede comunista. L’identità dell’uomo viene presto svelata: è una spia al soldo di misteriosi interessi superiori. Forse egli lavora per i russi anticomunisti, forse per i sovietici o per i nazisti. Il suo rigorismo militaresco non gli impedisce di amare profondamente la consorte: la missione di scoprire la verità sul patto che di lì a poco legherà Stalin e Hitler però lo allontana sempre di più dai doveri familiari. E la povera Arsinoè finisce per rimanere vittima di una fitta rete d’inganni ed illusioni. Rohmer ha tratto l’idea di “Triple agent” da un articolo letto tempo fa sul periodico “Historia” componendo un magnifico kammerspiel carico di evocativa tensione mentre il contesto in cui l’azione si svolge è affidato ai cinegiornali d’epoca.

Un film che denuncia un forte retrogusto letterario che, per certi versi, rimanda alle atmosfere de “I demoni” di Dostoevskij e de “L’agente segreto” di Conrad. Se “La nobildonna e il duca” era un film splendidamente mortuario, quest’ultima opera di Rohmer è un teorema sulla vanità del vivere e sul desiderio vitale di Arsinoè, capro espiatorio delle dissimulazioni del marito. Se la pittura di J.B. Marot sciolta nell’effetto digitale di 35 vedute di Parigi caratterizzava l’esperimento de “La nobildonna e il duca”, in “Triple agent” è l’umano gesto pittorico della protagonista a divenire metafora di evasione, moltiplicandosi nella quieta prospettiva del decòr. Questo film è una vera gioia non solo per gli occhi. I dialoghi originali ci riportano le differenze psicologiche tra i due coniugi attraverso l’uso di lingue diverse. Del resto, come abbiamo detto all’inizio, Rohmer non lascia nulla al caso. Con questo suo nuovo, originale intrigo egli continua a narrarci di necessità morali, di cadute nel tempo e nel caso, di fatalità drammatiche. Sotto il segno di rinnovati raggi verdi.

Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI