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Miseria e nobiltà ai tempi della Belle Epoque: oltre al lusso c'era un'altra Palermo

Nei primi anni del '900 la patinata rivista "Flirt" celebrava i divertimenti dell’aristocrazia, ma la Palermo dei poveri, spesso costretti a emigrare, era ignorata

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 22 dicembre 2022

La Belle Epoque a Palermo. Una soiree elegante di Victor Gabriel Gilbert

Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento Palermo è città del lusso e della mondanità, costituendo un’attrattiva per intellettuali e artisti di fama mondiale, per aristocratici e regnanti di tutta Europa.

I viaggiatori stranieri e le teste coronate che, attratti dal clima mite trascorrono in città lunghi periodi soprattutto in inverno, alloggiano all’Hotel des Palmes, all’Excelsior, a Villa Igea e durante il Carnevale partecipano a cotillons (danze) e tableau vivants (quadri viventi) a Palazzo Gangi, a palazzo Mazzarino, a Palazzo Villafranca, a palazzo Butera, a Villa Tasca, a Villa Niscemi, nelle residenze dei Florio.

Nelle belle giornate di primavera e d’autunno in viale della Libertà lo spettacolo di mondanità comincia già nel pomeriggio, con un continuo viavai di carrozze guidate da cocchieri in livrea: in verde cupo quelli di casa Valdina, in blu quelle di casa Whitaker, in celeste quelle di casa Gangi…
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Le signore hanno pettinature rigonfie, giganteschi cappelli carichi di fiori, di nastri, di piume, di frutta e di uccelli impagliati. Dopo cena, la nobiltà palermitana uscendo da Porta Felice si ritrova alla marina, a partire dalle dieci di sera. L’abbigliamento è rappresentativo della classe sociale: i signori sono in redingote e cilindro e le signore fanno a gara nello sfoggiare eleganti abiti (acquistati a Parigi o a Londra) che sapientemente fasciano il corpo. Aboliti gonnelloni e crinoline, la donna della Belle Epoque ha adottato una linea sinuosa e slanciata, grazie a un nuovo modello di corsetto che fa inarcare il corpo: la vita è strettissima, il seno è spinto in avanti.

Le giovani signore siciliane seguono i dettami imposti dalla moda: hanno la pelle del viso bianca e liscia; mani curate e morbide; una folta capigliatura; piedi piccoli e dentatura perfetta; ma se esser belle è un dono di natura, mantenersi giovani e piacenti è una vera e propria arte.

Ogni nobildonna ha i suoi segreti di bellezza e spesso si tratta di prodotti costosi, provenienti da Parigi: tinture a base di hennè, lozioni rigeneranti (che arrestano la caduta dei capelli, rendendoli morbidi e lucenti) oppure capelli posticci; massaggi elettrici per rassodare il viso ; pomate per far bianca, morbida e lucida la pelle; creme per mantenere la beltà, la finezza e la morbidezza delle mani.

I profumi più noti sono: regine, aigle imperiale, palpito di fiore, cyclamen desiree, ghirlande di venere, violier delitia: “il profumo di violetta di mia madre” Beatrice Tasca di Cutò, rammenterà con nostalgia Tomasi di Lampedusa (I racconti).

Franca Florio per schiarire la sua pelle olivastra ricorre a un trattamento molto doloroso: si fa “porcellanare” il viso a Parigi, quando non ha ancora trent’anni, suscitando le ire di Ignazio, che disapprova l’iniziativa della moglie.” (A.Pomar). Bellezza, eleganza e mondanità vengono celebrati dal 1897 al 1904 sulle pagine della patinata rivista palermitana Flirt., gazzetta del gran mondo.

Rivista illustrata letteraria artistica e mondana: una dettagliata cronaca di balli, ricevimenti, concorsi ippici e floreali, villeggiature. La diffusione della rivista varca i confini dell’isola e riesce ad arrivare a una tiratura di ben 20.000 copie, grazie a collaboratori illustri, come Luigi Capuana, Nino Martoglio, Luigi Pirandello, Giovanni Pascoli, Gabriele D’Annunzio, Matilde Serao, Grazia Deledda e Ada Negri.

Dal 1900 vengono inseriti all’interno della rivista disegni e copertine di Salvatore Gregorietti, raffinato collaboratore di Ernesto Basile. Tra gli abbonati del giornale figura anche sua maestà la regina Margherita.

Flirt ha un’elegante copertina con grafica Liberty e in ogni numero, a partire dal 1899, viene pubblicato il ritratto di una nobildonna o comunque di un membro dell’aristocrazia. L’editore è un giovane avvocato e pubblicista siciliano, animato da spiccato spirito imprenditoriale: Salvatore Maraffa Abate de’ Lungarini, nato nel 1876, figlio di una nobildonna e di un borghese.

Scrive su Flirt, sotto lo pseudonimo Leo D’Alba, poesie e prose liriche di gusto Dannunziano Una delle novità di Flirt, sin dal 1899 è la presenza di rubriche fotografiche, indicate come gallerie; una sorta di catalogo mondano della “Palermo bene”.

I lettori e le lettrici di Flirt sono gli stessi protagonisti della rivista: la casta, i membri dell’antica aristocrazia e della nuova ricca borghesia. "Flirt" aspira ad essere fonte di aggiornamento mondano per l’elite. raccontando gli eventi che marcano il calendario dell’alta società: ricevimenti sfarzosi, balli eleganti, tableaux vivants, cotillons, le corse alla favorita, le passeggiate alla marina o in Via Libertà a bordo di carrozze, le toilettes ricercatissime delle dame.

La vita di Donna Florio, della famiglia Whitaker, dei Lanza di Trabia… si riflette nella rubrica “Il salotto della signora”. Del resto la società palermitana ama il gioco e i salotti si frequentano fino a tarda notte; non accade mai di coricarsi prima delle due o delle tre del mattino e perciò ci si alza tardi e tardi si fa colazione.

Nel gennaio1900 Flirt riporta i preparativi per un gran ballo in costume (che si terrà a favore degli asili infantili) in casa della Marchesa Maria Ganzeria, aiutata da due caritatevoli dame: la principessa di Niscemi e la Marchesa Cerda; nel Giugno del medesimo anno la rivista stila un elenco delle più belle dame di Palermo: Franca Florio per portamento, contessa Trigona per Silhouette, principessa Trabia insieme di profilo, principessa di Castelreale per i capelli e così via…

Nel Febbraio e nel Maggio del 1900 Flirt pubblica la cronaca di balli organizzati nel castello incantato dell’Olivuzza per Giovannuzza e Baby boy (i piccoli di casa Florio), riservati solo ai fortunati bambini dell’alta società.

L’altra Palermo, quella della gente che lavora duramente, che si affanna per sopravvivere, che vive nei cortili o in umidi catoi senza luce e senz’aria, su Flirt non compare mai, anzi viene completamente rimossa. Dietro l’immagine patinata di una città magnifica, prospera e operosa, si nasconde un’amara verità: “il popolo è estremamente povero”, come annota Edmondo De Amicis in Ricordi d’un viaggio in Sicilia. (1908). L’elite costituisce una cerchia ristretta rispetto al resto della popolazione. De Amicis coglie il contrasto stridente tra il lusso ostentato dall’alta società e la dignitosa povertà della gente comune.

Palermo è una città dove vi è un sottoproletariato numeroso che spesso vive e dorme per strada: mendicanti provenienti dalla provincia o dalle campagne, poveri vecchi inabili, fanciulle orfane e illegittime, lacere negli abiti, a piedi nudi, che chiedono l’elemosina…Giacomo Cusmano nel 1867 ha fondato l’Associazione il Boccone del Povero per soccorrere chi è nel bisogno redendone meno disperata la vita.

A poco a poco anche molti signori e signore dell’alta società si sono impegnati a supportare le tante attività dell’associazione: i principi di Trabia, il conte di Sommatino, il principe di Galati, la Marchesa Vannucci, il principe di Lampedusa, il principe di Belmonte, il barone Turrisi Colonna, le famiglie Dagnino, Florio e Whitaker…ma le opere di carità non sono sufficienti, leniscono ma non curano una piaga sociale che non riesce a rimarginarsi. “E' tutto uno spettacolo di violenti contrasti questa stupenda e strana città dei Vespri e di S. Rosalia".

Scrive De Amicis "V’è prodigalità e magnificenza in tutto ciò che colpisce gli occhi e può dar l’immagine di una città prospera e potente, ma all'apparenza non corrisponde la realtà. Il popolo è povero e vive con una frugalità anacoretica. Un’apparenza di splendore dà alla città la passione del lusso, ch'è universale, e il fatto che Palermo attira con la sua bellezza e la forza centripeta delle sue tradizioni i siciliani danarosi d’ogni parte dell’isola… e una numerosissima colonia straniera, specialmente inglese”.

Tuttavia lo stesso scrittore ammette che una certa passione per il lusso è a Palermo molto diffusa: nei giorni di festa il bisogno di mondanità non coinvolge solo l’aristocrazia ma anche uomini e donne di basso ceto sociale, che vogliono sentirsi gran signori.

Capita così di poter incontrare “una coppia più o meno elegante, più o meno infranzolata, che traversa le vie principali della città con tutta la convinzione di far figura.” (E.De Amicis)

Cos’altro rimane alla povera gente, dunque per poter distrarsi dalle proprie condizioni? Il popolo palermitano, vestendo l’abito della festa, proprio come fanno i signori, ha almeno per un giorno modo di poter sognare. Come recita un vecchio adagio: “Vesti zuccuni ca pari baruni”.
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