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Palermo ai tempi del Coronavirus, amici sì ma a distanza: parola d'ordine "arrassati"

Una polentona ci ha portato la chiave verso i peggiori pensieri e che bisogna chiudere a tutti i costi se vogliamo continuare a guardarci allo specchio senza "lanzare"

  • 26 febbraio 2020

Un "meme" pubblicato sui social dopo la notizia dell'arrivo del Coronavirus a Palermo

In questi giorni mi vengono pensieri che metto nel cascione (cassetto, ndr) delle cose tinte, di quelle che non si devono pensare.

Ma improvvisamente mi sono reso conto che questo cascione è nella testa di tutti e che non c’è niente di meglio di una "pidemia" (che per fortuna ancora non c’entra niente con la Panda mia che è assicurata) per aprirlo e scoprire che è pieno di una poco di cose che manco confessiamo a noi stessi in quei cinque minuti che ci separano dall’inizio del sonno, quando ci pare che stiamo cadendo dal marciapiedi. Avete presente?

La mattina di martedì 25 febbraio ci svegliammo con la notizia che Palermo avanzò regina e ora avi pure la Corona.

Io sono sceso per portare Diego a fare i bisogni e come sempre mi presi un caffè da "Sfizi & Delizie". Accanto a me c’era un tipo che allungava il braccio per indicare a Desy, la banconista, che voleva il cornetto ai frutti di bosco. Quella mano che mi passava sotto il naso… insomma mi ci apprecai.
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Così come quello che vende la frutta all’angolo tra la via Imera e via Lascaris, che stamattina mi diede la mano (cosa che non ha fatto mai) e mi annunciò che ci nasciu la quarta nipotina. In altri tempi l’avrei abbracciato. Stavolta no…

Dopo la colazione andai nei "Casalinghi" perché mi servivano i piatti piani biologici. Mi sorpresi a chiedere: ma Amuchina ne avete? E tornai a casa con una bella scorta. Vorrei dire: per ora non vado nemmeno al cinema, men che mai a cena fuori, ma ritrovarmi vittima dello scanto è il vero scanto, non so se mi spiego.

Già comincio a pensare di stare attento a non passare dalla zona dove c’è l’albergo della bergamasca nfettata. E mi chiedo: «Ma per forza a febbraio questa doveva venire in vacanza qui? Non si poteva stare Lassopra? Questi non sono quelli che negli stadi gridano "Forza Etna"?» Mammamia… Non le ho pensate mai queste cose. Mai. Ma la comitiva polentona che ci porta la Corona diventa nemica "etnica" forse di più se a portarcela avrebbe stato una turista della Catalogna.

E quando penso che alle Maldive hanno rimandato a casa un aereo pieno di turisti italiani del settentrione, da un lato mi viene un nazionalismo ignorante che non ho mai avuto, dall’altro però penso che ogni tanto chi ha discriminato lo deve provare a vedere com’è quando si viene discriminati.

E se dovessi mai vedere (spero di no) un cartello con la scritta "Non si affitta ai padani", che vi devo dire? Un sorriso lo farei, ma poi andrei di fronte al primo specchio che incontro e mi pigghiassi a timpulati (mi prenderei a schiaffi, ndr).

Con questo voglio farvi capire quanto è difficile fare vincere sempre il ragionamento, la solidarietà, l’essere civili. ​È facile fino a quando la cosa ci riguarda, ma a distanza di sicurezza.

Ma una polentona in vacanza ci ha portato la chiave per aprire il peggio cascione che abbiamo dentro di noi e che bisogna chiudere a tutti i costi se vogliamo continuare a guardarci allo specchio senza lanzare (vomitare, ndr).

Una lezione però l’ho avuta. Stamattina mi ha chiamato Giovanni, il meraviglioso ragazzo del Bangladesh che mi aiuta in casa da otto anni.

«Signore – mi ha detto – lei mi ha detto che sua salute a rischio per cuore e diabete. Ma lei esce tropo, è sempre in giro. E per ora questo non è bene. Se ha bisogno che io vengo per portare Diego per pipì me lo dice così lei resta a casa. Io non so chi piange se lei muore. Ma io di sicuro sì». Giovanni ha un bimbo di pochi mesi ma si preoccupa per me.

No, non è impossibile chiudere il cascione delle cose tinte.

Auguri di pronta guarigione alla signora di Bergamo. Con tutto il cuore.
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