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Per tutti è la "gigantessa slava": storia di un dolce siciliano, una regina e due pasticceri

Uno dei dolci storici che oggi, purtroppo, è quasi scomparso nelle pasticcerie racconta le vicende di una regina rimasta indimenticabile nella storia siciliana

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 21 maggio 2023

La statua dedicata alla Regina Elena ed esposta a Messina

Avete presente i viali, le piazze, gli ospedali dedicati ad un certa Regina Elena? Ecco vi raccontiamo la sua storia legata alla Sicilia e che da qui unisce l’Italia da un capo all’altro dello Stivale.

Protagonisti sono una regina slava e due pasticceri siciliani dal cui incontro è nato uno dei dolci storici, purtroppo, quasi scomparso nelle pasticcerie e che racconta la vicenda di un evento del secolo scorso.

Stiamo parlando della Pasta Elena, fino a tutti gli anni Ottanta immancabile nelle guantiere di dolci delle feste e delle ricorrenze sulle tavole delle famiglie siciliane.

La regina è la seconda in ordine di elezione dell’Italia monarchica unita: Elena, moglie del re Vittorio Emmanuele III che nella storia siciliana è rimasta indimenticabile, i maestri pasticceri sono Francesco Butticè e Vincenzo Albergamo di Favara, regno di una tradizione gastronomica nota ma che si associa per lo più alla produzione dell’agnello pasquale con il cuore morbido di pistacchio, dall’estetica ricercata del vello lavorato a mano e decorato riccamente.
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Qui la storia si intreccia e prende i toni di una sceneggiatura da film: la trama è quella di un viaggio in Sicilia dei reali nella zona dell’agrigentino che si arricchisce del sapore di questo dolce ideato apposta per questa occasione, che fu omaggio a questa donna interpretando la sua delicatezza, la purezza di un animo semplice, gentile e carismatico.

Le paste sono dolcetti inventati ad hoc dai pasticcieri Francesco Butticè e del cugino Vincenzo Albergamo che lasciarono Elena stupita tanto per la sorpresa quanto impressionata per la bontà del pasticcino, la sua morbidezza e il sapore.

Un piccolo cilindro composto da due strati di morbido pan di spagna farcito con crema di ricotta, rivestito di scaglie o trito di mandorle, completato con una abbondante spolverata di zucchero a velo che imbianca la superfice.

Il successo fu tale che la ricetta si diffuse su tutto il territorio siciliano e tra gli anni Sessanta e Ottanta divenne immancabile durante i banchetti dei matrimoni, o anche durante i festeggiamenti che addirittura duravano fino a tre giorni.

Elegantissimo e raffinato nella sua semplicità rappresentava benissimo l’animo della regina, donna non scenografica sebbene fosse alta 1,83 cm a differenza del re che non svettava proprio in altezza, che brillava per la sua cultura, la generosità e l’impegno sociale di cui proprio la Sicilia ne ebbe a beneficiare.

Solo in apparenza la preparazione non richiede particolari abilità, ma la difficoltà sta nel realizzare il pan di spagna perfetto e della giusta morbidezza, il giusto equilibrio tra ricotta e zucchero che si amalgama all’aroma della copertura di mandorle.

Le due storie, quella della regina e quella dei due pasticceri, sono un intreccio davvero interessane, una di quelle casualità che creano racconti suggestivi che hanno il sapore di un tempo che non esiste più.

Il Caffè Italia del cavaliere Nello Butticè, purtroppo ormai un ricordo della cittadina di Favara che cessò la sua attività nel 2011, rappresenta un pezzo della storia siciliana legata all’emigrazione e all’esportazione della nostra gastronomia nel mondo.

Fu in questa pasticceria e gelateria nata nel 1939 e affacciata in Piazza Cavour che si incontravano nel cosiddetto salotto culturale la società favarese, gli intellettuali e gli artisti, i rari turisti dell’epoca.

E grazie ad una intuizione del cavaliere, oggi praticamente scontata, si iniziò l’innovativo servizio di spedizione che portava i dolci siciliani agli emigranti sparsi per il mondo e, successivamente, a chi la Sicilia non l’aveva mai vista ma aveva scoperto i suoi dolci.

Ma era dentro a cabina di Nello che si scambiavano i saluti e si ricevevano le notizie dai parenti degli emigranti, attraverso il servizio offerto alla collettività con il telefono pubblico, unico luogo che metteva in contatto le famiglie favaresi con i propri cari all’estero.

Qui c’era il signor Francesco, padre di quel Nello che insieme al cugino Vincenzo Albergamo, titolare del Caffè Nuovo di Via Umberto inventarono la famosa Pasta Elena, un luogo ormai perduto che ha lasciato una traccia indelebile nella storia della Sicilia del secolo scorso, non soltanto per il dolce diventato famoso.

Tornando alla nostra regale regnante – già principessa del Montenegro – fu donna colta e intelligentissima, amante della natura che collaborò con la rivista letteraria russa Nedelja pubblicando poesie, studiò medicina e per questo le fu concessa la laurea honoris causa, finanziò opere benefiche a favore degli encefalitici per madri povere e per i tubercolotici, come per gli ex combattenti.

Questa “gigantessa slava”, così veniva chiamata per la sua altezza, rimane una icona nella storia siciliana e in particolare per quella di Messina.

Nel 1908 un forte terremoto devastò la città radendola quasi del tutto al suolo e fu lei a promuovere e incentivare i soccorsi, fino ad indossare i panni da infermiera per accudire i sopravvissuti e i feriti, portare farmaci e viveri, trasformare il Quirinale in una enorme sartoria dove venivano confezionati vestiti da mandare in Sicilia per provvedere alla popolazione più povera rimasta senza nulla.

Una pasta regale omaggio ad una donna eccezionale che fu Regina di una Sicilia che non l’ha dimenticata, la cui immagine si può ammirare proprio a Messina ritratta in una statua scolpita a Firenze da Antonio Berti, posta nel 1960 in suo ricordo.
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