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Ponte sullo Stretto, in 5mila rischiano la casa: il punto su tutti i motivi del "no"

Dalle motivazioni depositate vengono al pettine i nodi che spiegano le decisioni dei giudici contabili. E protestano in migliaia, tra cui quelli che rischiano l'esproprio

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 1 dicembre 2025

Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina

La recente decisione della Corte dei Conti sul Ponte sullo Stretto di Messina ha aperto uno squarcio evidente nelle relazioni tra i tecnici del Ministero delle Infrastrutture e i magistrati contabili. Dalle motivazioni depositate il 27 novembre emerge un divario profondo: mentre la Corte ha chiesto chiarimenti puntuali sul progetto, il Ministero ha risposto con considerazioni sui benefici economici dell’opera, giudicate però «inconferenti e non sufficienti» rispetto agli obblighi normativi che la maxi-infrastruttura è chiamata a rispettare.

Uno degli aspetti più critici riguarda il mancato rispetto della Direttiva Habitat del 1992, un pilastro della legislazione ambientale europea. Proprio questa mancanza era stata sottolineata da diverse associazioni ambientaliste, che avevano rimarcato l’importanza ambientale dello Stretto relativamente alle aree di grande valore naturale lì presenti, ma anche alla migrazione degli uccelli.

La maggioranza delle specie che giungono in Europa durante il tardo inverno e la primavera passa infatti da quest’area, considerata dagli ornitologi internazionali tra le più importanti del mondo, risultando un vero e proprio corridoio obbligato per decine di migliaia di uccelli. La Corte – preso atto delle mancanze relative alla Direttiva Habitat – ha quindi chiesto al ministero di spiegare perché si sia scelto di derogare a questa normativa, dato che le eccezioni ammesse — nell’ordinamento europeo — possono essere concesse solo in presenza di motivazioni imperative e documentate, come la tutela della salute umana. Nel caso del Ponte, dicono i magistrati, tali motivazioni non risultano né pertinenti né adeguatamente supportate.

La Direttiva Habitat, nota anche come Direttiva 92/43/CEE, è tra le più importanti ed antiche dell’Unione Europa, insieme alla Direttiva Uccelli. Essa norma la Rete Natura 2000, che comprende tutti i siti di Importanza Comunitaria (SIC), le Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e le Zone di Protezione Speciale (ZPS) presenti all’interno dell’Unione. La sua particolarità è che non protegge soltanto singole specie, ma interi ecosistemi, costringendo gli Stati a valutare in modo estremamente rigoroso qualsiasi opera che possa danneggiare le aree protette.

In caso di impatti rilevanti, la costruzione può essere autorizzata solo se non esistono alternative possibili ed esistono motivazioni imperative di interesse pubblico prioritario che devono essere dimostrate. In caso di realizzazione, inoltre, la Direttiva obbliga gli Stati a prevedere costosissime compensazioni ambientali, atte a ridurre il danno della realizzazione dell’opera, in questo caso il Ponte. Per la Corte dei Conti, all’interno del progetto proposto dal Governo nessuno di questi punti è stato soddisfatto.

A ciò si aggiunge la critica per la mancata osservanza delle norme europee sugli appalti, in quanto il contratto con la concessionaria sarebbe stato modificato più volte nel tempo senza una nuova gara. Debole e "approssimativa" sarebbe anche la parte dedicata al piano tariffario, priva del necessario parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti. A chiarire ulteriormente la posizione dei magistrati contabili, essi hanno dichiarato che «la delibera Cipess dei mesi scorsi si limita a prendere atto, sotto l’aspetto finanziario, del costo totale dell’opera ma non svolge alcuna considerazione sulla procedura di aggiornamento dei costi, con particolare riguardo al compiuto rispetto dei presupposti di cui all’articolo 72 della direttiva europea».

«Ieri sono state depositate le motivazioni con le quali la Corte dei Conti ha rispedito al mittente la delibera CIPESS che autorizzava l’opera, in particolare sui 3 rilievi che abbiamo portato avanti insieme agli altri in questi mesi» ha chiarito a Balarm Daniele Ialacqua, uno dei nomi principali del comitato Noponte Capo Peloro.

«I problemi sollevati dalla Corte sono i seguenti: l’opera viola la direttiva europea habitat, prevede modificazioni sostanziali rispetto al contratto originale ed è privo del parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti in relazione al piano tariffario posto a fondamento del piano economico e finanziario. «Attendiamo che si esprima pure la Commissione europea e le varie procure e Tar che abbiamo interpellato per fare crollare definitivamente il ponte di carta costruito da Salvini. Ora più che mai è allora importante scendere in piazza per rendere impraticabile non solo dal punto di vista giuridico, ma soprattutto da quello sociale e politico, la costruzione di quest’opera inutile e devastante».

Questo sabato, 29 novembre, il Comitato No Ponte ha organizzato insieme a decine di associazioni e ad alcuni soggetti politici una grande manifestazione, che iniziia a marciare nella città dello Stretto a partire dalle 14 da Piazza Castronovo, per poi radunarsi verso le 16.30 a Piazza Duomo. La presenza degli ambientalisti alla manifestazione era scontata, visto che da anni Legambiente, WWF, Lipu e Greenpeace contestano la compatibilità del Ponte con la normativa europea.

Per anni hanno parlato dello Stretto facendo riferimento alla sua importanza biologica, definendo le sponde siciliane e calabresi un vero e proprio "unicum ecologico", frutto del crocevia di biodiversità marina e terrestre, che si sposta costantemente nei vari habitat ricadenti in più SIC, ZPS e ZSC. Bisogna anche ricordare che per la costruzione del ponte circa 5.000 persone, con relative famiglie, al momento rischiano l’esproprio delle proprie case a Capo Peloro, una delle situazioni più delicate relative alla costruzione di quest’opera. Molti di questi sono pensionati o giovani famiglie con figli, che a breve potrebbero vedersi sequestrata la casa. Oltre 200 abitazioni si trovano nella zona di Contrada Margi, a Torre Faro, dove secondo il progetto definitivo dovrebbe sorgere uno dei piloni. Altre 50 abitazioni si trovano a Contesse, a Messina Sud, e altre 10 case sono distribuite nel territorio. A queste abitazioni bisogna però aggiungere decine di altre strutture, che fanno salire il numero di immobili espropriati a oltre 450 unità, di cui il 60% sono prime case.

«È incredibile come questo governo continui a sostenere quest’opera, sapendo che moltissimi cittadini perderanno il proprio tetto dopo aver pagato sempre le tasse - si confida Giovanni, uno degli abitanti del luogo che ha deciso di aprirsi con noi - . Capirei se il ponte servisse realmente a collegare l’isola con l’Italia, ma sia in Sicilia che in Calabria ci sono diverse carenze infrastrutturali nei trasporti e in Sicilia i treni viaggiano su un binario unico, spesso a una velocità inferiore rispetto a una macchina in autostrada.

Quei soldi che servirebbero per realizzare il ponte non potrebbero essere usati per costruire nuove strade, per raddoppiare i binari e per risolvere il problema delle frane che affliggono Nebrodi e Peloritani, consentendo a migliaia di siciliani di trovare un lavoro nei territori in cui il loro contributo serve? Perché di questo si sta parlando: di ridistribuire quelle somme alla popolazione siciliana direttamente in quei territori in cui c’è povertà economica e povertà anagrafica. Sprecare tutti questi fondi per un ponte che diversi tecnici credono non sia necessario risulta più uno schiaffo alle vere esigenze del nostro popolo».
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