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Ventidue Festini e quarant'anni di Palermo, Leoluca Orlando: "Il mio nome è sindaco"

C'è chi lo ha amato e chi no. La sua sindacatura è stata la più lunga degli ultimi 40 anni. L'ex sindaco si racconta: "Mi auguro che i palermitani possano cambiare"

Jana Cardinale
Giornalista
  • 12 marzo 2024

Leoluca Orlando

Coniugare radici e ali. È questo il messaggio dedicato soprattutto alle giovani generazioni di Palermo, con l'obiettivo di far comprendere quanto sia importante riconoscersi, senza però rimanere soffocati nelle radici, e di saper volare alto, consapevoli dell'importanza di aprirsi al mondo, ma senza quella vacuità che tradirebbe una storia importante. Leoluca Orlando, autore, assieme a Constanze Reusche, del libro "Enigma Palermo", racconta com'è nata la decisione di scrivere il volume, in seguito alla proposta della giornalista tedesca di narrare Palermo e la sua vita.

«Quarant'anni di Palermo e l'intera mia vita – racconta l'ex sindaco Leoluca Orlando - con l'esigenza di non lasciare questa personale esperienza, o il cammino di Palermo, a una lista di eccessi, attacchi, successi, sconfitte, di esaltazione, e in qualche modo raccogliendo la missione che vi stava dietro. Lei sostene che io ho un pregio e un difetto, che coincidono: la coerenza.
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Grazie alla coerenza ho raggiunto gli obiettivi che avevo per la città, e a causa della stessa non ho raggiunto quello che altri pensavano che potessi raggiungere. Per non accettare di prendere una tazza di caffé e cambiare opinione. Tutto questo deve essere utile per il futuro. Ecco, vorrei che questo libro venisse letto soprattutto da chi non ha vissuto questa esperienza e può coglierne elementi utili.

Quello che io faccio oggi, e cioè cercare occasioni per parlare di politica con la P maiuscola, parlando anche di molti miei rapporti internazionali – non di tutti, ma quanto basta per mandare il messaggio di indicare come strada la necessità di avere radici e ali».

La recente occasione di tornare a parlare della sua lunga attività politica e delle pagine di questo volume che esplora la complessità della capoluogo siciliano, toccando tematiche sensibili come la mafia, la cultura, la storia e la politica, è stata data ad Orlando dall'invito ad aprire una rassegna letteraria giunta alla seconda edizione - 'Bagli Narranti' - che si tiene a Misiliscemi, piccolo Comune che comprende otto frazioni, il più giovane della regione, istituito nel 2021 per distaccamento dalla città di Trapani, il cui sindaco, Salvatore Tallarita, ha vissuto una felice militanza in quel partito politico denominato La Rete, fondato, tra gli altri (Nando dalla Chiesa, Claudio Fava, Alfredo Galasso, Carmine Mancuso e Diego Novelli) proprio da Orlando e attivo dal 1991 al 1999, con una forte caratterizzazione antimafia.

Carico di orgoglio il racconto di Palermo e della sua lunga sindacatura: «I palermitani mi chiamano sindaco Orlando. Hanno sostituito il nome, Leoluca, con 'sindaco', e io comunque rimarrò sindaco di Palermo, perché sono stato nominato alcuni anni fa sindaco di Palermo in Colombia (che fa parte del dipartimento di Huila). È una città di circa 40 mila abitanti e ne sono sindaco onorario».

Un orgoglio che si estende e viene vissuto energicamente quando aggiunge: «Il mio impegno politico nasce tutto dalla desiderio di liberare Palermo non dalla mafia, ma almeno dal governo della mafia. La mafia c'è ancora a Palermo, come a New York come a Parigi, ma non governa più Palermo, almeno io l'ho lasciata che non governava più la città. Dio non voglia che torni a farlo».

Leoluca Orlando è stato il sindaco che ha pronunciato per più volte la frase 'Viva Palermo e Santa Rosalia' sul carro del Festino... «Ventidue volte – evidenzia subito - . La cosa più importante che ho conquistato è stata far comprendere ai palermitani che c'è un solo modo di essere palermitani: non morire soffocati nell'orgoglio di esserlo; l'identità si conquista, non si riceve con il sangue dei genitori. E Palermo è, per molti versi, cambiata più di quanto siano cambiati i palermitani. Ecco, mi auguro che possano i palermitani cambiare per amore di Palermo».

Attraverso le pagine del suo libro Orlando ha cercato di svelare gli intricati legami che caratterizzano questo territorio, offrendo una prospettiva unica e personale. La città in cui si è specchiato, rinunciando a moltissimi aspetti della sua vita personale e familiare, per cui ringrazia la moglie, per l'infinita comprensione, incontrata da studente a Londra, dove si trovava per una vacanza premio, dopo essere stato allievo modello, il migliore tra i diplomati di tutta Italia.

Nel giugno 2022 ha lasciato Palazzo delle Aquile, la sede del municipio, nelle cui stanze ha passato, a più riprese e con qualche pausa, proprio ventidue anni. La prima elezione è stata nel 1985 e i giornali, non solo italiani, parlavano del capoluogo siciliano come della "capitale della mafia"; non c’era ancora stato il Maxiprocesso e mancavano sette anni agli attentati che poi sono costati la vita ai giudici Falcone e Borsellino.

Poi, nella città sconvolta dalle stragi, è iniziata la Primavera di Palermo, di cui lui è stato in parte guida e senza dubbio simbolo e testimone a livello internazionale mentre cambiava l’Italia, scossa da Tangentopoli e dallo stragismo mafioso, e il mondo intero con la caduta del Muro di Berlino. Da quei giorni comincia il lungo e serrato dialogo tra Constanze Reuscher e Leoluca Orlando, da quella 'Palermo come Beirut', segnata dalle bombe e dalla paura, per arrivare alla metropoli cosmopolita di oggi, luogo di pace, di diritti, di accoglienza.

Orlando racconta tra le pagine, come ha fatto a Misiliscemi davanti a un pubblico attentissimo, la sua formazione politica, rivendicando il lavoro svolto, ricordando i momenti più drammatici, parlando della paura, quella che ha avuto per tanto tempo ogni mattina e che ha combattuto soltanto 'avendo cura'.

Parlando della città che ha rappresentato e a cui ha dedicato una vita intera. La stessa che, dopo quarant’anni di politica attiva spesso turbolenta, riconosce oggi come il suo unico, vero, partito: Palermo.

Un lungo racconto, il suo, anche attraverso la fede, attraverso Dio, declinato in tutte le voci in cui viene riconosciuto dai popoli del mondo, e attraverso il grande rispetto per la libertà di cercare un destino migliore, ovunque, per la propria esistenza. Motivo per cui ha lavorato tanto, anche con la scelta di collaboratori competenti e appassionati, sul fronte dell'immigrazione. «Bisogna intendersi sul significato delle parole – dice senza esitazione -. Io sono razzista. Credo in una sola razza: quella umana».
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