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Palermitani e arancine: somiglianze sospette tra questi due esseri maestosi

Guardate bene e con molta attenzione il palermitano generico. La sua camminata può riportare alla mente l'immagine nitida di una arancina tondeggiante

  • 13 dicembre 2017

Entro in un noto bar palermitano. Sono da poco passate le 9.30 del mattino. C’è un’aria di frittura che aleggia attorno all’isolato. I banconi sono interamente occupati da teglie di arancine. Lì dove c’erano distese di torte e dolci, ci sono supplì con carne, burro, cioccolato… La gente, scontrini alla mano, cerca di prenotare quantitativi industriali per il pranzo.

Sono passate da poco, ripeto, le 9.30 del mattino. Mi avvicino alla cassa e chiedo: un cornetto e un cappuccino. «Cornetti finiti», mi dice la cassiera. «Oggi ne abbiamo fatti pochi», prosegue socchiudendo gli occhi come se volesse sottolineare la banalità della mia richiesta alle 9.30 del mattino.

Allora opto per una brioche. «Niente brioscia oggi. Oggi è santa Lucia». Mi guardo intorno e resto in silenzio. Il «quindi che prende?» della cassiera cade nel vuoto.

Mi allontano mentre ricerco il senso di questa tradizione tra manciarìa e devozionismo. Dopo pochi passi arrivo alla conclusione che il palermitano, in fondo, è proprio come l’arancina per Santa Lucia. È come l’arancina perché un po’ le somiglia.

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Guardate bene il palermitano generico medio. La sua camminata vista da lontano può riportare alla mente l’immagine di una arancina tondeggiante. Eccola lì, mentre cammina… si annaca… non vi ricorda nulla?

Il palermitano è poi come l’arancina anche perché è pieno di sé. Più l’arancina è grossa, più il suo condimento diviene interessante. Ma nulla può essere rivelato all’esterno.

L’arancina così, come il palermitano, ha bisogno di un sostegno per tenere tutto chiuso dentro di sé. Una leggera scorza di mollica fritta è la chiave di volta. Il palermitano è come l’arancina per Santa Lucia proprio per questo. Tradizione vuole che per Santa Lucia non si mangi il pane. La mollica è anche pane.

Ma il palermitano ignora questo particolare e non teme il giudizio. La violazione di un precetto per lui è un’inezia. Forse perché il palermitano sa di essere vittima e carnefice di se stesso. Creatore e giudice delle proprie azioni.

Perché il palermitano è un dio, anche quando mangia le arancine per Santa Lucia.

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