La composizione geometrica di Giuseppe Geraci in "Paesaggi a modo mio" a Messina
Dettaglio di un'opera visibile alla mostra
Giuseppe Geraci, architetto, maestro orafo, scultore e pittore ha lavorato in tutti questi campi per oltre quarant'anni. Un'attività eclettica quanto organica, nettamente segnata da un'estetica molto definita e coerente, testimoniata da progetti, mostre, rassegne e pubblicazioni. Gli elementi della sua poetica sonp grandi elaborazioni della cultura artistica italiana del '900, al momento di Arte Concreta.
L'idea del progetto “Paesaggi a modo mio", curata da Giuseppe La Motta nell’ambito del progetto e visibile dal 25 gennaio nei saloni espositivi del Teatro Vittorio Emanuele di Messina, discende dalla sua formazione di architetto (Palermo, 1973) e dalla pratica iniziale presso lo studio palermitano di Roberto Calandra, uno dei personaggi chiave dell’architettura e della cultura siciliana tra Fascismo e Ricostruzione.
Geraci predilige la chiarezza del dire e del pensare, secondo quella vecchia scuola di uomini e artisti che per lungo tempo hanno tenuto alto il nome de cultura. Usa le forme geometriche, le tangenze, le scale per raccontare precisi fatti della vita che astrae in forme universali. In questi paesaggi c’è tutto: l'oro dei suoi gioielli, la scansione prospettica dello spazio, della sua architettura, il colore come campitura, come risultato delle caratteristiche dei materiali, tipico della sua pittura.
Si tratta di un ciclo tutto a levare, su una paletta minima di colori, dersiste la composizione geometrica, l'incastro simbolico delle circonferenze, ma appare chiaro e dil mondo naturale. Il suo è uno sguardo di meraviglia, di accettazione, di struggente empatia di fronte alla perfezione dello spazio che egli interpreta con cura meticolosa nella composizione.
L'idea del progetto “Paesaggi a modo mio", curata da Giuseppe La Motta nell’ambito del progetto e visibile dal 25 gennaio nei saloni espositivi del Teatro Vittorio Emanuele di Messina, discende dalla sua formazione di architetto (Palermo, 1973) e dalla pratica iniziale presso lo studio palermitano di Roberto Calandra, uno dei personaggi chiave dell’architettura e della cultura siciliana tra Fascismo e Ricostruzione.
Geraci predilige la chiarezza del dire e del pensare, secondo quella vecchia scuola di uomini e artisti che per lungo tempo hanno tenuto alto il nome de cultura. Usa le forme geometriche, le tangenze, le scale per raccontare precisi fatti della vita che astrae in forme universali. In questi paesaggi c’è tutto: l'oro dei suoi gioielli, la scansione prospettica dello spazio, della sua architettura, il colore come campitura, come risultato delle caratteristiche dei materiali, tipico della sua pittura.
Si tratta di un ciclo tutto a levare, su una paletta minima di colori, dersiste la composizione geometrica, l'incastro simbolico delle circonferenze, ma appare chiaro e dil mondo naturale. Il suo è uno sguardo di meraviglia, di accettazione, di struggente empatia di fronte alla perfezione dello spazio che egli interpreta con cura meticolosa nella composizione.
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