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Marcello Cataliotti Natoli: una mostra di scatti a Ballarò fatti con lo smartphone

Balarm
La redazione

"Sight" (2019)

Come ogni arte, la fotografia non rappresenta la realtà, non la imita, non la riproduce: ne è la rilettura, la libera rielaborazione. L'associazione Arvis ospita la mostra fotografica "Iddu ccà iddu ddà" di Marcello Cataliotti Natoli, dal 22 febbraio al 9 marzo.

Questo breve viaggio al mercato di Ballarò – l’anima del centro storico di Palermo, è stato concepito tre anni fa, attraverso gli scatti di uno smartphone, con cui riesce a restituire anche immagini piene di significato. 

Le foto di Marcello Cataliotti Natoli obbediscono a un’empatia così intensa con il loro oggetto da lasciare disorientati. Non semplice documentazione di un dato, ma prolungamento della vita segreta che quel dato racchiude in sé. Non una raffinata ricezione di quel che intercetta il campo visivo, ma respiro di quel che viene catturato, liberazione delle energie che ogni elemento a suo modo possiede.

Fotografare è per Cataliotti Natoli rinascita di quel che è stato visto/vissuto, attenzione amorosa all’inanimato (porte, tavoli, strumenti di lavoro, bicchieri, squarci di interni, strade) che in quanto tale è adatto a creare un discorso sempre aperto nell’ambito della fruizione.
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Le istantanee di questo artista che si è cimentato con il teatro, la scrittura, la tecnica mista (e dunque ha dimestichezza con tutte le salutari ambiguità del linguaggio) si spingono ben oltre ogni codificazione estrema di realismo e instaurano con lo spettatore una comunicazione silenziosa proprio attraverso il mezzo dell’alienazione contemporanea (il telefono cellulare), non più simbolo di assimilazione passiva, ma di interazione fertile con il contesto.

Cataliotti Natoli sa che la fotografia è un conto non saldato con il tempo. Non tanto perché oppone persistenza a fugacità, esigenza che accomuna le più disparate forme d’arte, ma perché ridefinisce in modo continuo e beffardo i confini della visione.

L’occhio non smette di dialogare con ciò che è stato fissato e che innesca un cortocircuito con il presente, un presente che non si contrappone a quello che è stato fotografato, ma se ne lascia contaminare, fino a dissolvere ogni diaframma rispetto a quel che è intimamente legato a un dove e a un quando.

E nelle immagini del siciliano l’atemporalità dell’ascolto visivo diviene riscoperta di quel che i sensi possono cogliere.
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