Un cunto popolare tra simbologia e saggezza: "(Comu veni) Ferrazzanu" al Ditirammu

L'attore Giuseppe Provinzano (foto di Giuseppe Contarini)
"(Comu Veni) Ferrazzano", lo spettacolo in scena al Teatro Ditirammu di Palermo dal 28 al 30 agosto, è a tutti gli effetti un esperimento scenico performativo, un lavoro che si muove tra narrazione, cunto e performance.
Nell'opera del Pitrè, Ferrazzano è presente più volte con tanti frammenti, piccole storie che ne delineano il carattere ma non ne restituiscono un'identità riconoscibile in unico racconto.
Ferrazzano, secondo capitolo della Trilogia "P3-coordinate popolari", ci conduce tra le storie nelle storie, passando dall'una all'altra, facendo scegliere al pubblico presente una o più storie delle tante che sarà in grado di raccontare, quale primo esemplare delle postegge ancora prima che queste fossero tali.
Un personaggio denso capace di raccontare tutto e il contrario di tutto, in un meccanismo aperto che si modifica di giorno in giorno, cosi come lui era abituato a fare. "Un tutto fare nella vita, un tutto raccontare sulla scena". Un primordiale performer dei cunti e delle narrazioni.
Sono 35 e più le storie che Ferrazzano conosce: potrebbe raccontarle tutte fino a quando il pubblico sarebbe disposto ad ascoltare. Quali non è dato saperlo. Il pubblico sceglie da una bisaccia le storie sfidando Ferrazzano in un gioco ispirato a quello delle vecchie osterie, sfidandosi "a chi la racconta meglio", con un bicchiere di vino quale premio o come pegno.
E così, come un tempo le stesse entravano e uscivano dal calesse del Pitrè, oggi muoveranno il loro incedere dalla voglia di sentire una storia di uno spettatore e da un corpo capace di narrare con tutti i suoi mezzi a disposizione, quello di Ferrazzano, che vivrà questa sfida in un ambiente scenico che lo farà sentire un gigante, o forse un nano sulle spalle di un gigante, Giuseppe Pitrè.
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