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Vincenzo Celi lotta contro la scrittura per restituirla ai segni (arcaici) della modernità

  • Opera al Centro
  • Teatro Vittorio Emanuele - Messina
  • Dal 21 dicembre 2019 al 28 gennaio 2020 (evento concluso)
  • Visitabile dal martedì alla domenca dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00. Chiuso il lunedì
  • Gratuito
Balarm
La redazione

In foto Vincenzo Celi

Il nuovo appuntamento di "Opera al Centro", curato da Giuseppe La Motta, allestita al Teatro Vittorio Emanuele di Messina, propone "Scrittura Frontale" di Vincenzo Celi, una mostra che si articola in tre percorsi: un nucleo centrale di opere di più recente produzione, affiancate ad altri momenti di ricerca; un percorso di opere di grafica e di altre legate a particolari tecniche espressive; un'area dedicata ad una documentazione complessiva dell'esperienza artistica e culturale dell'Artista, attraverso video, slide, materiale fotografico.

L'esposizione si snoda lungo un percorso attraversato da segni che, pur nella diversità dei linguaggi, descrivono e assemblano la "scrittura" complessiva dell'opera dell'Artista, in cui le ultime produzioni sembrano dialogare con le prime e viceversa. Un filo che si riavvolge per poi espandersi in un'installazione unica dove luminosità ed energia, moto e velocità vi si moltiplicano.
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Un tentativo che chiede allo sguardo di entrare in sintonia con le forme, i colori, i movimenti gestuali, che occupano le tele, ma anche di oltrepassarne i confini. 

Il catalogo della mostra si avvale di contributi critici e testimonianze di Tomaso Trini, Vincenzo Bonaventura, Rocco Familiari, Gianluigi Calderone, Sergio Palumbo e Teresa Pugliatti. 

Vincenzo Celi è nato a Messina nel 1936. Il suo esordio risale al 1958, in una collettiva organizzata all’istituto scolastico Verona Trento. Erano anni quelli in cui anche le arti figurative erano ritenute un elemento fondamentale per la formazione degli individui. Anche la pittura di allora, e pure quella dell'artista, seguiva il realismo impegnato di Guttuso e Carlo Levi, numi tutelari per i giovani artisti messinesi che si riunivano al Bar Nettuno.

Nel 1961 l'impegno di Celi diventa pienamente sociale e dopo la nomina a Segretario provinciale della Federazione Nazionale degli artisti della Cgil, diventerà militante del Partito Comunista. Gli anni ’60, tra tensioni e delusioni, mutano anche il carattere della sua arte, che si manifesta in un astrattismo meccanico ottenuto con riporti fotografici su tela emulsionata: Movimento del 1964.

Agli anni ’60 risale anche la scultura in legno: Movimenti che sarà protagonista di diverse collettive su tutto il territorio nazionale. Nel 1969 apre la Galleria d’arte 70 ma una bomba fascista la distrugge. La galleria nuovamente riaperta sarà al centro di una fervente attività espositiva, potenziata anche dall'associazione nazionale di arti visuali Città di Messina, da lui stesso fondata.

Gli anni ’70 corrispondono a un periodo d'inattività per il pittore che invece sarà ferventissimo sotto il profilo organizzativo: cura molteplici mostre di rilevo come "Mediterranea 1, 2, 3, 4" e "Sicilia nella Mente", una collettiva nazionale organizzata nei locali della Camera di Commercio di Messina.

La sua ricerca pittorica riparte solo dalla metà degli anni '80, con una prolifica produzione di oli e tempere su carta, e poi con opere di grande formato che saranno al centro di Ariose Energie (1989), organizzata nella restaurata chiesa del Carmine e a cura di Tommaso Trini. 
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