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Il Museo della Mafia a Las Vegas compie un anno

Il 14 febbraio il Mob Museum di Las Vegas festeggia un anno di vita. Il museo della storia della mafia è una galleria permanente del crimine e della malavita

  • 11 febbraio 2013

È la città del gioco d’azzardo. La metropoli di lustrini, luci e attrazioni kitsch. Verrebbe da definirla la capitale mondiale dell’intrattenimento, del divertimento, degli eccessi - e per molti è così -. Una sorta di “Sin City”, o meglio città del peccato, specchio di una realtà ludica che non esclude un aspetto per certi versi delinquenziale.

Non sembra affatto strano quindi che Las Vegas diventi sede di un museo della storia della mafia. Ed esattamente ad un anno dall’apertura del Mob Museum, il 14 febbraio ritorna ad essere una data da non dimenticare.

E non deve essere riposta in un angolo della memoria solo per la semplice - magari banale - ricorrenza per ogni innamorato, ma perché esattamente il 14 febbraio del 1929 si compì la strage di San Valentino, un massacro che portò gli uomini della gang di Al Capone a sterminare la banda rivale del nord della città, Bugs Moran.

Uno scempio truculento e sanguinoso, compiuto a colpi di mitragliatore, all’interno di un garage di Chicaco, quello stesso garage di cui ad oggi viene riproposta la parete originale all’interno del National Museum of Organized Crime and Law Enforcement.

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Se è vero che le varie criminalità organizzate degli Usa attecchirono proprio nella capitale del deserto del Nevada, trovando nelle sue sale giochi l’humus ideale per riciclare il denaro sporco, è altresì vero che l’idea di allestire una galleria permanente del crimine a Las Vegas balenava nella testa già da molti anni. È costato quasi 42 milioni di dollari per 4mila metri quadrati di esposizione e si presenta al pubblico come un concentrato di fascino e disgusto, dove è possibile ammirare reliquie particolari e al tempo stesso un po’ inquietanti.

Caratteristica curiosa del museo è la messinscena cui si prestano i visitatori. Già dall’ingresso il percorso si tinge dei colori di Cosa Nostra, portando il pubblico ad indossare i panni di “provetti criminali”. In apertura, infatti, si trova la sala dell’identikit, una passerella da varcare senza destare alcun sospetto.

Si potrà ascoltare una voce che reciterà la “lettura dei diritti”, qualora qualcuno non li conoscesse e fosse destinato a non avere scampo. Il tutto osservando cimeli dal fascino macabro e lugubre che rievocano alla memoria eccidi di un tempo che fu, come le pistole o i mitra, o la sedia elettrica utilizzata storicamente per alcune esecuzioni.

Una galleria della malavita che ripropone in modo ancestrale quello che fu, è - e sarà - la mafia. Il museo nazionale della criminalità organizzata e delle forze dell’ordine ospita oggetti e ricrea situazioni storiche. Sono riallestite, ad esempio, le aule di tribunale dove un tempo si tenevano le udienze contro chi era sospettato di associazione a delinquere.

Si possono ammirare le valigette a doppio fondo implementate di apparecchiature per le intercettazioni e anche fascicoli sui criminali. Si ricordano in modo licenzioso le prostitute sfruttate dai clan. E non si può non fare menzione ai nomi di tragica fama, uno su tutti Scarface. Il tutto per uno sguardo descrittivo - e riflessivo - del modus operandi della criminalità organizzata. Ad un anno esatto dalla sua apertura. Ad 84 anni da quel “giorno di San Valentino”.

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