"A 20 anni ho più paura che futuro": a Palermo la voce di chi dice no alla violenza
La lettera aperta alla città che non è solo "arancine e tramonti", ma che a volte non offre alternative a una vita che sembra sempre più dominata dalla paura

Un altro tragico capitolo che aggiunge altre pagine di cronaca nera cittadina, che non sembrano mai finire. Il dolore è profondo, ma ciò che mi colpisce, ogni volta, è la sensazione di impotenza che cresce insieme al nostro senso di disillusione.
Siamo quasi abituati al rumore della violenza, e ogni volta, anche se non ci riguarda direttamente, ci lascia con un vuoto dentro. La città sembra sempre più difficile da vivere, e i ragazzi più giovani, che vedono scivolare via i sogni tra le mani, sembrano non trovare più il loro posto.
Dopo questo episodio, abbiamo ricevuto una lettera che ci ha colpito profondamente, scritta da un ragazzo di Palermo che vuole restare anonimo. Non è solo un messaggio di dolore, ma una riflessione cruda sulla città che cambia, sulle sue contraddizioni, su quel confuso mix di amore e rabbia che vorrebbe definirla.
In tanti, troppo spesso, restano indifferenti o ci rassegniamo, credendo che il cambiamento non sia possibile. Ma questa lettera ci ricorda che c’è chi, pur avendo vent’anni e vivendo nella stessa città, non vuole arrendersi e non vuole smettere di credere che qualcosa possa davvero cambiare.
Se noi, che abbiamo visto Palermo trasformarsi e anche peggiorare in alcuni aspetti, non possiamo arrenderci, come possiamo permettere che le generazioni più giovani lo facciano?
Ecco la lettera che un ragazzo ha deciso di scrivere a Palermo, con rabbia, dolore e speranza. Sembra quasi una poesia.
Cara Palermo,
ho vent’anni e ti scrivo con le mani che tremano.
Perché ti amo e ti odio nello stesso respiro.
Perché mi hai cresciuto con il mare negli occhi e le sirene nelle orecchie.
Perché mi hai insegnato la bellezza dei vicoli pieni di voci, ma anche la paura di camminarci di sera.
Ogni giorno ti guardo e mi chiedo: perché lasci che la violenza ti divori?
Un altro ragazzo è stato ucciso. Ventun'anni.
Non un “caso di cronaca”. Una vita. Un figlio. Uno di noi.
E tu stai zitta. Ti abitui. Ti fai l’abitudine al sangue, ai motorini che volano, alle urla che diventano rumore di fondo.
Perché hai trasformato "ci pensiamo domani" nella tua condanna eterna?
Perché sembri rassegnata a perdere i tuoi giovani uno alla volta?
Io ti giuro che nonostante tutto ti porto nel cuore come una madre complicata.
Ti difendo anche quando mi fai vergognare. Racconto ai miei amici quanto sei viva, creativa, piena di storia.
Ma poi tu mi sbatti in faccia le strade rotte, la spazzatura, l’indifferenza.
I quartieri dimenticati, i ragazzi che crescono senza alternative, la violenza che esplode per niente.
Palermo, tu non sei solo folklore, arancine e tramonti.
Sei rabbia, ferite aperte, cicatrici coperte da paillettes.
Sei luce che prova a resistere all’ombra.
E allora ti prego: ribellati.
Pretendi rispetto da chi ti calpesta.
Alza la voce contro chi ti usa.
Proteggi i tuoi figli prima di perderli.
Io ho vent’anni e non voglio andarmene via per respirare normalità.
Voglio restare e vedere una Palermo che non ha paura di diventare adulta.
Una Palermo che non è solo ricordo di eroi morti o nomi sulle lapidi,
ma futuro di persone vive.
La verità? Io credo ancora in te.
Anche quando fai di tutto per farmi smettere.
Con rabbia e con amore,
un figlio tuo.
Siamo quasi abituati al rumore della violenza, e ogni volta, anche se non ci riguarda direttamente, ci lascia con un vuoto dentro. La città sembra sempre più difficile da vivere, e i ragazzi più giovani, che vedono scivolare via i sogni tra le mani, sembrano non trovare più il loro posto.
Dopo questo episodio, abbiamo ricevuto una lettera che ci ha colpito profondamente, scritta da un ragazzo di Palermo che vuole restare anonimo. Non è solo un messaggio di dolore, ma una riflessione cruda sulla città che cambia, sulle sue contraddizioni, su quel confuso mix di amore e rabbia che vorrebbe definirla.
In tanti, troppo spesso, restano indifferenti o ci rassegniamo, credendo che il cambiamento non sia possibile. Ma questa lettera ci ricorda che c’è chi, pur avendo vent’anni e vivendo nella stessa città, non vuole arrendersi e non vuole smettere di credere che qualcosa possa davvero cambiare.
Se noi, che abbiamo visto Palermo trasformarsi e anche peggiorare in alcuni aspetti, non possiamo arrenderci, come possiamo permettere che le generazioni più giovani lo facciano?
Ecco la lettera che un ragazzo ha deciso di scrivere a Palermo, con rabbia, dolore e speranza. Sembra quasi una poesia.
Cara Palermo,
ho vent’anni e ti scrivo con le mani che tremano.
Perché ti amo e ti odio nello stesso respiro.
Perché mi hai cresciuto con il mare negli occhi e le sirene nelle orecchie.
Perché mi hai insegnato la bellezza dei vicoli pieni di voci, ma anche la paura di camminarci di sera.
Ogni giorno ti guardo e mi chiedo: perché lasci che la violenza ti divori?
Un altro ragazzo è stato ucciso. Ventun'anni.
Non un “caso di cronaca”. Una vita. Un figlio. Uno di noi.
E tu stai zitta. Ti abitui. Ti fai l’abitudine al sangue, ai motorini che volano, alle urla che diventano rumore di fondo.
Perché hai trasformato "ci pensiamo domani" nella tua condanna eterna?
Perché sembri rassegnata a perdere i tuoi giovani uno alla volta?
Io ti giuro che nonostante tutto ti porto nel cuore come una madre complicata.
Ti difendo anche quando mi fai vergognare. Racconto ai miei amici quanto sei viva, creativa, piena di storia.
Ma poi tu mi sbatti in faccia le strade rotte, la spazzatura, l’indifferenza.
I quartieri dimenticati, i ragazzi che crescono senza alternative, la violenza che esplode per niente.
Palermo, tu non sei solo folklore, arancine e tramonti.
Sei rabbia, ferite aperte, cicatrici coperte da paillettes.
Sei luce che prova a resistere all’ombra.
E allora ti prego: ribellati.
Pretendi rispetto da chi ti calpesta.
Alza la voce contro chi ti usa.
Proteggi i tuoi figli prima di perderli.
Io ho vent’anni e non voglio andarmene via per respirare normalità.
Voglio restare e vedere una Palermo che non ha paura di diventare adulta.
Una Palermo che non è solo ricordo di eroi morti o nomi sulle lapidi,
ma futuro di persone vive.
La verità? Io credo ancora in te.
Anche quando fai di tutto per farmi smettere.
Con rabbia e con amore,
un figlio tuo.
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