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Cresciuto tra botte e rifiuti, poi la "svolta" in Sicilia: Duncan ora sogna di tornare in Kenya

La storia di un ragazzino cresciuto mangiando rifiuti, salvato dallo studio, che oggi racconta di un futuro possibile che tutti noi possiamo contribuire a costruire

Jana Cardinale
Giornalista
  • 16 marzo 2023

Duncan

Occhi buoni e cuore forte. Così Duncan, che ha voluto cambiare la propria vita, imparando tante volte a ricominciare, superando le difficoltà e il dolore senza mai voltarsi indietro, racconta a chi ha voglia di conoscere, e capire, la sua storia.

Una realtà in cui botte, abusi, abbandono e fame hanno avuto il sopravvento, fino a lasciare spazio a un sogno, che è il suo presente, e l’unica cosa che conta, perché la memoria rende tristi e deboli, al contrario della libertà di andare avanti e di correre verso il proprio futuro, per salvarsi e superare il destino.

Duncan è nato in Kenya ma oggi vive in Italia, dove è arrivato in aereo, con un visto e una borsa di studio, e dove si è laureato diventando un food-tecnologo. Cresciuto nello slum di Nairobi, prima per strada e poi in orfanotrofio, con sconfinata determinazione è riuscito a studiare, a conseguire il diploma prima e l’ambita laurea dopo.

A regalargli una prospettiva diversa ci ha pensato Eugenio, arrivato nel suo paese per adottare una bambina, che è stato capace di condurlo a Pollenzo, all’Università di Scienze gastronomiche.
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Nella campagna piemontese Duncan ha scoperto la neve, il vino, cibi di cui non conosceva l’esistenza (anche la carne cruda, a cui non si abituerà mai) e ha imparato bene l’italiano.

Ha conosciuto il Natale, che gli ha fatto far pace con i ricordi delle feste mai avute prima, e, senza dimenticare il bambino che è stato, che mangiava tra i rifiuti, ha deciso di raccontare in un libro la sua storia, con la speranza accesa di riuscire a tornare nel suo Paese per aprire un laboratorio e creare posti di lavoro.

Dietro al suo bel sorriso, aperto e gentile, c’è la vicenda drammatica che riporta nel lavoro a quattro mani scritto con Maria Paola Colombo, che si occupa di gestione delle risorse umane, intitolato "Tieni il tuo sogno seduto accanto a te": una storia avvincente di discesa agli inferi e di rinascita, di tenacia e di intelligenza, di amore per l’Africa, piena di energia positiva come la sua, che però non sempre riesce a incanalare nella direzione giusta.

Oggi Duncan Okech vive in Sicilia, dove ha trovato lavoro in una cooperativa che ha coltivazioni biologiche: lì mette a punto nuove ricette, prepara sughi e pesti e si occupa anche delle procedure Haccp sulla salubrità degli alimenti.

Esattamente a Camporeale mette in pratica tutto quello che ha imparato sulla trasformazione del cibo per preparare succhi, salse, sughi e creme. Gli serve per apprendere al meglio come si gestisce un laboratorio, e intanto risparmia e ha scritto il progetto per produrre a Nairobi passata di pomodoro e marmellate.

«In Italia esiste il problema dello spreco di cibo, da noi invece il problema è che il cibo in tavola non arriva. Non siamo capaci di trasformare e conservare, così la nostra frutta, il nostro cacao e il nostro caffè o finiscono nei container e lasciano l’Africa, oppure marciscono – dice -. Sto cercando dei finanziamenti per riuscire a costruire qualcosa che stia in piedi nel mio paese».

A differenza di tanti ragazzi che attraversano il Mediterraneo, infatti, Duncan non sogna di restare in Europa.

«In Africa la terra è buona, si producono tanta frutta e verdura - aggiunge - ma se non viene consumata subito, finisce a terra e si deteriora. Un vero spreco. Il mio obiettivo è tornare in Kenya e creare un laboratorio dove trasformare queste materie prime in cibo disponibile tutto l’anno.

In questo modo mi piacerebbe anche offrire lavoro ad altri ragazzi. Io ci sono passato e so quanto può essere importante incontrare qualcuno che ti dà un’opportunità, perché da noi se vuoi lavorare devi avere chi ti aiuta. Vorrei che questa mentalità cambiasse. Se la brava gente continua a restare senza speranza, tutto è perduto».

Duncan ha incontrato recentemente gli studenti dell’Istituto Superiore "Florio" di Erice, nell’ambito della rassegna letteraria "Libriamoci - Incontro con l’Autore", per raccontare loro la propria vita, il proprio cammino pieno di sacrifici e dolori, il percorso che lo ha condotto alla conquista di un sogno con la grande consapevolezza che lo studio e l’istruzione, sono le vie maestre per l’emancipazione e l’indipendenza, in un mondo che troppo spesso lascia i più fragili e gli indifesi in fondo alla via.

E ha parlato loro con la saggezza di chi ha scoperto di possedere una forza infinita, cui attingere per salvarsi, senza mai fare ricorso alla rabbia o alla rassegnazione.

«La rabbia per tutto quello che ho attraversato? – dice – .Ogni tanto l’istinto c’è, ma in realtà è qualcosa che sparisce presto, perché so che oggi non mi serve. Non mi è utile. Io devo andare avanti, come ciascuno di noi deve fare, e fare pace con il sentimento della vergogna per un passato che spesso mi ha rincorso, rivelandomi che i miei familiari non mi hanno aiutato, né cercato, né voluto, perché ero solo una bocca da sfamare.

Oggi devo continuare a crescere, per realizzare qualcosa di importante che può essere utile alla gente del mio paese, affinché possa affrancarsi dalla solidarietà che arriva dall’esterno, che è nobile, ma è provvisoria e non è mai risolutiva. Che dura il tempo di una donazione, ma alla fine ci lascia sempre soli, con i problemi atavici anche di sopravvivenza».

Questa è la sua storia, quella di un ragazzino cresciuto mangiando rifiuti e approdato dove si studia come moltiplicare il buon cibo perché nutra tutto il paese, che racconta un futuro possibile che tutti noi possiamo contribuire a costruire, ogni giorno.

Ha scelto per questo di scrivere un libro che fosse capace di arrivare alle coscienze di tutti, che sapesse far fermare le persone a riflettere e i giovani in modo particolare, perché non diano per scontata nessuna delle loro quotidiane opportunità, e perché valutino la scuola per quella che è: una porta attraverso la quale affacciarsi al mondo, per spiccare il volo e costruirsi un futuro migliore.

La storia di Duncan inizia proprio quando lui è lontano dal villaggio nella savana del Kenya, da dove sua madre è scomparsa troppo presto, dove sono rimaste le sue sorelle, dove ha conosciuto la fame, che gli si è impressa negli occhi lucenti, e lontano dal fratello che lo ha portato nella capitale e non ha saputo proteggerlo.

Lontanissimo dai cumuli di immondizia dove ha cercato il nutrimento, dai ragazzi di strada che sono stati la sua famiglia, dalla scuola che lo ha salvato, eppure in una prima fase illuso. Ed è approdato nel luogo più impensabile dove il destino potesse condurlo: a Pollenzo, all'"Università del gusto" di Slow Food, dove ragazzi di tutto il mondo arrivano per imparare l'arte del cibo.

A condurlo fino a lì è stata la sua tenacia ma anche l’incontro fortunato con Eugenio, arrivato in Kenya dall’Italia per conoscere la sua figlia adottiva. Duncan ed Eugenio hanno iniziato a comunicare attraverso i frutti della terra, coltivati dai ragazzi della scuola di papà Moses, quell’uomo che per anni è stato la sua famiglia.

Oggi Duncan lavora per la Cooperativa Valdibella, e affronta i suoi giorni con il desiderio vivido di poter tornare presto nel suo paese.

«Presentare ai miei studenti questa storia vera, di riscatto, che si realizza nonostante un trascorso difficilissimo, con una provenienza che può diventare uno stigma nel mondo occidentale, è stato di fondamentale importanza per il nostro modello educativo – ha detto la Dirigente Scolastica dell’istituto ‘Florio’, Pina Mandina –. Ho visto gli studenti ammirati da questo messaggio di incredibile forza e da tanta voglia di vivere e di farcela, che al termine dell’incontro lo hanno avvicinato, ringraziandolo per le sue parole e la sua testimonianza».

Vincitore di una prestigiosa borsa di studio in Italia, oggi Duncan è un gastronomo affermato, che porta dentro il cuore la sua incredibile storia di bambino di strada senza futuro che è diventato un giovane uomo in lotta per un mondo diverso e più giusto, e che sogna di contribuire a cambiare l’economia e le sorti del proprio paese.

E con questo sogno, che tiene sempre accanto, come gli ha consigliato Carlo Petrini, fondatore dell'associazione Slow Food, affascina chiunque lo ascolti, con un racconto d’amore e di resilienza.
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