In Sicilia specie ed ecosistemi unici a rischio: che succede nella "terra di nessuno"
L'Isola è una culla di biodiversità che purtroppo in questo periodo è minacciata da fenomeni come incendi frequenti e caccia illegale nei parchi e nelle riserve naturali

Come abbiamo cercato di ribadire varie volte nei nostri articoli, la Sicilia è una delle regioni più belle del Mediterraneo, perché oltre a presentare un’illustre storia e centinaia di grandi monumenti e di beni archeologi dispone anche di una notevole biodiversità, rappresentata da diverse specie endemiche e da diversi ecosistemi unici.
Tuttavia è un vero peccato che parte di questa ricchezza sia messa in pericolo da diversi fenomeni che rendono vulnerabili le specie, come i frequenti incendi e la presenza massiccia di bracconieri in tutta la superficie dell’isola.
A lanciare l’ultimo grido di allarme nei confronti della caccia illegale sono state le principali associazioni ambientaliste – Legambiente, Lipu e WWF – che nelle scorse settimane hanno segnalato più volte la presenza di diversi bracconieri all’interno delle stesse riserve naturali e nei grandi parchi. Secondo una dichiarazione congiunta delle tre associazioni ambientaliste «è ormai noto persino all’estero che la Sicilia sia diventata "terra di nessuno" a disposizione di bracconieri!».
Tutto si sarebbe aggravato per via dei recenti provvedimenti regionali e delle deroghe emanati dall’Assessorato Regionale all’Agricoltura, che cercando di contrastare la crescita demografica dei cinghiali e dei daini in varie parti dell’isola hanno favorito l’arrivo di bracconieri non italiani e la presenza dei cacciatori anche in aree precedentemente interdette alla caccia.
A scatenare poi le ultime proteste delle organizzazioni ambientaliste sarebbe stato la recente segnalazione di alcuni bracconieri maltesi a Pozzallo, che stavano cercando di ritornare in patria con 500 kg di carne di cinghiale e 10 fucili dopo una battuta di caccia illegale nel ragusano.
Secondo le associazioni il problema principale della presenza dei bracconieri in Sicilia è che negli ultimi tempi i controlli sono inefficaci, visto che il Corpo Forestale Regionale non è in grado di assicurare la necessaria presenza sul territorio, per colpa di scelte politiche poco accorte avvenute negli scorsi anni.
«Gli uffici regionali competenti in materia faunistico-venatoria si limitano alle autorizzazioni e alla parte burocratica, senza nessuna attività operativa di vigilanza» hanno dichiarato gli ambientalisti.
Per contrastare il fenomeno, le associazioni stanno quindi chiedendo agli assessori Regionali all’Agricoltura e al Territorio e Ambiente, oltre che ai Dirigenti Regionali dei Dipartimenti Sviluppo Rurale e Ambiente, di sospendere immediatamente con una scelta amministrativa coraggiosa ogni piano di abbattimento e di optare soluzioni alternative per le specie che presentano una popolazione in sovrannumero.
A rendere però ancora più urgente questa richiesta è il delicato periodo storico in cui ci troviamo, visto che nelle scorse ore il governo nazionale sta lavorando a un disegno di legge che estende di molto le aree in cui è possibile praticare la caccia e "ufficializza" alcune cattive pratiche dei cacciatori italiani, come lo sparare in spiaggia, di notte o durante il periodo di nidificazione degli uccelli.
Se questo disegno di legge venisse approvato, esso «cancellerebbe gli ultimi 60 anni di politiche, impegni e azioni dell’Italia a tutela e conservazione degli animali selvatici, calpestando, al tempo stesso, l’art. 9 inserito nel 2022 nei principi della Costituzione, che obbliga lo Stato, attraverso le sue leggi, a garantire la tutela degli animali».
Ad affermare questo è il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, che insieme ai rappresentanti del WWF, della LIPU e delle altre associazioni ambientaliste sta chiedendo alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di ascoltare l’appello di tutti gli esperti di zoologia che si sono dichiarati contrari a questa proposta di legge: «Impedisca questo scempio legislativo e si impegni, invece, insieme agli altri rappresentanti del governo a completare quella riforma di civiltà avviata nel 2015, approvando finalmente sanzioni efficaci e dissuasive contro chi commette crimini contro gli animali, a partire dal bracconaggio e dai traffici di specie protette, come prevede la direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente».
Tuttavia è un vero peccato che parte di questa ricchezza sia messa in pericolo da diversi fenomeni che rendono vulnerabili le specie, come i frequenti incendi e la presenza massiccia di bracconieri in tutta la superficie dell’isola.
A lanciare l’ultimo grido di allarme nei confronti della caccia illegale sono state le principali associazioni ambientaliste – Legambiente, Lipu e WWF – che nelle scorse settimane hanno segnalato più volte la presenza di diversi bracconieri all’interno delle stesse riserve naturali e nei grandi parchi. Secondo una dichiarazione congiunta delle tre associazioni ambientaliste «è ormai noto persino all’estero che la Sicilia sia diventata "terra di nessuno" a disposizione di bracconieri!».
Tutto si sarebbe aggravato per via dei recenti provvedimenti regionali e delle deroghe emanati dall’Assessorato Regionale all’Agricoltura, che cercando di contrastare la crescita demografica dei cinghiali e dei daini in varie parti dell’isola hanno favorito l’arrivo di bracconieri non italiani e la presenza dei cacciatori anche in aree precedentemente interdette alla caccia.
A scatenare poi le ultime proteste delle organizzazioni ambientaliste sarebbe stato la recente segnalazione di alcuni bracconieri maltesi a Pozzallo, che stavano cercando di ritornare in patria con 500 kg di carne di cinghiale e 10 fucili dopo una battuta di caccia illegale nel ragusano.
Secondo le associazioni il problema principale della presenza dei bracconieri in Sicilia è che negli ultimi tempi i controlli sono inefficaci, visto che il Corpo Forestale Regionale non è in grado di assicurare la necessaria presenza sul territorio, per colpa di scelte politiche poco accorte avvenute negli scorsi anni.
«Gli uffici regionali competenti in materia faunistico-venatoria si limitano alle autorizzazioni e alla parte burocratica, senza nessuna attività operativa di vigilanza» hanno dichiarato gli ambientalisti.
Per contrastare il fenomeno, le associazioni stanno quindi chiedendo agli assessori Regionali all’Agricoltura e al Territorio e Ambiente, oltre che ai Dirigenti Regionali dei Dipartimenti Sviluppo Rurale e Ambiente, di sospendere immediatamente con una scelta amministrativa coraggiosa ogni piano di abbattimento e di optare soluzioni alternative per le specie che presentano una popolazione in sovrannumero.
A rendere però ancora più urgente questa richiesta è il delicato periodo storico in cui ci troviamo, visto che nelle scorse ore il governo nazionale sta lavorando a un disegno di legge che estende di molto le aree in cui è possibile praticare la caccia e "ufficializza" alcune cattive pratiche dei cacciatori italiani, come lo sparare in spiaggia, di notte o durante il periodo di nidificazione degli uccelli.
Se questo disegno di legge venisse approvato, esso «cancellerebbe gli ultimi 60 anni di politiche, impegni e azioni dell’Italia a tutela e conservazione degli animali selvatici, calpestando, al tempo stesso, l’art. 9 inserito nel 2022 nei principi della Costituzione, che obbliga lo Stato, attraverso le sue leggi, a garantire la tutela degli animali».
Ad affermare questo è il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, che insieme ai rappresentanti del WWF, della LIPU e delle altre associazioni ambientaliste sta chiedendo alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di ascoltare l’appello di tutti gli esperti di zoologia che si sono dichiarati contrari a questa proposta di legge: «Impedisca questo scempio legislativo e si impegni, invece, insieme agli altri rappresentanti del governo a completare quella riforma di civiltà avviata nel 2015, approvando finalmente sanzioni efficaci e dissuasive contro chi commette crimini contro gli animali, a partire dal bracconaggio e dai traffici di specie protette, come prevede la direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente».
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