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Da Parigi a Palermo, chi era Marie Marzloff: le sue idee e i valori per "ricucire" la città

Parigina, aveva scelto di vivere a Ballarò dopo un periodo di volontariato europeo con il Cesie, che oggi le dedica un concorso. Il marito la ricorda a 4 anni dalla scomparsa

Stefania Brusca
Giornalista
  • 9 giugno 2022

Marie Marzloff

Un sorriso autentico, lontano dalle circostanze e dai titoli. In qualche modo, con la sua forza e la sua luce, riusciva a tirare fuori da ognuno il coraggio che aveva dentro, valorizzando le capacità dei singoli. Un modo di esistere per gli altri che era anche un'occasione di crescita per la comunità. Una persona che ha lasciato dietro di sé un ricordo che non va via in chi l’ha conosciuta.

Marie Marzloff, parigina, aveva scelto di vivere a Ballarò, con la sua bellezza e le sue contraddizioni. Un amore mai finito da quando nel 2004 aveva messo per la prima volta piede a Palermo. Era arrivata grazie a un programma del Cesie, lo Sve (Servizio Volontario Europeo). Dopo un periodo a Malta, chiede di tornare a lavorare in Sicilia, nella città che ormai aveva scelto. Qui conosce quello che diventerà il suo compagno di vita, suo marito, Giovanni Lo Biundo.

«Anche se ci siamo conosciuti in un secondo momento – racconta – nei primi anni di servizio volontario europeo voleva avere l’opportunità di andare in Africa o nel Sud del mondo ma si fermò a Palermo, perché riconobbe le mille potenzialità di una città dinamica ma che racchiudeva in sé questi aspetti di criticità su cui poter lavorare».
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Restò al Cesie di Palermo quando era ancora una piccola associazione che aveva la sua sede all’Albergheria. «Ci siamo conosciuti tramite amici comuni – dice – in un momento in cui riuscì a dare un contributo significativo per aumentare le prospettive di lavoro delle donne.

L’empowerment delle donne e la parità di genere erano dei temi che le stavano davvero a cuore, insieme al dialogo interculturale e alla cooperazione internazionale. Ma non si soffermava sul femminismo come spesso viene inteso, per lei rappresentava anche la libertà per gli uomini di uscire dalla prigione emotiva in cui spesso si trovano, per poter esternare i propri sentimenti.

Anche se aveva ben chiaro che la diseguaglianza di genere c’era, ed esiste ancora oggi. In questo ambito non tollerava nessuna subordinazione, puntando sulla capacità e sul talento di ognuno, al di là del genere, come una forma di arricchimento e non di discriminazione».

Quando esprimi dei valori così forti è raro incarnarli appieno nella vita di tutti i giorni. «Metteva in pratica quello di cui era convinta, non solo in teoria ma nella vita di ogni giorno. Non si voltava dall’altra parte e non lasciava correre quando vedeva delle ingiustizie. La sua forza e la sua integrità erano una parte fondamentale di Marie, che aveva anche le sue fragilità».

Valori e un modo di essere che si trasferivano anche nella vita di comunità e al lavoro. «Era molto di supporto – ricorda Giovanni -. Ricopriva il ruolo di responsabile delle risorse umane. Ancora oggi tutti i colleghi che l’hanno conosciuta ne hanno una memoria positiva, una donna che riusciva a tirare fuori da ognuno il coraggio e le proprie capacità, e la forza di riconoscere i propri limiti. Esprimeva una profonda umanità e allo stesso tempo era molto professionale, molto esigente e a volte si scontrava con una mentalità che lasciava a desiderare, non all’interno dell’associazione ma quando doveva misurarsi in altri ambiti».

Da Parigi a Ballarò è un bel viaggio. «Ha acquistato la casa dove vivo ancora adesso, a due passi dal mercato. Era attratta da questo luogo, nonostante gli aspetti noti, come quelli legati alla criminalità, che si scontravano con i colori e la ricchezza dei rapporti che aveva intessuto con le persone che ci vivono. I vicini di casa, persone che stanno qui da tanti anni, la ricordano ancora con gioia e felicità.

Nonostante la differenza culturale ed educativa, Marie non guardava nessuno in modo altezzoso, ma era una persona umile e abituata a confrontarsi con chiunque. Dava del tu sempre a tutti al di là dei titoli. Aveva un sorriso da offrire a ciascuno di loro, questo suo essere una persona così gioisa "catturava" la gente. Era anche esigente nei rapporti con gli altri: le faceva piacere quando il parlarsi era uno scambio autentico, quando un "come stai" significava "raccontami di te"».

Marie non ha perso il suo spirito nemmeno dopo tanti anni di convivenza con la malattia che l’ha colpita, un tumore al seno che, nonostante il suo coraggio e la sua voglia di vivere, l’ha tolta all’affetto dei suoi cari nel 2018, ad appena 38 anni.

«La malattia che l’ha colpita – ricorda ancora Giovanni - l’ha accompagnata per tanti anni, ha dovuto affrontare anche una mastectomia e diversi cicli di chemioterapia, e si riteneva fortunata a potersi curare in Francia e potere accedere a terapie sperimentali con cui i medici hanno provato a guarirla. Ma il tumore era dei più complicati, l’ha avuto in età giovane e progrediva in maniera molto veloce.

A volte sembrava passato ma poi ritornava in maniera orribile. Penso che ognuno al suo posto avrebbe gettato la spugna da diverso tempo. Una cosa che può capire chiunque sappia cosa vuol dire chemioterapia. Non è una terapia che fa bene, fa stare male e si spera solo nel risultato».

Per Marie la vita doveva essere gioia, in qualunque modo. «In un periodo in cui sperava che tutto fosse scongiurato – racconta - decise di avere un figlio. Non fu una scelta dettata dall’incoscienza, voleva fortemente continuare a vivere, nessuno, nemmeno io, immaginava un epilogo cosi triste. Nostro figlio porta anche il suo cognome, mi sembrava giusto così».

La gravidanza e il parto, così come qualche anno a seguire, è stato un periodo felice per la coppia. «Abbiamo avuto l’opportunità di conoscerci anche nella veste di genitori. Eravamo d’accordo sull’educazione di nostro figlio, sugli insegnamenti da dargli. Ci siamo venuti in aiuto l’un l’altro, dandoci un ottimo supporto. Quando si ha un figlio tutto cambia, il nuovo equilibrio può incidere sulla coppia ma nel nostro caso non è stato così».

Marie «cercava conforto e dava conforto, era sempre un piacere parlare con lei. Non si risparmiava nei buoni consigli, teneva a darci delle ottime spinte nella vita. Anche nei momenti più bui cercava di offrire la sua esperienza agli altri: «Le piaceva fare dei collage, aveva questa passione da sempre, ne scelse alcuni relativi al primo ciclo di chemio e grazie a un’associazione guidata da donne, sono stati esposti in una mostra, replicata anche a Marsala. «Tutto quello che ha attraversato l’ha comunicato attraverso l’arte», conclude.

E proprio a lei, Marie Marzloff, alle sue passioni e al suo modo di vivere i valori che la rappresentavano è ispirata la terza edizione del concorso "Art and Act" del Cesie, che ancora la ricorda come l’energia, il motore e l’anima del centro studi. Mira a continuare il lavoro che Marie ha cominciato, per far sì che le sue idee e le sue passioni perdurino nel tempo. In modo che la curiosità e la sua capacità di fare proprie idee provenienti da realtà molto diverse fra loro continuino ad ispirare gli altri.

Il tema quest’anno è "il coraggio di ricucire", l'idea di base a cui gli artisti, con opere già eseguite o create per l'occasione, devono fare riferimento. «Ispirandoci alle sue parole – dicono dal Cesie - siamo chiamati, come umanità, a riannodare i fili della civiltà e a rammendare il tessuto che ci costituisce, prendendoci cura delle relazioni che intessiamo ogni giorno, intrecciando armoniosamente sogni e desideri per trasformare la realtà». Chiunque può partecipare registrandosi online.
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