TRADIZIONI
Una ricetta sicula per Carnevale e non solo: "i sfinci cu' zuccaro", elogio alla frittura
Se c’è una leccornia foriera di festa sono queste frittelle sicule. Ambite dai palati più golosi, sono molto note nella parte più occidentale dell'Isola
Sfincitelle fritte con lo zucchero (foto e ricetta di Junio Tumbarello)
Non esiste un angolo dell'Isola che non custodisca una versione di questo sincero elogio della frittura: ricette antiche che affondano le loro radici nella tradizione culinaria araba e che vengono rispolverate dalle nonne nei momenti di festa (Natale, l’Immacolata, l’Epifania, Carnevale e talvolta anche Ferragosto) … e guai a desiderarle o richiederle in altre ordinarie occasioni. Se vi steste chiedendo a cosa devono il loro nome, a primo acchito troverete facili assonanze con lo “sfincione” e naturalmente con le cugine “sfinci di San Giuseppe”: tutti nomi che derivano dal latino “spongia”, cioè “spugna” (in
dialetto siciliano “sponza”).
INGREDIENTI
Innanzi tutto vediamo cosa serve per questi deliziose frittelle sicule.
500 grammi di farina 00; 500 grammi di farina di grano duro;
500 grammi di patate lesse schiacciate; una bustina di vanillina;
due cucchiai di semi di anice;
5 decilitri di latte;
scorza grattuggiata di un limone o di un’arancia;
4 cucchiai di Marsala;
50 grammi di lievito di birra;
50 grammi di lievito di birra;
zucchero semolato q.b.;
sale q.b.;
olio di semi q.b.;
cannella q.b.
PREPARAZIONE
setacciate i due tipi di farina e mischiatele in una ciotola: “u lemmu”(dal latino “lemmus”) - tipico recipiente siciliano a bocca larga, di forma conica, realizzato in terracotta vetrificata all’interno – sarebbe perfetto. Ma vi verranno buone anche se non
possedete questo antico utensile.
Aggiungete poi le patate (che avrete schiacciato con la forchetta o ridotto in crema con il passa-pomodoro), il lievito sciolto in una tazza di latte (scaldandolo con un cucchiaio di zucchero), il Marsala, la vanillina, un pizzico di sale e gli immancabili semi di anice. Il composto va lavorato con cura (se volete anche con un’impastatrice che vi aiuterà a far incorporare all’impasto la giusta quantità d’aria).
Che lo abbiate impastato a mano o con qualche meraviglia della tecnica, la pastella dovrà risultare morbida e setosa: avrete terminato solo quando sulla superficie saranno spuntate delle bolle.
Coprite l’impasto con un “cutrune” (“cutra”, cioè coperta in siculo vernacolo) elasciate lievitare al caldo per tre ore. Una volta trascorso il tempo, prendetene un poco alla volta (considerate tra i 50 e i 70 grammi a “sfincia”), formate delle palline e inserendo il pollice al centro di ognuna – come per realizzare delle ciambelline, tuffatele nell’olio bollente finché non risulteranno dorate. Per concludere la preparazione, infatti, ponete le sfinci su un vassoio ricoperto di carta assorbente e servite il tutto spolverando con abbondante zucchero e cannella. “Per tradizione di famiglia – ci racconta la signora Graziella Cipponeri, originaria di Erice – noi non facciamo il buco al centro, ma preferiamo ottenere delle sfinci poco più grosse rispetto alle classiche.
Morbidissime e perfette per essere inzuppate nello zucchero, nella cannella e talvolta inzuppate nel vino cotto”. Anche io, come scrive DonPasta, al secolo Daniele de Michele, in “La Parmigiana e la rivoluzione – Elogio della frittura e altre pratiche militanti” sono in missione per conto di mia nonna e della cucina verace, creativa e sana: quindi che aspettate? Mettete da parte la dieta (e le cene di sushi) e godetevi le feste con queste meraviglie della gastronomia sicula.
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