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Era sulla bocca di tutti: Agrigento e i diari del Grand tour che la resero famosa nel mondo

Il mito della Magna Grecia e l’amore per la civiltà classica spinsero nel Settecento, e in particolare ad Agrigento, molti intellettuali, musicisti e studiosi ad affrontare viaggi che duravano a volte anni

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 7 dicembre 2021

"Vue af Ruinerna af Junos tempel vid Girgenti" - Gustaf Wilhelm Palm 1810-1890

Il mito della Magna Grecia e l’amore per la civiltà classica spinsero nel Settecento, e in particolare ad Agrigento, molti intellettuali, musicisti e studiosi soprattutto europei ad affrontare lunghi viaggi che duravano, a volte mesi se non addirittura anni, ma la grandezza e la magnificenza di quanto offrivano i resti dell’antichità ai cultori del mondo greco e latino facevano superare ogni difficoltà.

Nel Settecento e nell’Ottocento l’interesse per la Sicilia archeologica e in particolare per quella agrigentina, si deve anche al successo dell’articolo dal titolo “Annotazioni sull’architettura degli antichi templi di Girgenti in Sicilia”, scritto da Johann Joachim Winckelmann nel 1759.

Le sue descrizioni dei resti dell’antica Akragas affascinarono gli intellettuali dell’epoca. Nella Sicilia che Goethe definì “il centro di tutto", Agrigento era una delle mete più ricercate di quello che è passato alla storia come il Grand Tour.
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Guida per queste scoperte fu l’opera “Viaggio per la Sicilia e la Magna Grecia” del barone tedesco Johann Hermannvon Riedesel, primo di una lunga serie di pubblicazioni per moltiche intrapresero il viaggio in Sicilia.

Ad Agrigento, che allora si chiamava in realtà Girgenti, il 7 Aprile 1767, arriva Riedesel e annota: «La città si trova a quattro miglia dal mare, sulla sommità di un monte su cui sorgeva l’antica acropoli greca. Se mai ho provato vivamente quel sentimento delizioso che una bella vista e una gradevole posizione sanno ispirare, è stato al mattino molto presto, gettando lo sguardo sulla campagna che si scorge dal convento degli Agostiniani dove ho preso alloggio».

Emozioni che lo spingono a desiderare di vivere ad Agrigento, “dimenticando tutto e da tutti dimenticato, guardando da lontano da terra il mare tempestoso”.

Molti altri celebri intellettuali hanno descritto nelle loro opere la tappa nella Valle dei Templi e non hanno nascosto le loro profonde emozioni.

Come il marchese Marie-Joseph de Foresta che, vedendo in lontananza le mura e i templi dorici di Agrigento, ricorda i versi di Virgilio: "Arduus inde Acragas ostentat maxima moenia... ".

Nella sua opera Lettres sur la Sicile (1821) rivela la sua profonda emozione al pensiero della grandezza passata di questa città così celebre.

Voyages pittoresques, vengono definiti questi tour in quanto animati dal sentimento romantico del pittoresco che nasce proprio all’incrocio tra sensibilità storica e paesaggio naturale. Il più celebre tra i viaggi pittoreschi fu forse quello nel 1778 di Dominique Vivant Denon e guidato dall’abate francese Jean-Claude-Richard de Saint-Non.

Nella sua opera “Voyage Historique à Naples et dans les Deux Siciles” (Viaggio Storico di Napoli e intorno alle Due Sicilie) il rapporto tra i siti archeologici agrigentini e la natura circostante è ben illustrato anche da numerose tavole pittoriche di grande fascino.

Ci fu chi, come Cockerell che nel 1814, giunto ad Agrigento si dedicò alla misurazione delle rovine del Tempio di Giove; e chi, come Julius Schubring, alla topografia dell’antica Akrgagas (in “Topografia storica di Akragas in Sicilia: durante il periodo classico”), con una scrupolosa disamina dei principali elementi topografici della città e del suo territorio e indagini anche complesse come nel caso dell’ispezione di uno dei condotti d’acqua sotterranei.

Leo von Klenze, pittore e attento ai contesti paesaggistici, nel 1823 studiò nel dettaglio l’Olympieion di Agrigento.

T Karl Friedrich Schinkel, visitando Agrigento nel 1804, ci ha lasciato una precisa catalogazione delle rovine che ha personalmente misurato e disegnato con rigore scientifico; elementi figurativi di quest’architettura egli avrebbe poi trapiantato nell’Europa del Nord.

Accanto allo studio sui templi greci, c’è chi ha dedicato notevoli sforzi a disegnare esempi di architettura minore, come Gottfried Semper che ha illustrato una fattoria presso Agrigento Il Grand Tour ad Agrigento era infatti anche questo: studio pionieristico della Sicilia antica.

Possiamo perciò sostenere che alcuni di questi viaggiatori arrivarono in Sicilia non solo per contemplare estaticamente le vestigia dell’antichità, ma anche per scoprire le leggi più intime dell’architettura classica, per individuare le regole ancora ben poco allora conosciute, forse anche rifunzionalizzarle nei loro progetti.

Certo è che conosceremmo meno la storia e le bellezze della Valle dei Templi di Agrigento senza i diari dei viaggiatori stranieri e italiani.

Per altri il Grand Tour fu invece un viaggio di formazione (allora giudicato indispensabile per ogni patrizio), come per il giovane lord George Gordon Byron, che trasse ispirazioni dalle sue tappe in Sicilia per alcune opere poetiche di grande intensità.

Possiamo inoltre avere un’idea un po' più precisa di vari aspetti di tali viaggi grazie a Raffaello Politi (pittore, architetto, archeologo, artista poliedrico, che lavorò prevalentemente ad Agrigento), che nel 1826 pubblicò un’opera di carattere antiquario dal curioso titolo “Il viaggiatore in Girgenti e il cicerone di piazza”, con la quale ci ha dato un prototipo del viaggiatore del Grand-Tour, ricorrendo alla finzione del dialogo tra lui e un “milord” inglese.

Frutto delle esperienze che questo celebre custode delle antichità agrigentine ha avuto in qualità di guida di diversi viaggiatori.
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