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Fu il dono di una ricca signora: la chiesetta di Santa Flavia che sorge in mezzo al nulla

Sorge quasi in mezzo al nulla a Santa Flavia, a pochi chilometri da Palermo. A questa chiesetta sono legati i ricordi degli abitanti del luogo. E questa è la sua storia

Sara Abello
Giornalista
  • 15 marzo 2022

A Santa Flavia, quasi in mezzo al nulla, sorge una piccola chiesetta dedicata a San Giuseppe, meta dei tanti fedeli che, in particolar modo il 19 marzo, in occasione della festività a lui intitolata, vi si recano o recavano anche solo per una rapida preghiera.

Dico rapida perchè effettivamente la cappella, adesso consacrata e divenuta quindi una vera e propria chiesetta, è di piccole dimensioni e incapace di contenere più di una trentina di fedeli in epoca ante covid, figuratevi adesso, e in più si trova su una via che conduce sulla strada statale e dove le auto passanti hanno il malcostume di accelerare neanche fossimo a Monza, per citare un circuito noto a tanti, per cui anche sostare all’esterno ha da sempre rappresentato un discreto “pericolo”.

I ricordi della mia infanzia, e penso di riportare un aneddoto comune a tanti, mi riconducono a questa chiesetta nel pomeriggio del 19 marzo, insieme a mia madre.

C’era un’anziana signora che deteneva le chiavi e quindi il “potere”, che periodicamente si occupava di pulirla e aprirla, per poi renderla fruibile ai tanti che ogni anno vi si recavano in occasione di San Giuseppe, che del resto è patrono di Bagheria e Casteldaccia, quindi la moltitudine di fedeli che si incontravano quel giorno provenivano da tutte le zone limitrofe.
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San Giuseppe a Bagheria non è solo sfincia strabordante di ricotta e gocce di cioccolato, o panini benedetti in occasione della Messa del mattino, quella di recarsi alla cappella di Torremuzza è un’usanza che ho riscontrato essere comune a tante famiglie di mia conoscenza.

Ad esser precisi, per me è da sempre la cappella di San Giusippuzzu. Poi in estate, la prima settimana di agosto, scelta ad hoc perchè era il momento in cui tutti i baarioti emigrati all’estero per lavoro tornavano a casa in ferie, ricorre da sempre la celebrazione della festa popolare dedicata al patrono, ma quella è un’altra storia di tradizioni e folklore.

La mia principale curiosità, non essendo pervenute informazioni sulla storia di questa piccola costruzione, è proprio sulla sua origine, dal momento che in realtà si trova in una posizione che è crocevia di nobiltà che fu.

La cappella sorge infatti in zona Torremuzza, dove era stata edificata Villa Torremuzza per l’appunto, che era la residenza di villeggiatura dei principi Castelli. Questa dimora settecentesca venne distrutta nel secondo dopoguerra, ed è riconducibile, probabilmente, a quel Gabriele Lancillotto Castelli, che dedicò la sua esistenza allo studio della numismatica e delle antichità della Sicilia, hobby nobiliare insomma.

D’altra parte, sorge anche in fondo alla proprietà dei conti di San Marco, dall’altro lato della strada si conclude infatti quella che oggi è una proprietà privata ma che era di Vincenzo Giuseppe Filingeri, conte di San Marco, il quale, nel 1673, intorno ad una preesistente torre d’avvistamento del XVI secolo, volle che venisse edificata Villa San Marco. Cercando e indagando qui e là mi sono imbattuta in una storia che proprio non potevo aspettarmi e che oggi condividerò con voi.

Di stranezze in Sicilia ne abbiamo a bizzeffe, ma che la cappella fosse di proprietà privata, vi assicuro che mi è parso alquanto inusuale. Senza prevederlo mi sono trovata a parlarne con Rosa Anna, figlia della signora Raccuglia, proprietaria della chiesetta di San Giusippuzzu.

Come possano possederla vi chiederete voi, ed io pure, beh è una storia che incarna un’epoca lontana. Ad aiutarmi a capire ho trovato la gentilezza di Anna Rosa e delle sue due cugine che, con piacere, mi hanno raccontato di come la cappella appartenga alla loro famiglia materna da oltre 150 anni.

Tutto è iniziato con la bisnonna, la signora Rosa Ferrante, e con il marito, il signor Viscuso. Lui era un contadino e lei la dama di compagnia di una duchessa le cui generalità non ci sono note. Un bel giorno, il signor Viscuso scavando tra le terre della nobildonna trovò un quadro raffigurante San Giuseppe, ormai andato perduto insieme a molte altre cose un tempo presenti all’interno della cappella.

Da lì tutto ebbe inizio, infatti la duchessa ordinò che venisse edificata la cappella e che alla sua morte fossero proprio lui e la moglie a possederla.

Immaginate quanto, sebbene fosse insolito per l’epoca, dovessero esserle fedeli “amici” i due sposi, al punto da meritare un simile dono. L’anziana e dolce donna che ricordo io dalla mia infanzia era, con buona probabilità, la signora Raccuglia, zia di Anna Rosa, che si è da sempre occupata, proseguendo l’usanza della nonna prima e della madre dopo, lasciando poi questo compito ai suoi successori, di tenere pulita e accogliente la cappella, aperta dal 10 al 19 marzo di ogni anno, per tutti i 9 giorni della novena a San Giuseppe e sino alla sua ricorrenza.

Circa 15 anni fa, la chiesa è stata totalmente ristrutturata grazie ad una benefattrice che l’ha così resa fruibile per intero, parte del tetto era crollato e quindi tutta l’area dove oggi si trova l’altare era inaccessibile.

Quella di questa famiglia è certamente un’eredità importante e per la quale ringraziano ancora oggi, rendendo la cappella fruibile ai tanti fedeli che come me, non immaginano lontanamente la sua intricata storia e non possono così rendere il giusto merito a coloro che senza alcun tornaconto la mettono a disposizione di tutti, in nome della fedeltà a San Giuseppe, patrono della Chiesa cattolica.
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