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Il palermitano e il panico dei doni all'ultimo minuto: quanto costa "fissiarsela" a Natale
Dopo essersi illusi di aver pianificato tutto, ci si riduce inevitabilmente agli ultimi quattro giorni utili per comprare i regali. E scatta il cosiddetto "delirio natalizio"
Si comincia a realizzare che occorre smuoversi u sangu e c’è da cominciare a pensare a tutte le innumerevoli incombenze, a partire dalla pratica più "tragediosa", ovverosia i regali. I più lungimiranti chiamano a raccolta il nucleo familiare, “picciò, st’anno massimo massimo metà novembre dobbiamo avere tutti i regali pronti che poi si butta u buidello!”.
Tutti "tistiano" in approvazione, memori del casino dello scorso anno, e perchè, in effetti, la tecnica dell’acquisto "regalo intelligente" sembra essere buona, ma nessuno ha fatto i conti con la radicata abitudine del fissiarsela, di cui il siciliano, non per vantarsi, è maestro indiscusso!
Parte il panico, il capofamiglia, con occhi da invasato, prende le chiavi dell’auto e chiama a raccolta la famiglia, perchè tutti devono essere partecipi del martirio, e si butta a capofitto nel traffico, che ricordiamoci, alla già nota piaga delle diverse tipologia di siculo alla guida sotto la pioggia (già trattato in altro articolo), si aggiunge quella del delirio natalizio.
Dopo aver fatto una carrellata di tutti i diversi tipi di taliata automobilistica, parcheggia a non più di metri tre dalla meta, come buon senso automobilistico siculo recita, e si getta nel centro commerciale o mercatino di natale designato, la cui popolazionione è di circa 56 persone per metro quadrato.
Cominciano i dilemmi, “mi.. ma a Pinuzzo che ci arrialamo st’ annu?”,”ma chi.... l’anno scorso ne arrialò da cosa che pareva nisciuta ru cato ra munnizza... pigghiaci na sciarpa nu marocchino a 5 euro e n’ava a dire puru grazie!”.
Questo dialogo si ripete, all’ incirca, per tutti coloro presenti sulla lista degli aventi diritto al regalo, con l’ eventuale aggiunta di fidanzati vari che magari durano, tanto per restare in tema, quanto da Natale a Santo Stefano.
Ecco che alla fine si torna a casa con sacchetti pieni di tutte le minchiate più assurde che danno luogo al fenomeno del regalo riciclato.
Personalmente ricevetti, da un tizio che non sapevo neppure chi fosse ma che sarebbe venuto a casa mia in quanto fidanzato di una mia amica, un busto che ritraeva una sorta di brutta copia di Lotney (cit.) e che avrei dovuto assolutamente apprezzare perché, non vidi mai il nesso, facevo giochi di ruolo.
Vuoi per “corazzeria”, lagnusia e semplicemente per togliere di mezzo le minchiate accumulate negli anni, c’è chi aderisce a questa scuola di pensiero, con delle capacità riciclatorie così perfette che la Greta Thunberg in confronto va a caccia di balene in un peschereccio alimentato a carbone radioattivo.
Anni fa la cugina Chantal ebbe a regalarti quella bellissima statuina di babbo natale che, premendogli la testa, mostrava i suoi attributi? O quella favolosa tazza con stampato un modello le cui mutande sparivano appena versavi una bevanda calda? Hai ancora memoria di quelle grasse e rumorose risate nevvero? Ma che leggiadra goliardia!!!
Ebbene nulla vieta, l’anno successivo, di impacchettare per bene il “gradito” regalo e darlo alla zia Antonietta, che si sa è un tipo accollativo e ci piace babbiari.
Chiaramente inutile dire che la cosa andrà avanti Natale dopo Natale fin quando l’oggetto sarà diventato talmente vecchio da avere una naturale scomposizione molecolare o talmente vintage da diventare un oggetto da collezione. Alcuni oggetti passano tra le mani di intere generazioni.
Poco da dire su chi invece, si sdivaca sul divano, si collega ad uno dei più famosi e-commerce e compra solo 3 o 4 oggetti in serie che vadano bene per soddisfare una vasta rosa di candidati al regalo. 0% fatica, 0% stress, 0% pensieri. 100% grevianza! Ma cosa sarebbe il Natale senza tutte quelle decorazioni luminose che rendono felice l’Enel?
Ma il Natale non è solo consumismo o scene di follia decorativa, ma anche condivisione e convivialità. Arriva il momento della temutissima cena aziendale. Una terribile ed automasochistica pratica in cui, con un sorriso fintissimo, ci si siede a tavola con colleghi e capi ai quali pochi minuti prima si ha augurato sofferenze atroci.
Di solito la frase tipica di apertura di questo evento è, “Oh picciotti, stasera non si parla ri travagghiu ok?”, Tutti annuiscono, ma esattamente dopo 30 secondi l’unico argomento è proprio il lavoro! Ad onor del vero esistono aziende che alla cena sostituiscono un più semplice pacco dono.
Chi decide per questa opzione sa bene quanti pacchi servono, nessuno rimarrà senza, e la cosa viene ribadita a tutti i dipendenti, ma inevitabilmente tutit sgomiteranno e ringhieranno per essere i primi ad accaparrarsi il pacco, ed a chi distribuisce verrà posta la solita domanda “ma che me ne puoi dare due che uno lo porto all’ amico mio?”.
Una volta conquistato il trofeo, sibilando “il mio tesssooorooo” (cit.), il dipendente sgattaiolerà sotto la sua scrivania per deliziarsi del contenuto.
Di solito comnposto da: un panettone scaduto di una industria dolciaria in voga nel dopoguerra e poi sparita, o del peggiore ARD discount della zona, una tazza di similceramica con dipinto sopra il logo aziendale ad opera del cugino sconosciuto e scatò di Nino Parrucca.
E ancora una penna, per i più fortunati a scatto, per i fedelissimi del capo con inchiostro gel, un’agendina e calendarietto sponsorizzati, una bottiglia di similspumante ottenuto dalla fermentazione di bicarbonato ed aceto di mele.
Ma la vera gioia è rappresentata da tutti i parenti che si riuniscono a Natale. Il fortunello, designato ad ospitare a casa sua tutto il parentado, smetterà di avere sonni tranquilli fin dal mese prima e via via che si avvicina la data aumenteranno gli attacchi di panico, conscio di ciò che lo attende. Ma questa è un'altra storia.
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