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L'Annunciazione e l'equinozio di primavera in Sicilia: una ricorrenza (quasi) dimenticata

È il momento dell’anno in cui le ore notturne e diurne sono bilanciate, dove tutto si rigenera. Una concomitanza con il periodo pasquale che ha radici profonde

Daniele Ferrara
Esperto di storia antica
  • 24 marzo 2023

In questo secolo, persino nell’ambiente cristiano devoto, ci si dimentica quasi del tutto della ricorrenza dell’Annunciazione. Il significato di questa solennità, ancorché eminentemente cristiano, proprio nelle nostre terre si congiunge a ritualità più antiche il cui significato piuttosto appare tuttora evidente.

La collocazione dell’Annunciazione nel 25 marzo non è casuale, come non è casuale che molte festività cristiane importanti ricadano proprio nei 25 dei mesi. Per un certo verso, è la Pasqua stessa che, idealmente, anziché essere mobile, dovrebbe cadere proprio nella data dell’Annunciazione.

Il 25 di marzo è cucito all’equinozio di primavera (20-21)! L’equinozio è il momento dell’anno in cui le ore notturne e diurne sono bilanciate; in altre parole, gli opposti si bilanciano.

Si esce dal periodo in cui la notte era più lunga e si va nel periodo in cui è più lungo il dì, siamo a metà tra il gelo dell’inverno e l’arsura dell’estate: questa è la primavera, quando la natura si risveglia, rinasce, rifiorisce.
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La Wicca, tra le religioni, ritualizza l’equinozio attraverso il mito del matrimonio tra la Dea e il Dio sulla scia delle antiche feste in cui le varie coppie divine si congiungono in primavera, sotto il nome di Ostara, come tutt’oggi (Eastern, Ooster, Ostern) è chiamata nelle lingue germaniche la Pasqua cristiana.

L’Annunciazione è il momento in cui Maria, ricevuta dall’arcangelo Gabriele la notizia dell’Avvento del Cristo, rimane gravida di Spirito Santo (che, secondo alcuni teologi cristiani, è simboleggiato proprio dall’Arcangelo); in questo modo, con l’espediente della gravidanza virginale, viene coperto il mistero della congiunzione di maschile e femminile.

Ma se la solennità della Resurrezione condivide pure il nome germanico dell’antica festività equinoziale, perché non è fissata al 25 Marzo?

La data della Pasqua cristiana è sempre mobile, ma non tanto per derivazione dalla Pasqua ebraica (che è completamente diversa), quanto al Nauigium Isidis, una delle feste principali della grande dea Iside allorché il suo culto divenne una religione de facto.

La data del Navigium è quella del primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera, esattamente come la Pasqua di Resurrezione, che però deve cadere sempre di Domenica.

Nel Navigium si celebra Iside che ha resuscitato il suo amato fratello e marito Osiride dopo averne ricomposto il corpo smembrato dal fratello Set (episodio commemorato a Novembre): il simulacro della Dea viene portato in processione sopra un carro naviforme da un corteo di persone che indossano varie maschere.

A Messina in maniera più o meno evidente si conserva(va)no delle ritualità isiache (Vascilluzzu, Galea della Lettera) in occasione di feste mariane, e difatti esistono manufatti (nel Duomo) riconducibili a un luogo di culto di rito egizio.

Se la morte del Dio avviene in autunno nell’Isismo, come mai nel Cristianesimo esso avviene giusto in primavera sùbito prima che trionfi di nuovo la vita?

Al Sanguem (15-28 Marzo), cioè la commemorazione di Attis, primo sacerdote e paredro della Gran Madre degli Dèi, Cibele, si può collegare il rituale della Passione di Cristo.

Nei giorni del Sanguem, passo per passo, si ripercorreva proprio la dolorosa morte di Attis, al cui culmine i sacerdoti si ferivano ripetutamente fino a sanguinare, ma nel giorno immediatamente successivo si celebrava la resurrezione del dio.

Ancor oggi, in alcuni luoghi d’Italia, in Settimana Santa avvengono autoflagellazioni rituali. In qualunque caso si assiste sempre alla compresenza degli opposti, espressi come sessi. Pur nel rito cristiano della Pasqua non scompare il tema della congiunzione di maschile e femminile, anzi, proprio in Sicilia e in Calabria (e oltre) è piuttosto evidente in una particolare manifestazione folklorica che si tiene proprio nella Domenica della Resurrezione (sia essa di 23 marzo o di 25 aprile!).

Parliamo di quel rito chiamato variamente ’Ncontru (Motta d’Affermo, Petralia Sottana, Ribera, Troina), Affruntata, Cumprunta, (in Calabria), Junta (Aidone, Caltagirone, Licodia Eubea), Madonna che scappa in piazza (Sulmona in Abruzzo), Madonna che velé (Introdacqua in Abruzzo), Madonna vasa vasa (Modica), Paci (Biancavilla, Comiso), Scuntru (Cassaro), Svelata (Caulonia in Calabria), tutti nomi vividamente rappresentativi del loro significato recondito.

In sintesi: l’Incontro di Pasqua. Attorno a mezzodì, in concomitanza con la fine della messa pasquale, vengono fatte incontrare, spesso in maniera concitata dopo un’impaziente “ricerca”, le due statue del Cristo Risorto e della Madonna Addolorata, la quale in quest’occasione tramite un artificio scenico cambia velo e riacquista la gioia!

L’Incontro non è esclusivamente una tradizione delle cittadine insulari e peninsulari: persino nella grande Città di Messina si tiene questo rituale, da prima del 1644.

Nel caso mamertino il festeggiamento è detto delle Spampanate, a motivo delle donne vestite con abiti sgargianti: le due statue processionali vengono fatte incontrare con solennità dinanzi al Duomo.

Il divino mascolino e il divino femminino ovviamente possono incarnarsi anche nelle forme di figlio e madre, pertanto, anche nel caso dell’Incontro pasquale, si può parlare d’unione degli opposti, laddove un tempo la si celebrava come ricongiungimento nuziale.

L’incontro tra Gesù Cristo e Maria sua madre non avviene in nessuno dei Vangeli, né in leggende, eppure curiosamente è ampiamente celebrato come fatto importante. Ma ora ricorre l’Annunciazione, e anch’essa nel territorio peloritano ha un rituale particolarmente sontuoso che rievoca la congiunzione degli opposti: a Fiumedinisi.

Ogni 25 di marzo si portano in processione le statue dell’Arcangelo e della Madonna, ma con la Festa Grande che (ormai in Agosto) si fa ogni cinque anni, la Vergine Santa e il Padreterno sono ambedue presenti e si fronteggiano in un’unica enorme Vara portata a spalle da un capo all’altro dell’abitato; qui, seppur posticipate in quest’epoca, si assiste alle nozze sacre tra il Cielo e la Terra!

Si assiste, insomma, a una sorta di sdoppiamento della ritualità equinoziale, operato dalla Chiesa, per la quale in ogni caso è straordinariamente significativo collocare l’Annunciazione nello stesso periodo in cui, simbolicamente, dovrebbe o potrebbe avvenire la Resurrezione: è inizio e fine, cominciamento e compimento della missione di Cristo.
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