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La caponata reale, lo spezzatino e il risotto: la tradizione (salata) del cioccolato in Sicilia

Una tradizione antichissima come quella legata al "cibo degli dei", che arriva fino a noi grazie alle ricette di oggi, che affondano le radici in tutto il territorio siciliano

Annamaria Grasso
Insegnante e storica dell'alimentazione siciliana
  • 6 novembre 2022

Qualcuno ha scritto che una tradizione non è solo la testimonianza di un passato ma una "forza viva" nel presente e cosa meglio di un alimento, nato oltre duemila anni fa e ancora oggi passione irresistibile, ce lo può dimostrare?

È il cibo degli dei (xocoatl), così i Maya chiamarono il cioccolato. Questo popolo indigeno, come gli Aztechi, abitava l'America centrale prima della scoperta del Nuovo Continente (1492) e dell'arrivo dei colonizzatori spagnoli che ne cancellarono l'identità. I Maya furono i primi a coltivare i semi di questa pianta che considerarono il dono di un dio appena si accorsero che erano commestibili, nutrienti e (soprattutto!) possedevano anche straordinarie virtù stimolanti e leggermente eccitanti del sistema nervoso.

In breve, tanto preziosi furono per loro questi semi da diventare moneta di scambio. Gli aztechi, sul cui territorio l’ albero del cacao non cresceva, li acquistavano a caro prezzo e il loro consumo, sotto forma di bevanda, era quindi privilegio delle classi agiate. I primi contatti del cacao con l'Europa avvengono quando Colombo, reduce dal suo quarto viaggio nelle Americhe porta con sé dall’Honduras un sacchetto di semi per fare dono a Ferdinando e Isabella di Spagna di una nuova bevanda corroborante.
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Ma sarà il fiuto economico di Hernán Cortés, uno dei conquistadores, a comprenderne il valore commerciale e a introdurlo in Spagna (1528) e da lì nel resto d'Europa, passando per la Sicilia. Gli spagnoli infatti, al loro arrivo nell'isola sulla quale domineranno per due secoli, importano nella contea di Modica intorno alla metà del ‘500 la lavorazione del cacao per farne cioccolato solido.

E qui è la sorpresa: esiste un filo sottile ma tenace che lega le origini di questa coltivazione alla cucina siciliana odierna, perché nelle civiltà precolombiane la polvere di cacao ottenuta pestandone i semi veniva diluita con l'acqua e l’aggiunta di sale, non di zucchero!

E proprio a Modica, dove ancora oggi il cioccolato viene lavorato con l'antica tecnica azteca, tra le numerose varianti in cui viene proposto, c'è quella al sale di Sicilia. Ma non è un caso unico! Dal suo arrivo in Sicilia, la storia della nostra gastronomia nei secoli si è arricchita di ricette (salate) in cui l'ingrediente cioccolato è il deus ex machina che scuote il palato dal torpore di abitudini alimentari consolidate e stuzzica i sensi.

A partire dalla caponata reale (pare che fosse la preferita nel ‘700 dai Vicerè spagnoli a Palermo), in cui al fritto tradizionale di melanzane, cipolla sedano, olive, capperi, sfumato con l'agrodolce di aceto bianco e miele, si aggiunge un mix tritato di cioccolato fondente e mandorle tostate.

E poiché la Sicilia non è il regno della caponata bensì delle caponate (trentaquattro ricette diverse ne sono state contate e non è detto che siano tutte!), è degna di nota anche quella tipica di Ragusa Ibla, trovata in un vecchio libro di "Antiche ricette negli Iblei". Si tratta di una "caponata d'inverno", composta da verdure e ortaggi della stagione fredda che dopo essere stati bolliti e poi soffritti, vengono sfumati con l'agrodolce.

Su un piatto di portata, sopra un primo strato di questa preparazione va deposto uno strato di merluzzo o altro pesce fritto, quindi un secondo strato di caponata. Ma non finisce qui: il tocco fondamentale è quello della salsa San Bernardo che la ricopre, una ricetta originaria di un monastero di Catania, purtroppo dimenticata. Il connubio dei suoi ingredienti è indubbiamente molto particolare, ma l'insieme di pane grattugiato abbrustolito (ovvero atturratu) e mandorle tostate che, frullati, si mescolano in un tegame su fuoco moderato con olio, pasta d’acciuga ( o acciughe), agrodolce di aceto e miele e cioccolata amara sciolta a bagnomaria, risulta straordinario su piatti di verdure, patate e carni lesse.

Il gusto del cioccolato domina anche in uno spezzatino della tradizione iblea, scovato in un bel ricettario di molti anni fa. Qui al tradizionale stufato di carne e ortaggi vari si mescola una sinfonia di aromi: vino rosso, cannella, chiodi di garofano, alloro, in un crescendo che culmina nei profumi e sapori di un pezzo di cioccolato fondente e rende il sugo denso e lucido. Una vera goduria per gli occhi prima che per l’olfatto e infine per il gusto!

Del resto il cibo degli dei, da tempo immemorabile, per le sue proprietà energizzanti (e afrodisiache?), è fonte di un piacere legato alla trasgressione. Allora, se a tavola cercate emozioni, potete organizzare un menu a tutto cioccolato: un risotto con fonduta di caciocavallo ragusano e cacao amaro, una cernia al cacao e salvia, fino al matrimonio (felicissimo) degli sformatini di melanzane, ricotta e cioccolato. Magari con un pensiero rivolto agli Indios che ci hanno insegnato a non fare solo dolci e torte con il cacao!
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