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La ricerca universitaria investe sulle biotecnologie

Balarm
La redazione
  • 17 aprile 2007

L’utilizzo di batteri per rigenerare i terreni devastati da discariche e idrocarburi, il “naso elettronico” per verificare la qualità dell’olio d’oliva, la produzione di cellule capaci di sconfiggere gravi malattie come il diabete di tipo 1. Sono alcuni campi di applicazione delle biotecnologie in Sicilia, presentati lo scorso 17 aprile in occasione della nascita del Centro interdipartimentale di biotecnologie applicate (Ciba), tenuto a battesimo allo Steri dal rettore Giuseppe Silvestri, dall’assessore provinciale alle Risorse energetiche, Raffaele Loddo, e dal direttore di Confindustria Palermo, Paolo Rizzuto. «La costituzione di questo centro interdipartimentale è particolarmente importante, perché oggi le aree di maggiore fertilità scientifica sono proprio quelle interdisciplinari – afferma Silvestri -. La biotecnologia consente di offrire al nostro mondo imprenditoriale soluzioni e proposte in un ambito che è quello del confronto con la produzione». L’obiettivo del Ciba, infatti, è proprio quello di convogliare le competenze interdisciplinari di chimici, ingegneri, fisici, medici, biologi, geologi e sviluppare idee e progetti nell’ambito delle biotecnologie applicate, a partire dalle ricerche già in cantiere. «I campi di applicazione sono innumerevoli – spiega Maria Letizia Vittorelli, direttore del Ciba -. Si va dall’agroalimentare, alla lotta all’inquinamento delle acque e dei terreni, alla produzione di fonti energetiche rinnovabili. Vogliamo stimolare le imprese a rivolgersi a noi, per ottenere risposte alle loro richieste in questi settori». Quest’operazione parte dagli studi che sono già stati realizzati nei vari dipartimenti dell’Università di Palermo e che in molti casi hanno già raggiunto alcuni risultati. Come l’utilizzo di alcuni batteri capaci di cibarsi di sostanze inquinanti, di idrocarburi per esempio, o di potenziare l’apporto di azoto in terreni rovinati dai rifiuti.

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«Nel 2000 abbiamo piantato in alcune vasche chiuse della discarica di Bellolampo alcune leguminose legnose, ossia le ginestre – spiega Anna Maria Puglia, del dipartimento di Biologia cellulare e dello sviluppo –. Queste piantine, con il supporto di batteri capaci di catturare l’azoto nell’aria e trasferirlo nel terreno, hanno rigenerato quell’ambiente, facendolo rifiorire. Con lo stesso sistema abbiamo ottenuto buoni risultati anche in Tunisia, per contrastare il fenomeno della desertificazione». Sempre le specie microbiche sono all’origine di un nuovo sistema di pulitura e restauro dei beni monumentali, danneggiati da incrostazioni di microrganismi e sistemi biologici, come licheni e alghe, che vengono asportate biologicamente dai batteri senza l’utilizzo di alcun agente chimico, come illustrato da Franco Palla, del dipartimento di Scienze botaniche. E’ già in funzione, invece, il “naso elettronico” brevettato dall’Università di Brescia. Il suo utilizzo viene curato dal dipartimento di Scienze fisiche e dal Cnr. «Si avvale di speciali sensori – spiega Maurizio Leone, prorettore alla Ricerca -, che riescono a riconoscere le componenti gassose dei vari prodotti. E’ utilizzato per il controllo di qualità dell’olio d’oliva, ma anche per il caffè, la frutta, il pomodoro, il cioccolato». Nel campo medico, fra le varie ricerche, c’è quella messa a punto dal dipartimento di Oncologia sperimentale e applicazioni cliniche, sulle cellule beta per curare il diabete di tipo 1. «Siamo riusciti a produrre cellule che producono insulina da cellule dell’occhio e del cordone ombelicale – spiega l’endocrinologa Carla Giordano -. Un risultato importantissimo, perché sarà l’unica alternativa al trapianto di pancreas per i malati di diabete, che devono sottoporsi più volte al giorno alle iniezioni di insulina». Altri progetti sono in corso nel campo delle nanotecnologie applicate alla biologia e alla medicina, per la produzione di gel per il rilascio graduale di farmaci, nel settore dell’ingegneria tissutale per la riparazione dei tessuti e nella produzione di biocarburanti attraverso l’utilizzo degli scarti di lavorazione, per esempio con le vinacce.

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