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“Passo a due”: molta fiction e poco musical per l’esordio di Kledi

  • 10 ottobre 2005

Passo a due
Italia 2005
Di Andrea Barzini
Con Kledi Kadiu, Laura Chiatti, Genti Kame, Stefania Barca, Monica Vallerini, Nathalie Guetta

Kledi Kadiu, il celebre ballerino albanese di “Buona Domenica”, “C’è posta per te” e “Amici di Maria dei Filippi”, arriva al grande schermo protagonista di “Passo a due”, interpretando un alter ego di sé stesso in una vicenda dagli echi autobiografici. La storia è quella di Beni, studente dell’Accademia di danza di Tirana, che arriva in Italia credendo di trovare “Lamerica” e invece s’imbatte in un’impresaria-negriera che lo schiavizza sfruttando la sua condizione di clandestino. Ma, galeotta un’audizione per un programma televisivo, riuscirà a realizzare il suo sogno e – naturalmente – a trovare l’amore. Si tratta di un film senza troppe pretese che, per stessa ammissione dell’autore e del protagonista, ha come unico scopo intrattenere le giovani appassionate di danza, di musica pop e di storie d’amore. Se si deve muovere un appunto, questo riguarda la parte coreografica, vera ragion d’essere del film, che risulta un poco sacrificata, nonostante Kledi, per i suoi fan, si offra in numerose esibizioni (e conceda anche qualche apparizione a torso nudo per la gioia delle fanciulle). Infatti, avrebbero potuto essere inseriti più numeri di musical puro, sottraendo spazio alla narrazione vera e propria.

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Certo, non sarebbe guastato un maggior approfondimento sui disagi dell’immigrazione (qui rappresentati in maniera sin troppo edulcorata) e si sarebbe potuto evitare qualche eccesso stilistico (la regia videoclippara che abbonda di ralenty e di montaggio accelerato) e qualche stereotipo di troppo (la sequenza di allenamento presa in prestito da “Flashdance”). E se come attore Kledi non se la cava neanche male, è, invece, la recitazione del resto del cast a risentire di un’impostazione un po’ troppo televisiva, che finisce per risultare anonima. Abbiamo incontrato il ballerino alla conferenza stampa di presentazione del film a Palermo. Che Kledi Kadiu sia una persona alla mano, uno di quelli che “la fama non gli ha dato alla testa”, come si suol dire, lo si capisce da subito. Tanto per dirne una, eccolo arrivare in auto portandosi appresso delle esponenti del suo fan club. Regala alle ragazze emozionatissime un libro e si sottopone persino alle riprese di un video che sarà poi pubblicato sul loro sito web. Ci accoglie subito con l’entusiasmo di chi ha avuto successo: “Passo a due” è stato il secondo film italiano più visto nel week-end, dopo “Romanzo criminale”. «Sono contento di quest’esperienza. Il mio non è un film di grandi pretese, ma, assieme al regista e al coreografo, ci siamo sforzati di rappresentare la danza in maniera passionale» ci dice e chiacchieriamo a ruota libera su tutto ciò che lo riguarda: cinema, tv, danza.

Il fatto di aver raggiunto la notorietà grazie ai programmi di Maria De Filippi e Maurizio Costanzo ha contribuito ad etichettarti più come personaggio televisivo che come ballerino. La cosa ti ha dato fastidio?
«Assolutamente no. Ogni personaggio famoso deve il proprio successo a qualcuno che ha creduto in lui e lo ha lanciato nel mondo dello spettacolo. Il fatto che dietro di me ci siano Maria e Maurizio è soltanto un onore e li ringrazierò sempre per la fiducia che hanno riposto nel mio talento».

Che cosa pensi dei critici che definiscono questi programmi “tv spazzatura”?
«Il lavoro del critico è quello di criticare. È giusto che ognuno esprima le proprie opinioni. A me personalmente fa piacere sentire sia le valutazioni positive, sia quelle negative. Di solito, poi, è diffusa la convinzione che televisione e cinema siano due mondi separati. Si ritiene spesso che chi si occupa di cinema sia intoccabile, mentre chi lavora in tv non possa passare al grande schermo. Penso che siano pregiudizi: il cinema lo deve fare chi è portato».

“Passo a due” critica duramente un certo modo di fare tv: marchette, raccomandazioni, rivalità…
«Sì. Il film racconta delle situazioni reali. È quello che si vive ogni giorno nel mondo dello spettacolo».

Hai vissuto personalmente queste esperienze?
«Assolutamente sì. Ma non solo io. In questo ambiente è la norma. Molte volte capita di imboccare una cattiva strada, ma è giusto che sia così. Non si può avere tutto e subito: anche io in passato ho vissuto dei momenti difficili, però hanno contribuito sicuramente alla mia crescita professionale».

Essere d’origine albanese ti ha reso le cose più difficili?
«Non tanto il fatto di essere albanese, quanto di essere uno straniero. È normale che all’inizio ci siano difficoltà legate alla comunicazione e all’integrazione».

Sei stato oggetto di episodi di razzismo?
«Non direi. Anche perché con il mio lavoro spesso la nazionalità passa in secondo piano, in quanto la gente si concentra di più sulle questioni artistiche».

Non ti sembra che i programmi di oggi premino i ballerini improvvisati o i dilettanti più dei veri professionisti? Un esempio per tutti, il fenomeno Lecciso.
«Questo è il mondo televisivo di oggi. Non è colpa di nessuno. Ognuno va per la sua strada e penso che in tv ci sia posto per tutti, sia per chi ha le qualità, sia per chi non sa far niente. La mia disciplina, la danza, sta avendo in questo periodo un grande successo, come testimoniano le numerose trasmissioni televisive dedicate all’argomento».

Apparentemente “Passo a due” può essere accostato al film di Costantino, “Troppo belli”. Che differenza c’è tra le due pellicole?
«Non c’è neanche da fare il paragone. Io ho il mio mestiere, che faccio da una vita. Non ho niente contro Costantino e Daniele, li conosco di persona e mi sono simpatici. Semmai la colpa è di chi ha voluto coinvolgerli in quell’impresa».

Cosa c’è nel tuo futuro?
«C’è un altro film, “La cura del gorilla”, che ho girato in estate con Claudio Bisio e Stefania Rocca e che uscirà a marzo. Faccio sempre la parte di un ragazzo albanese, ma questa volta non ballerino! Nel frattempo continuo a fare televisione con “Amici di Maria de Filippi”».

È stato faticoso insegnare a ballare alla De Filippi?
«In realtà non ci sono mai riuscito. Rimane ferma lì dov’è. È una cosa autoironica».

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