Potrebbe esplodere la stella più vicina alla Terra: gli esperti di Palermo svelano la data
Gli astronomi si stanno preparando a questo evento seguendo passo dopo passo i segnali la prossima eruzione potrebbe rendere la sorgente visibile a occhio nudo
La nova ricorrente T Coronae Borealis
La nova ricorrente T Coronae Borealis, a circa tremila anni luce da noi, potrebbe secondo gli astronomi esplodere di nuovo entro il 2026, diventando visibile anche a occhio nudo. Le recenti osservazioni e le simulazioni condotte all’Inaf di Palermo confermano i segnali di un’attività crescente. Lo studio è in uscita su "Astronomy&Astrophysics".
Una nova è un sistema caratterizzato da esplosioni periodiche accompagnate da improvvisi aumenti di luminosità. Si tratta di sistemi binari composti da una stella evoluta (una gigante rossa) e da un oggetto compatto, tipicamente una nana bianca. Quest’ultima accresce materia dalla compagna: il materiale strappato alla gigante forma un disco di accrescimento prima di precipitare sulla superficie della nana bianca.
L’eruzione avviene quando la materia accumulata raggiunge temperature e pressioni così elevate da innescare una reazione termonucleare incontrollata. T Coronae Borealis è la nova ricorrente più vicina a noi, a una distanza di circa tremila anni luce, la metà di quella della successiva sorgente più vicina della stessa classe, RS Ophiuchi (a 5300 anni luce).
Ma non è solo la sua vicinanza a renderla un oggetto di grande interesse: le sue ultime eruzioni documentate risalgono al 1866 e al 1946, separate da circa 80 anni. Se questo intervallo nasconde una periodicità, la prossima eruzione potrebbe dunque avvenire nel 2026, rendendo la sorgente visibile anche a occhio nudo (nel nostro cielo il periodo migliore di osservabilità sarà in primavera e in estate). A supportare questa ipotesi vi sono numerose osservazioni recenti, che indicano un aumento del tasso di accrescimento di materiale sulla nana bianca, variazioni della luminosità ottica e una maggiore attività alle alte energie.
Gli astronomi si stanno preparando a questo evento, del quale avevamo già parlato su Media Inaf, seguendo passo dopo passo i segnali del possibile imminente risveglio. Tra loro anche il team guidato da Salvatore Orlando dell’Inaf di Palermo, primo autore di un articolo in uscita su Astronomy&Astrophysics che riporta simulazioni tridimensionali dell’esplosione, mirate a prevedere l’emissione di raggi X da parte della sorgente. «Il nostro modello tridimensionale fornisce una previsione quantitativa e realistica dell’emissione di raggi X che accompagnerà la prossima eruzione di T Coronae Borealis, ricostruendo nel dettaglio il comportamento dell’onda d’urto all’interno di un ambiente circumbinario complesso e asimmetrico», spiega Orlando.
«Questo lavoro offre una solida base predittiva per interpretare le osservazioni non appena l’evento si verificherà, aiutando a definire con maggiore precisione i parametri dell’esplosione, la struttura del mezzo circostante e i processi fisici che governano l’evoluzione delle novae ricorrenti, dei loro resti e dei potenziali progenitori di supernove di tipo Ia».
Per rendere le simulazioni il più realistiche possibile, la morfologia e le proprietà fisiche del sistema sono state definite sulla base delle osservazioni raccolte tra una eruzione e l’altra, in particolare in banda radio. Oltre alla nana bianca e alla gigante rossa, il modello tiene conto anche del disco di accrescimento e del materiale circumbinario prodotto dal vento della gigante.
Quest’ultimo presenta un tasso di perdita di massa di circa quattro miliardesimi di massa solare all’anno ed è caratterizzato da una bassa densità (circa un milione di particelle per centimetro cubo). Il sistema mostra inoltre una sovradensità equatoriale a forma di anello, che influenza la propagazione dell’esplosione.
Le simulazioni mostrano che, a causa della presenza del disco e della sovradensità equatoriale, l’onda d’urto generata dall’esplosione sarà fortemente asimmetrica, propagandosi preferenzialmente lungo i poli con una geometria bipolare. L’impatto dell’esplosione sulla gigante rossa contribuirà a deformare la struttura dell’onda d’urto.
L’emissione di raggi X si suddividerà in tre fasi principali, corrispondenti alle diverse regioni del sistema interessate dal passaggio dell’onda: una fase iniziale (della durata di poche ore) di emissione ad alta energia prodotta dal materiale del disco di accrescimento; una fase intermedia (alcune settimane) dominata dall’emissione a più bassa energia dei frammenti espulsi dall’esplosione; una fase finale, più duratura, in cui l’emissione X sarà associata al mezzo circumbinario.
T Coronae Borealis è anche oggetto di una lunga campagna di osservazioni effettuate con il telescopio automatico dell’Inaf di Palermo, per seguirne la variabilità fino al prossimo burst. «Studiare questo oggetto - conclude Orlando - significa cercare di svelare i meccanismi più nascosti dell’interazione tra l’onda d’urto dell’esplosione e il mezzo che la circonda, sapendo che questi processi non possono essere osservati con il livello di dettaglio raggiunto dalle nostre simulazioni.
Comprendere tali dinamiche permette di ricostruire la vita del sistema binario, fatta di complessi scambi di materia tra le due stelle compagne, e di delinearne il possibile cammino evolutivo, che potrebbe culminare in una supernova di tipo Ia. È un po’ come indagare su un frammento di storia stellare, avvenuto secoli fa, e che potrebbe essere rivelato nei prossimi mesi grazie alle osservazioni della nova ed alle predizioni del nostro modello».
Una nova è un sistema caratterizzato da esplosioni periodiche accompagnate da improvvisi aumenti di luminosità. Si tratta di sistemi binari composti da una stella evoluta (una gigante rossa) e da un oggetto compatto, tipicamente una nana bianca. Quest’ultima accresce materia dalla compagna: il materiale strappato alla gigante forma un disco di accrescimento prima di precipitare sulla superficie della nana bianca.
L’eruzione avviene quando la materia accumulata raggiunge temperature e pressioni così elevate da innescare una reazione termonucleare incontrollata. T Coronae Borealis è la nova ricorrente più vicina a noi, a una distanza di circa tremila anni luce, la metà di quella della successiva sorgente più vicina della stessa classe, RS Ophiuchi (a 5300 anni luce).
Ma non è solo la sua vicinanza a renderla un oggetto di grande interesse: le sue ultime eruzioni documentate risalgono al 1866 e al 1946, separate da circa 80 anni. Se questo intervallo nasconde una periodicità, la prossima eruzione potrebbe dunque avvenire nel 2026, rendendo la sorgente visibile anche a occhio nudo (nel nostro cielo il periodo migliore di osservabilità sarà in primavera e in estate). A supportare questa ipotesi vi sono numerose osservazioni recenti, che indicano un aumento del tasso di accrescimento di materiale sulla nana bianca, variazioni della luminosità ottica e una maggiore attività alle alte energie.
Gli astronomi si stanno preparando a questo evento, del quale avevamo già parlato su Media Inaf, seguendo passo dopo passo i segnali del possibile imminente risveglio. Tra loro anche il team guidato da Salvatore Orlando dell’Inaf di Palermo, primo autore di un articolo in uscita su Astronomy&Astrophysics che riporta simulazioni tridimensionali dell’esplosione, mirate a prevedere l’emissione di raggi X da parte della sorgente. «Il nostro modello tridimensionale fornisce una previsione quantitativa e realistica dell’emissione di raggi X che accompagnerà la prossima eruzione di T Coronae Borealis, ricostruendo nel dettaglio il comportamento dell’onda d’urto all’interno di un ambiente circumbinario complesso e asimmetrico», spiega Orlando.
«Questo lavoro offre una solida base predittiva per interpretare le osservazioni non appena l’evento si verificherà, aiutando a definire con maggiore precisione i parametri dell’esplosione, la struttura del mezzo circostante e i processi fisici che governano l’evoluzione delle novae ricorrenti, dei loro resti e dei potenziali progenitori di supernove di tipo Ia».
Per rendere le simulazioni il più realistiche possibile, la morfologia e le proprietà fisiche del sistema sono state definite sulla base delle osservazioni raccolte tra una eruzione e l’altra, in particolare in banda radio. Oltre alla nana bianca e alla gigante rossa, il modello tiene conto anche del disco di accrescimento e del materiale circumbinario prodotto dal vento della gigante.
Quest’ultimo presenta un tasso di perdita di massa di circa quattro miliardesimi di massa solare all’anno ed è caratterizzato da una bassa densità (circa un milione di particelle per centimetro cubo). Il sistema mostra inoltre una sovradensità equatoriale a forma di anello, che influenza la propagazione dell’esplosione.
Le simulazioni mostrano che, a causa della presenza del disco e della sovradensità equatoriale, l’onda d’urto generata dall’esplosione sarà fortemente asimmetrica, propagandosi preferenzialmente lungo i poli con una geometria bipolare. L’impatto dell’esplosione sulla gigante rossa contribuirà a deformare la struttura dell’onda d’urto.
L’emissione di raggi X si suddividerà in tre fasi principali, corrispondenti alle diverse regioni del sistema interessate dal passaggio dell’onda: una fase iniziale (della durata di poche ore) di emissione ad alta energia prodotta dal materiale del disco di accrescimento; una fase intermedia (alcune settimane) dominata dall’emissione a più bassa energia dei frammenti espulsi dall’esplosione; una fase finale, più duratura, in cui l’emissione X sarà associata al mezzo circumbinario.
T Coronae Borealis è anche oggetto di una lunga campagna di osservazioni effettuate con il telescopio automatico dell’Inaf di Palermo, per seguirne la variabilità fino al prossimo burst. «Studiare questo oggetto - conclude Orlando - significa cercare di svelare i meccanismi più nascosti dell’interazione tra l’onda d’urto dell’esplosione e il mezzo che la circonda, sapendo che questi processi non possono essere osservati con il livello di dettaglio raggiunto dalle nostre simulazioni.
Comprendere tali dinamiche permette di ricostruire la vita del sistema binario, fatta di complessi scambi di materia tra le due stelle compagne, e di delinearne il possibile cammino evolutivo, che potrebbe culminare in una supernova di tipo Ia. È un po’ come indagare su un frammento di storia stellare, avvenuto secoli fa, e che potrebbe essere rivelato nei prossimi mesi grazie alle osservazioni della nova ed alle predizioni del nostro modello».
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