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Quel modo di dire "affettuoso" all'amico nei guai: "Se ti arrestano le arance te le porto io"

Quante volte l'avete detto o ve lo siete simpaticamente sentito dire da amici spiritosi? Vi sveliamo le origini di questo antico modo di dire con cui si cerca di sdrammatizzare...

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 15 febbraio 2022

Il signor Emilio era il dentista di nonno e di nonna. Dico signor, e non dottor, perché veniva da una non meglio identificata regione del nord e più che per l’odontoiatria sembrava avere una passione per i vigneti e tutte le sue varianti. Per carità, allegro era allegro a tutte le ore del giorno, magari troppo, e chissà perché, ogni volta che faceva male un dente consigliava sempre un bicchierino di Vecchia Romagna per placare il dolore.

Ecco, diciamo che quel detto che recita “togliamoci il dente malato” con lui non era proprio una formula così tanto scientifica perché l’identificazione del cariato reo somigliava più al gioco “I soliti ignoti” condotto da Amadeus. Comunque, dottore o non dottore, grazie ad Emilio, mio nonno e mia nonna all’età di sessant’anni potevano vantare una smagliantissima dentiera adesiva bianco Hollywood. Finito con loro, passava a me per una visita vagamente pediatrica.
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"Ma non è troppo sicco?", chiedeva nonna preoccupata. “Due bicchieri al giorno” di Vecchia Romagna, stava per dire Emilio mai poi si correggeva e diceva “di spremuta d’arance”. Così, con hitleriana verve e gentil comando nonna mandava nonno al mercato di Ballarò a comprare chili e chili arance, trasportate rigorosamente a mano per chilometri, il che spiega come facessero gli antichi egizi a caricare i famosi blocchi per la costruzione delle piramidi.

“Ma che dobbiamo fare cu tutte ste arance,” chiedeva giustamente nonno preoccupato per la schiena, “gliele dobbiamo portare ai carcerati?”. “Portare le arance ai carcerati…”, mi sono sempre chiesto, “perché proprio le arance ai carcerati?. ”Partiamo dal fatto che dai tempi dell’Antica Grecia fino all’era dei carcerati alla vitamina c, il prezzo delle arance ha subito una fortissima deflazione.

E già, prima venivano chiamate mele d’oro. Il mito racconta che una volta preso il potere, Zeus decise che era arrivato il momento di sposarsi. Ora, fra tutte le donne che c’erano chi si va scegliere? Era, sua sorella e pure più piccola di lui. La bella Era però stava confinata nell’isola di Eubea insieme alla nutrice Macris che era mille volte più malocarattere della signorina Rottermeier di Heidi.

Ora, dovete sapere che Zeus aveva una fissa per donne quasi ossessiva; era così ossessionato che spesso e volentieri pur di arrivare al suo obbiettivo si trasformava in animali o strane creature. Un giorno che Era stava facendo una passeggiata nelle campagne ricoperte di neve trovò un cuculo intirizzito dal freddo: per proteggerlo, lo prese e se lo mise sotto la veste. Sim Sala Bim, trucco alla mago Silvan, Zeus si trasformò in un avvenente giovane e rivelò la sua identità e suoi scopi.

Al matrimonio c’erano proprio tutti, compreso Dionisio che si occupava del vino e che, secondo me, doveva essere antenato di Emilio. Per tornare alle arance, erano considerate così tanto preziose che Era come dote di matrimonio portò proprio alcuni alberelli presi dal suo stesso pezzo di terreno, nonché giardino delle Esperidi, dove stavano custoditi questi famosi “pomi d’oro”.

Da Zeus ai carcerati di storia ne passa tanta, mai noi prendiamo il cartellino degli imprevisti e andiamo in prigione senza passare dal via. Il 1800 senza ombra di dubbio è stato un secolo denso di storia in cui non ci si poteva annoiare: moti, briganti, guerre e malattie. Le carceri del tempo, che non erano proprio dei degli hotel stellati dalle cucine gourmet, sviluppavano più malattie e varianti dell’istituto di Virologia di Wuhan. In questo senso, girando per la prigione si potevano trovare tantissimi carcerati scorbutici.

No, non scorbutici perché erano incazzati, lo erano perché malati. Lo scorbuto infatti è una malattia causata da una grave e prolungata carenza di vitamina C. Se vi state chiedendo se il significato scorbutico, inteso come brutto carattere, sia associato alla malattia la risposta è sì.

Basta leggerne i sintomi: apatia, astenia, cachessia (non è quello che pensate), depressione, dolori articolari, dolori muscolari, ecchimosi, gengive gonfie, gengive ritirate… grazie al mazzo che gli veniva il brutto carattere. Per questo motivo, dato che il secolo in questione, tanto per non farsi mancare nulla, fu accompagnato da svariate carestie, i prigionieri non potevano far conto di una dieta certo mediterranea ma solo dell’iconico menù “pane & acqua”.

Onde evitare che si corresse il rischio di contrarre lo scorbuto, erano quindi i parenti stessi che si adoperavano affinché il congiunto in villeggiatura ricevesse la giusta quantità di vitamina c. Questo è il motivo per cui si dice “portare le arance ai carcerati”… la prossima volta vi trovate di fronte al venditore di arance cercate quindi di essere meno scorbutici.
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