STORIA E TRADIZIONI
Ci vai per l'anima gemella o "aggiustare" i mariti: a Palermo c'è il rito delle rose
Ancora oggi ci sono tante donne, giovani e non, che pregano Santa Rita per trovare un fidanzato, un compagno che possa apportare qualcosa di positivo alla loro vita

Santa Rita da Cascia
Unico scopo di una fanciulla era dunque quello di dover trovare marito; recitava un proverbio siciliano maschilista e violento: “Fimmina a diciott’anni/ Maritala o la scanni” (Pitrè, Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo siciliano, 1889).
A volte non era facile accasarsi, soprattutto se non si era particolarmente attraenti; tuttavia se si disponeva di una buona dote, il denaro e le proprietà rendevano sopportabili anche i difetti fisici.
In una lettera alla baronessa Ida Von Reinsberg Duringsfeld, che chiedeva notizie sugli usi nuziali più comuni in Sicilia, Giuseppe Pitrè scriveva: “Le riferisco così alla buona quanto mi è venuto fatto di appurare e di raccogliere sull’argomento. Le ragazze siciliane hanno in comune con tutte le ragazze del mondo il desiderio di trovare presto un giovane con cui sposarsi”.
Il Pitrè spiegava che come recitava un lungo canto siciliano, intitolato la ragazza, la maritata e la vedova, secondo il popolo la donna era felice solo quando era moglie, se diventava vedova non sapeva darsi pace per la perdita dello sposo e se rimaneva zitella non riusciva a rassegnarsi, e chiedeva ad amici e parenti di aiutarla a trovare un uomo.
Quando il sospirato compagno non arrivava, la ragazza era costretta a rivolgersi ai mediatori celesti: ai santi! Le ragazze “schette” pregavano Sant’Antonino, (ossia S. Antonio da Padova).
Il Santo secondo una diffusa leggenda, aveva trovato marito a una povera orfanella che piangeva giorno e notte, in ginocchio, chiedendo il miracolo di riuscire a maritarsi.
Ancora oggi in Portogallo e in America Latina, S. Antonino è considerato il patrono che aiuta chi cerca l’anima gemella. Le ragazze portoghesi pregano più o meno cosìcosì: “Fa che io sia realista, fiduciosa, degna e gioiosa, fa che trovi un fidanzato che mi piaccia, che sia lavoratore, virtuoso e responsabile".
Le zitelle un tempo in Sicilia facevano “la tredicina”, ossia nei tredici giorni che precedevano la festa di Sant’Antonino, lo pregavano devotamente, insieme a San Pasquale e Sant’Onofrio, per trovare il fidanzato. Così pregavano: “Sant’Antoninu mittitilu ‘n camminu; San Pasquali facitilu fari; Santu Nufriu gluriusu: beddu, picciottu e graziusu! (Sant’Antonino mettetelo in cammino; San Pasquale fatelo fare; Sant’Onofrio glorioso: bello, giovane e grazioso!).
A Sant'Onofrio le ragazze in cerca di marito rivolgevano anche un’altra preghiera: “Santu Nofriu, pilusu, io vi prego di cca juso: Vui sta grazia m’aviti a fari io mi vogghiu maritari!” (Sant’Onofrio peloso, io vi prego da quaggiù: Voi ‘sta grazia me la dovete fare, io mi voglio maritare!); poi facevano offerte in denaro, accendevano lumini e dedicavano messe per ottenere la grazia.
Dopo la canonizzazione della monaca agostiniana Santa Rita da Cascia, il 24 maggio del 1900, da parte del Papa Leone XIII, si diffuse anche a Palermo la devozione di pregare questa santa nella chiesa di Sant’Agostino in Via Bandiera. La tradizione, che ormai ha oltre un secolo, vuole che le donne si rivolgano alla miracolosa Santa per trovare un buon partito e poter finalmente sposarsi.
Fino a una ventina di anni fa le ragazze, a volte vestite con “l’abitino” nero di Santa Rita, facevano i "Quindici Giovedì", ossia partecipavano alle funzioni religiose e pregavano con devozione, nei quindici giovedì che precedevano la festa di Santa Rita, il 22 maggio. A casa inoltre accendevano una candela rosa e così pregavano: “Santa Rita fammi zita, Santa Rosa fammi sposa, Madonna di lu Rumiteddu fammi truvari i mariteddu”. Il giorno dopo portavano un’offerta in chiesa.
Non sempre il matrimonio tanto desiderato si rivelava però fonte di gioia per le ragazze e allora Santa Rita veniva invocata dalle mal maritate per ottenere aiuto: era conosciuta dal popolo palermitano, in particolare nel quartiere del Capo, come la Santa “aggiustamariti”, faceva ravvedere i mariti che andavano “raddrizzati”. Alcuni avevano il vizio di ubriacarsi, altri del gioco d’azzardo, altri erano violenti, altri andavano dietro alle donne… .
Le mogli preoccupate e addolorate da questi comportamenti chiedevano alla Santa di redimere, cambiare, raddrizzare i propri mariti, confidando che la santa dei casi impossibili, avvocata dei casi disperati, avrebbe esaudito la grazia.
Le malmaritate si identificavano con la Santa, che prima di farsi monaca era stata sposata e aveva avuto una vita alquanto tormentata; solo grazie al suo carattere mite era riuscita col tempo ad addolcire lo spirito impulsivo, orgoglioso e violento del marito ghibellino Paolo Mancini; ma una notte mentre rincasava lo sposo era stato ucciso in un agguato e da lì a poco anche i due figli di Rita erano morti.
A Palermo la devozione per Santa Rita da Cascia, si diffuse soprattutto dopo il 1922, anno in cui si organizzò la prima festa in onore della santa agostiniana; da allora ogni anno il 22 maggio, nel quartiere Capo per tutto il giorno, è un incessante via vai di popolo; dal primo mattino e fino a tarda sera i fedeli affluiscono da ogni parte della città e affollano la chiesa degli agostiniani, portando con sé le rose, che vengono benedette.
Commovente è il momento della benedizione delle rose: i fedeli pregano e alzano al cielo le loro rose rosse, bianche, rosa, gialle… i sacerdoti percorrono la navata della chiesa, aspergendo di acqua benedetta centinaia di fiori sollevati in direzione del fercolo di Santa Rita, posto davanti all’altare maggiore.
Anche se non si è credenti, il profumo intenso delle rose, la luce delle candele e la devozione della folla suscitano un’emozione molto forte.
Le rose benedette vengono poi portate a casa dai fedeli e donate a chi ha bisogno di una grazia, per esempio agli ammalati. Il rito di benedizione ricorda il miracolo della fioritura in pieno inverno del roseto di Santa Rita a Rocca Porena: un episodio testimoniato da molte fonti durante il processo di beatificazione della monaca agostiniana.
Si narra che Santa Rita, durante la sua malattia, avesse chiesto una rosa a sua cugina, che era in visita da lei in convento. La cugina, si recò al roseto di Roccaporena e trovò con grande meraviglia tra la neve una rosa fiorita.
Una fioraia davanti alla chiesa di Sant’Agostino ci ha confidato che ancora oggi ci sono tante ragazze e tante donne che pregano Santa Rita per trovare un fidanzato, un compagno che possa apportare qualcosa di positivo alla loro vita, un partner con cui condividere gioie e difficoltà, un amico, un amante e un compagno di viaggio verso il futuro… fanno bene a pregare la Santa delle cause impossibili, perché effettivamente, ci vuole un miracolo per trovare un uomo così!
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