CULTURE DIGITALI
Smart Working, nuove geografie e mappe del possibile per un sud che cambia
Inizia una nuova avventura, questo corner di Balarm che, insieme a DigitalMakers, si assume la responsabilità di osservare e amplificare il racconto del digitale e dell’innovazione

Un'immagine-disegno di uno scorcio della città di Palermo
Vi invitiamo a interagire con questa rubrica, questo corner di Balarm che, insieme a DigitalMakers, si assume la responsabilità di osservare e amplificare. Scriveteci. Proponeteci idee, esperienze, intuizioni. Questo spazio nasce da Palermo, dalla Sicilia, e guarda a chi resta, chi torna, chi arriva. Vuole evocare un pensiero in movimento – visionario ma radicato – che superi la retorica tecnologica e interroghi il digitale come leva per ripensare relazioni, comunità e linguaggi, nel lavoro e nella società.
Negli ultimi anni si è parlato tanto di “ritorno al Sud”, di cervelli in fuga che rientrano, di vite slow e low-cost con vista mare. Dovremmo anche essere un po’ stanchi, di questa retorica stinta. Sì, vivere qui ha i suoi benefici. Ma non basta. Perché qui ci sono contenuti, prima ancora che una splendida forma. Palermo – e con lei tutta la Sicilia – oggi non è più (solo) rifugio: è laboratorio. È una città da vivere, ma soprattutto da ripensare attivamente.
Qui si lavora da remoto, si creano progetti internazionali, si fondano startup. E intanto si prende un caffè alla Kalsa fronte mare, si fa una call nei vicoli del centro storico, si discute di AI su terrazze soleggiate con vista cupole barocche. Tutto bellissimo? Non sempre. Perché ci sono ancora difficoltà, caos, servizi incompleti, reti instabili. Ma lo smartworking non ha solo trasformato il modo in cui lavoriamo.
Ha ridisegnato la geografia del desiderio. Mentre le metropoli si polarizzano e si assomigliano, sempre più professionisti – italiani e internazionali – scelgono la Sicilia come base operativa. Senza contare chi ritorna, da siciliano. Non solo per il clima e la bellezza. Ma per un’energia creativa disordinata, viva, irripetibile. Qui la connessione non è solo Wi-Fi. È umana, urbana, sensoriale, culturale.
Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel 2023 in Italia si contano circa 3,585 milioni di lavoratori agili, con una lieve flessione rispetto al post-pandemia ma con una stabilizzazione nel settore privato. Nel Sud Italia, e in particolare in Sicilia, il tasso di adozione resta più basso rispetto al Nord e ai grandi centri, complice la minore diffusione di infrastrutture digitali e una cultura del lavoro ancora legata alla presenza fisica. Tuttavia, Palermo è entrata nella lista delle 20 città più apprezzate su Nomadlist dai lavoratori da remoto, mentre Catania si sta ritagliando uno spazio crescente grazie a hub universitari e startup tecnologiche emergenti.
Sempre più aziende nazionali (e alcune estere) offrono oggi la possibilità di lavorare in smartworking anche dal Sud, approfittando dei costi più contenuti e di una qualità della vita che rimane alta. Il futuro non è ancora realizzato, ma si sta delineando. La traiettoria è tracciata: servono scelte politiche, investimenti digitali, infrastrutture, visione. E soprattutto serve comunità. Ecosistema. Perché la Sicilia, oggi più che mai, può essere un luogo dove si lavora da remoto, ma si pensa in grande. Insieme.
Il Sud, con i suoi paradossi e le sue lentezze, può sembrare il contrario dell’efficienza. Ma forse è proprio questo il punto.Chi lavora nel digitale, nella creatività, nell’innovazione, non ha più bisogno solo di routine ottimizzate, ma di stimoli laterali, di frizioni fertili. Palermo è una piattaforma viva, dove:
• il valore nasce anche fuori dagli spazi istituzionali
• le reti professionali sono informali ma reattive
• il tempo è meno misurabile, ma più denso
Un luogo dove il lavoro non si misura in ore, ma in conversazioni, intuizioni, sincronie improvvise. Un ecosistema ibrido (e ancora invisibile) prende forma in una mappa ancora non codificata, ma che prestissimo apparirà e dovremo essere pronti ad essere consapevoli e ottimi cartografi.
Negli ultimi cinque anni sono nati coworking, hub creativi, modelli di impresa decentralizzata. Esperienze che mescolano mondi diversi ed esperienze mixate. Eppure, come dicevamo questo ecosistema non ha ancora una mappa. Forse perché è liquido. Forse perché non si lascia catturare nei soliti schemi. O forse perché è ancora in divenire. E come ogni cosa in divenire ha la ricchezza immensa del potenziale e anche il deficit di non essere ancora atto. Un equilibrio pericoloso e stimolante che ci chiama ad una responsabilità, soprattutto per noi che viviamo questa terra attivamente. La responsabilità di fare sistema, di investire e di credere a lungo termine ad una visione che sta prendendo forma.
In un mondo dove le città competono in storytelling, Palermo in particolare, come sineddoche per la Sicilia tutta, non ha bisogno di promuoversi come capitale dello “slow living”. Palermo è interfaccia: porosa, stratificata, contraddittoria. Una città che ti costringe a stare nel presente e nel passato contemporaneamente. Che ti chiede di uscire di casa per capire dove stai andando. Che ti regala pause, ma solo se le sai riempire di senso.
Palermo non è la nuova Berlino.
Non è la nuova Lisbona.
È Palermo.
E questo può bastare.
Ma se vogliamo costruire un futuro davvero radicato, serve visione. Per questo, "Culture Digitali" insieme a Balarm e Digitalmakers lancia uno sportello aperto sullo smart working in Sicilia: una mappa in evoluzione, una raccolta di storie, un osservatorio fluido su chi sta reinventando il lavoro, l’innovazione, da qui. Perché il Sud non è (più) solo periferia geografica. È centro di gravità per nuovi modelli di presenza, produzione e comunità.
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