STORIE

HomeNewsAttualitàStorie

Storie di chi resta (e ce la fa) a Palermo: l'architetto che ha "salvato" vicolo Scopari

Sergio, classe 1976, dopo la laurea e un'esperienza all'estero decide di tornare nella sua città per migliorarla. Ecco come ha rigenerato un vicolo del centro

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 9 settembre 2023

Una foto di vicolo Scopari, nel quartiere Kalsa a Palermo

Quante volte vi sarete chiesti se è utile evidenziare il bello della nostra città? Se ne vale la pena in un contesto quasi totalmente nero, buio, senza luce in fondo al tunnel? Lo so, tante volte. L'alternativa perciò è sfogarsi e denunciare le brutture, le storture, lo sfacelo di una città senza scampo, senza vie di uscita se non quelle della rassegnazione o peggio dell'abbandono, ed ecco che a questo punto si matura la fuga, ovvero l'emigrazione.

Spesso mi chiedo se l'emigrazione giovanile, emigrazione intendo costretta e non per desiderio, per i motivi di cui sopra, sia una tendenza che debba durare in eterno o se alla quale qualcuno prima o poi si dedicherà al fine di arrestarla. Il fattore principale dell'emigrazione come sappiamo è la mancanza di lavoro che unita ad una continua, stressante inefficienza dei servizi e all'inciviltà di una parte della popolazione cittadina fa nascere in noi il desiderio di mollare tutto e andare via.
Adv
Ciò è comprensibile. Ma mi chiedo, quanti di noi, concretamente, hanno tentato di cambiare le cose? «Io ci ho provato» spesso mi sono sentito dire «Ho cercato lavoro ma...» e dopo il ma la descrizione di vari problemi noti perlopiù: dal lavoro a basso costo, a quello precario, a quello nero, ecc.

Per carità, tutte motivazioni valide e comprensibili. Però da qualche tempo ho deciso di raccontare le storie di chi, amando a tal punto la nostra città e restando a vivere nella stessa sta tentando con ostinazione di cambiarla e migliorarla, e tutto nasce dalla grande forza d'animo e dall'attaccamento ai luoghi natii.

Ovviamente, oltre alla forza d'animo, è fondamentale il contesto in cui si nasce e cresce, il livello di istruzione e a volte il coraggio di rischiare, ma non sottovaluterei del tutto la volontà d'animo e la resilienza di molti nostri concittadini. Ed eccoci al punto.

Questa è la storia di Sergio, un ragazzo palermitano del 1976, secondo me un buon esempio da seguire per invertire la tendenza dell'emigrazione. Sergio cresce in via Spagna nei pressi di viale Strasburgo, una periferia bene di Palermo, figlio di un Ingegnere, si laurea in Architettura e subito dopo decide di fare un'esperienza all'estero per non crogiolarsi negli allori familiari e imparare a cavarsela da solo.

Amante dell'arte si trasferisce da solo a Londra, trova lavoro al tiket office della National Gallery e rimane stregato dalla Vergine delle rocce di Leonardo. «Quando l'ho vista mi ha colpito la sindrome di Stendhal» mi ha detto. È forse questa che gli ha fatto maturare il bisogno di rientrare a Palermo.

Quando gli ho chiesto se avesse più tentato di emigrare mi ha risposto «E chi se ne vuole andare da qua». Sergio ha una forte personalità e un incredibile attaccamento alla città. Tornato a casa capisce che da architetto alle prime armi non è facile trovare lavoro, così si “rifugia” nello studio del padre per un certo periodo, grazie alla quale conosce imprenditori importanti nel mondo dell'edilizia e nel campo dell'arte.

Gli piace il lavoro nel cantiere, ma matura un'esigenza del tutto personale. Non abbandona l'idea di lavorare come architetto ed essendo ormai un costruttore di professione piega i suoi studi universitari verso un altro tipo di impresa nel settore alberghiero.

Nel 2007 è socio fondatore e vicepresidente di Faber et magister s.r.l. che rileva interamente nel 2012. Nel 2013 acquista alla Kalsa in via Scopari una serie di palazzine da trasformare in strutture ricettive, una sorta di complesso palaziale antico ma rudere, limitrofo al palazzo Chiaramonte Steri, che decide di ristrutturare mettendo in pratica i suoi studi di architetto visibili ad esempio nel modo in cui ha condotto le ristrutturazioni, restituendo la giusta importanza storica ed evidenziando le stratificazioni murarie e perfino i catusi, gli antichi impianti di scarico delle acque.

Sergio ha la passione per i luoghi in cui vive e che vive, è evidente e lo lascia trapelare già da una semplice chiacchierata. Nel 2018 è tra i fondatori dell'associazione Extralberga Palermo, la quale nel 2021 contribuisce alla fondazione della F.A.R.E. (Federazione Associazioni Ricettività Extralberghiera) e ne è attualmente il Tesoriere.

Oggi gestisce un albergo diffuso in via Scopari alla Kalsa, lo ha chiamato “Khalisah”, dal nome dell'antico quartiere arabo che solitamente traduciamo con “eletta” o “prescelta” in italiano, ma Sergio mi suggerisce, dopo aver parlato con un docente di storia e lingua araba, che in realtà per gli arabi del tempo non aveva alcun senso tradurre in “l'eletta” o “la prescelta” Al Halisa, quanto piuttosto in “L'esclusiva”, ma per la giusta traduzione letterale del toponimo rimandiamo a chi ha maggiori competenze.

Passeggiando tra la via Scopari e la piazza Zagarellai, ripristinata dal Comune, Sergio mi fa notare come non si debba confondere la “rigenerazione urbana” con l'abbellimento o la cura delle strade spesso propagandata per facili consensi.

La rigenerazione urbana è un processo lungo e pensato, una visione del territorio che possa restituirgli prestigio storico grazie alla sua bonifica e gli garantisca successivamente la rinascita. L'obbiettivo di Sergio non è semplicemente quello di tutelare il suo investimento, ma, al completamento dei suoi cantieri ancora in attività, quello di rendere fruibili spazi pubblici dimenticati e impensabili, luoghi in cui creare aggregazione dove regnino pulizia e decoro piuttosto che incuria e abbandono.

Sergio ha già rigenerato il vicolo Scopari che vi consiglio di andare a guardare, un angolino delizioso tutto da scoprire: da un arco si accede ad un piccolo slargo ove un tempo vi erano diversi catoi, oggi camere del suo albergo. Il luogo è curato con piante, sedili ricavati da cantoni di tufo ricoperti di maioliche, un mezzobusto bronzeo di un uomo austero che pare Ignazio Florio Sr., il pavimento è acciottolato, le mura in calcarenite e il soffitto ligneo intravato.

La visione di Sergio lo porta a credere che un giorno la via Scopari, che si congiunge da un lato con la via del 4 aprile, oggi più nota come Borgo Strafalè, e dall'altro con piazza Zagarellai, possa essere considerata parte di un intero borgo.

Sogni? Utopie? Si parte sempre da un sogno, ma le storie di palermitani che ci provano e ci riescono sono tante, ed io tutte le volte che ne troverò una la renderò nota, perché sono convinto che il marcio alla lunga stufa e non è un esempio da seguire, mentre il giusto, l'onesto, il poco noto ma efficace esempio di cittadinanza attiva debbano avere più lustro se vogliamo che le cose cambino.

Intanto, per onor di cronaca, la gente che abita nelle vicinanze dell'albergo di Sergio comincia a prendersi cura degli spazi che vive e questo per lui è uno dei più grandi traguardi.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI