"Come un granello di sabbia": la storia di Giuseppe Gulotta sul palco del Teatro Biondo
L'attore Salvatore Arena
È una storia misteriosa quella che ha visto protagonista Giuseppe Gulotta, che a diciotto anni venne arrestato e costretto a confessare l’omicidio di due carabinieri ad Alkamar, una piccola caserma in provincia di Trapani. Una storia che va in scena al Teatro Biondo di Palermo dal 13 al 15 novembre alle ore 21.
Prodotto da Mana Chuma Teatro e Fondazione Horcynus Orca, lo spettacolo è inquadrato in "[De]generazioni", la nuova Stagione del Teatro Biondo di Palermo (leggi l'articolo di approfondimento) e prende il nome di "Come un granello di sabbia".
Sul palco, Salvatore Arena come il delitto di cui venne accusato Gulotta nasconda in realtù un mistero indicibile: servizi segreti e uomini dello Stato che trattano con gruppi neofascisti, traffici di armi e droga. Per far calare il silenzio serviva un capro espiatorio, uno qualsiasi.
Gulotta ha vissuto ventidue anni in carcere da innocente e trentasei anni di calvario con la giustizia. Non è mai fuggito, ha lottato a testa alta, restando lì, come un granello di sabbia all’interno di un enorme ingranaggio. Fino al processo di revisione (il decimo, di una lunga serie), ostinatamente cercato e ottenuto, che lo ha definitivamente riabilitato.
La sua è una storia dai contorni oscuri e tormentati. Affrontare questi avvenimenti sulle tavole di un palcoscenico pone di fronte alla responsabilità di non tacere l’incredibile vicenda legale e la lunghissima serie di omissioni, errori, leggerezze, falsificazioni, palesi violazioni della legge, che oggi la definiscono come una vera e propria frode giudiziaria.
Prodotto da Mana Chuma Teatro e Fondazione Horcynus Orca, lo spettacolo è inquadrato in "[De]generazioni", la nuova Stagione del Teatro Biondo di Palermo (leggi l'articolo di approfondimento) e prende il nome di "Come un granello di sabbia".
Sul palco, Salvatore Arena come il delitto di cui venne accusato Gulotta nasconda in realtù un mistero indicibile: servizi segreti e uomini dello Stato che trattano con gruppi neofascisti, traffici di armi e droga. Per far calare il silenzio serviva un capro espiatorio, uno qualsiasi.
Gulotta ha vissuto ventidue anni in carcere da innocente e trentasei anni di calvario con la giustizia. Non è mai fuggito, ha lottato a testa alta, restando lì, come un granello di sabbia all’interno di un enorme ingranaggio. Fino al processo di revisione (il decimo, di una lunga serie), ostinatamente cercato e ottenuto, che lo ha definitivamente riabilitato.
La sua è una storia dai contorni oscuri e tormentati. Affrontare questi avvenimenti sulle tavole di un palcoscenico pone di fronte alla responsabilità di non tacere l’incredibile vicenda legale e la lunghissima serie di omissioni, errori, leggerezze, falsificazioni, palesi violazioni della legge, che oggi la definiscono come una vera e propria frode giudiziaria.
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