"Il viaggio del Guerrin meschino": danza, teatro e letteratura al Museo Riso

Cosa succede se linguaggi eterogenei come danza, teatro, musica e arti visive si incontrano, contaminandosi l'uno con l'altro? Con un programma interamente dedicato ai “meticciaggi" e alle "contaminazioni” si presenta al pubblico la nuova rassegna "Contemporaneo sensibile" in programma al Museo Riso di Palermo.
Mercoledì 9 e giovedì 10 aprile c'è invece lo spettacolo di danza, teatro e letteratura "Il viaggio del Guerrin meschino", prodotto da Estreusa ed Mda produzioni, con Sebastiano Tringali, Cinzia Maccagnano, Gabriella Cassarino, Carlotta Bruni, Rosa Merlino e la regia e la coreografia di Aurelio Gatti .
"Il Guerrin Meschino" è una delle opere meno note di Gesualdo Bufalino. Rappresenta uno dei testi in cui maggiormente emerge il bagaglio accumulato dal Bufalino lettore: I tòpoi fondamentali del genere cavalleresco sono perpetrati attraverso il recupero di una vicenda narrata da Andrea da Barberino alla fine del XIV secolo e in cui si ritrovano le influenze delle altre grandi opere di questo plurisecolare filone letterario.
Ciò che maggiormente colpisce è la cornice in cui Bufalino inserisce tutto ciò: la vicenda cavalleresca, infatti, è messa in scena da un vecchio e lamentoso puparo che fin dalle prime battute rende chiara la propria rassegnazione nel trascorrere la parte conclusiva dell’esistenza (non si dovrebbe diventar vecchi…).
Egli paragona sé stesso a un pupo i cui fili sono manovrati dalle mani sapienti del destino, pronto a gareggiare e vincere al gioco delle tre carte (nonostante il protagonista conosca il trucco che gli garantirebbe il trionfo ). Non c’è tuttavia possibilità di scampo di fronte al fato e al cammino intrapreso: bisogna proseguire finanche un solo paio di occhi rimanga seduto a osservare la scena e il malcapitato attore che vi recita.
Nel seguire le sue vicende, si è catapultati in un mondo ricco di creature magiche, prove da superare, donzelle da salvare (il cui amore nasce e muore in pochi attimi), tornei cavallereschi, trasposizioni oniriche e onori da riconquistare. Un cavallo pregiato, Macchiabruna, e uno scudiero illetterato, Babele, lo accompagnano fino a quando, anch’essi, non muoiono o spariscono lasciandolo perennemente nella sua primordiale emarginazione.
Bufalino conduce l’eroe fino agli ultimi tre ostacoli da scavalcare per porre fine alle sue sofferenze e ottenere il giusto riconoscimento per i suoi sforzi: la conoscenza dell’ignota famiglia e la conseguente perdita di quel sentimento di abbandono straziante che ne ha contraddistinto la vita intera. Ma, improvvisamente, tutto termina in maniera inconcludente: il puparo non termina la messa in scena dell’opera per stanchezza e il pupo, accorgendosi di essere una marionetta i cui fili sono avvolti nelle mani di altri, non proseguirà oltre.
Il suo destino è la morte, conclusione di un cerchio di immedesimazione/sovrapposizione che sancisce inizio e fine del testo. Saranno, infatti, le due dita che lo hanno sempre controllato a spezzarne il collo in un breve e, apparentemente, insensibile gesto. Un piccolo atto paragonabile a quello che presto subirà anche lo stesso puparo, destinato similmente a morire per mano del demiurgo suo creatore in un altrettanto crudele frangente di realtà.
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