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"Dialogue #1": sette artisti per la collettiva legata alla ricerca contemporanea

  • Frontiera Studio - Palermo
  • Dal 19 giugno al 19 luglio 2018 (evento concluso)
  • Visitabile da mercoledì a sabato dalle h 11.00 alle 20.00
  • Gratuito
Balarm
La redazione

"Installation view Fluxus - one giant leap" di Giulia Marchi. Photo credit: Roberto Apa

Il dialogo che si innesca tra le opere della mostra "Dialogue #1", è messo in evidenza dal percorso espositivo creato all’interno degli spazi di Studio Frontiera. Diverse le espressioni artistiche legate alla ricerca contemporanea: dall’installazione di Stefano Canto "AE Rep.3", risultato del processo fisico di solidificazione della polvere di cemento a presa diretta tramite lo scioglimento di una lastra di ghiaccio, alle immagini fotografiche di Fabio Barile "Transform fault. Toilet paper, floor and couscous, powder spice.", lavoro incentrato sulle dinamiche geologiche e sullo studio del paesaggio.

Si prosegue con "Untitled" di Marta Mancini, che fa parte dell’ultimo ciclo di dipinti in cui lo strato di colore piatto cancella le sovrapposizioni di segni sottostanti. L’artista è presente in mostra anche con "Untitled" del 2009, autoritratto di piccole dimensioni che mette in luce le origini stilistiche della pittrice.
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Mario Cresci è rappresentato da due lavori "Traslazione" e "Relazioni, separazioni, analogie, Bergamo 1994-95", in quest’ultima la composizione di fotografie, realizzata attraverso la ripetizione e traslazione dello stesso elemento, viene resa parzialmente visibile grazie agli strappi sulla carta velina, attraendo lo sguardo sui dettagli del soggetto ritratto.

Al contrario Giuseppe de Mattia, nella serie "Cancellature rosso scarlatto", "Bologna 2016-2017", occulta l’immagine fotografica con campiture di colore, tracciate su indicazione di un gruppo di artisti, critici e artigiani coinvolti nel progetto. L’idea di delegare le scelte compositive a terzi è presente anche nell’installazione "Il mare di Bologna".

Infine nei lavori di Xiaoyi Chen e Giulia Marchi emerge una forte tendenza alla sperimentazione sul mezzo fotografico, la prima, in "Traces e H2o", utilizza la macchina fotografica per andare oltre la rappresentazione, dilatando le dimensioni del soggetto ritratto fino a trasformarlo in un intreccio di linee o in una texture, l’altra, con l’opera "Fluxus", gioca invece con una maschera circolare, sovrapposta al foro stenopeico, realizzando delle polaroid che ricreano l’illusione di ritrarre la Luna.
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