"Echi di eternità" in mostra: gli scatti di Iacopo Giannini protagonisti a Ortigia

Particolare di un'opera di Iacopo Giannini
La personale del fotografo Iacopo Giannini dal titolo "Echi di eternità" inaugura venerdì 5 settembre, nel seicentesco palazzo storicamente sede del Liceo Gargallo a Ortigia, oggi convertito a luogo di mostre e manifestazioni.
La mostra è visitabile gratuitamente fino al 31 ottobre, da mercoledì a domenica, dalle 17.00 alle 21.00.
Il progetto fa patrte delle celebrazioni per il ventennale dell'inserimento della città all'interno dei siti patrimonio UNESCO.
Iacopo Giannini ha voluto interpretare i luoghi storici della Neapolis in rapporto alla grande mostra scultorea a cielo aperto di Igor Mitoraj, che vede la presenza di trenta opere dell'artista polacco collocate al parco archeologico.
"Echi di eternità" è un ciclo d'immagini che più che raccontare una mostra, la svelano. Anzi, la interrogano. E nel farlo, scoprono qualcosa anche del visitatore.
Giannini compie il suo gesto che non è mai documentario, ma piuttosto interpretativo: come un archeologo della luce, non fotografa l'evento: lo ascolta. E ogni sua immagine è un'eco, un rimando, un riflesso traslato tra pietra e pensiero.
Tutto vibra tra l'ideale e la rovina. E allora Giannini interviene con la sua lente: ne asseconda il dramma, ne fotografa la pausa, ne rivela la bellezza nonostante tutto. Crea una visione che pone e impone nuovi scenari di lettura della quotidianità.
La mostra è visitabile gratuitamente fino al 31 ottobre, da mercoledì a domenica, dalle 17.00 alle 21.00.
Il progetto fa patrte delle celebrazioni per il ventennale dell'inserimento della città all'interno dei siti patrimonio UNESCO.
Iacopo Giannini ha voluto interpretare i luoghi storici della Neapolis in rapporto alla grande mostra scultorea a cielo aperto di Igor Mitoraj, che vede la presenza di trenta opere dell'artista polacco collocate al parco archeologico.
"Echi di eternità" è un ciclo d'immagini che più che raccontare una mostra, la svelano. Anzi, la interrogano. E nel farlo, scoprono qualcosa anche del visitatore.
Giannini compie il suo gesto che non è mai documentario, ma piuttosto interpretativo: come un archeologo della luce, non fotografa l'evento: lo ascolta. E ogni sua immagine è un'eco, un rimando, un riflesso traslato tra pietra e pensiero.
Tutto vibra tra l'ideale e la rovina. E allora Giannini interviene con la sua lente: ne asseconda il dramma, ne fotografa la pausa, ne rivela la bellezza nonostante tutto. Crea una visione che pone e impone nuovi scenari di lettura della quotidianità.
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