Enzo Rizzo racconta la "Metamorfosi dello sguardo": la mostra visitabile a Messina

"La pelle del mare" di Enzo Rizzo
Lo spazio espositivo del Teatro Vittorio Emanuele di Messina ospita la mostra di Enzo Rizzo “Metamorfosi dello sguardo”, visitabile dal 24 giugno al 9 luglio, da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 18.30.
Dopo alcuni anni di silenzio Enzo Rizzo ritorna nella sua Messina con una mostra che raccoglie le esperienze artistiche degli ultimi venti anni. La mostra racconta di una metamorfosi dello sguardo.
È il risultato di una ricerca che parte da molto lontano e si articola in filoni diversi, ma tutti riconducibili ad una costante dimensione spirituale volta ad annullare la contrapposizione spirito-materia nella forma che la cultura occidentale ha ereditato dal mondo greco.
Enzo Rizzo appartiene a quella che è stata definita la generazione Siddhartha. Quei giovani che si erano avvicinati alla cultura orientale e al buddhismo, affascinati dal libro di Hermann Hesse, ripubblicato nel 1976 per i tipi di Adelphi. Per lui ci fu anche il viaggio in India.
Da una prima lettura si coglie una ricorrente attenzione alla dialettica tra scienza e religione, quel poco che conosciamo e l’infinita sete di conoscere, la ricerca dell’Assoluto e i tentativi di entrare in contatto con il divino. Non è un caso che la mostra si apra con un’opera intitolata Ricercando l’origine.
La rappresentazione degli elementi (Aria, Acqua, Terra, Fuoco) è così raccontata come il risultato di un’esperienza mistica a cui si accede attraverso una soglia, la porta del piacere avrebbe detto Dante.
La soglia ha qui la forma di un torii, che segna nella cultura giapponese il passaggio dallo spazio terreno a quello divino ed ha spesso il valore di un ex voto. Tra le immagini ritorna un altro ex voto che rimanda ad altre tradizioni e culture.
È il cuore di Gesù della tradizione popolare siciliana, risultato di un vertiginoso sincretismo che assimila San Giovanni a Gesù e ad Adone.
Il gioco dei simboli e dei rimandi da una cultura all’altra dall’India al Giappone, dai persiani ai siciliani, con uno sguardo alla filosofia delle forme simboliche. E se nella lettura di questi lavori non va mai persa di vista la centralità dell’esperienza mistica e la volontà di comunicare qualcosa di profondo, quella che abbiamo di fronte è pur sempre materia plasmata e organizzata: sono pigmenti ad olio con smalto, resine e catrame scarnificati con solventi e spazzole metalliche, sovrapposizioni di colore che esaltano le potenzialità del colore stesso e il potere espressivo della luce.
Dopo alcuni anni di silenzio Enzo Rizzo ritorna nella sua Messina con una mostra che raccoglie le esperienze artistiche degli ultimi venti anni. La mostra racconta di una metamorfosi dello sguardo.
È il risultato di una ricerca che parte da molto lontano e si articola in filoni diversi, ma tutti riconducibili ad una costante dimensione spirituale volta ad annullare la contrapposizione spirito-materia nella forma che la cultura occidentale ha ereditato dal mondo greco.
Enzo Rizzo appartiene a quella che è stata definita la generazione Siddhartha. Quei giovani che si erano avvicinati alla cultura orientale e al buddhismo, affascinati dal libro di Hermann Hesse, ripubblicato nel 1976 per i tipi di Adelphi. Per lui ci fu anche il viaggio in India.
Da una prima lettura si coglie una ricorrente attenzione alla dialettica tra scienza e religione, quel poco che conosciamo e l’infinita sete di conoscere, la ricerca dell’Assoluto e i tentativi di entrare in contatto con il divino. Non è un caso che la mostra si apra con un’opera intitolata Ricercando l’origine.
La rappresentazione degli elementi (Aria, Acqua, Terra, Fuoco) è così raccontata come il risultato di un’esperienza mistica a cui si accede attraverso una soglia, la porta del piacere avrebbe detto Dante.
La soglia ha qui la forma di un torii, che segna nella cultura giapponese il passaggio dallo spazio terreno a quello divino ed ha spesso il valore di un ex voto. Tra le immagini ritorna un altro ex voto che rimanda ad altre tradizioni e culture.
È il cuore di Gesù della tradizione popolare siciliana, risultato di un vertiginoso sincretismo che assimila San Giovanni a Gesù e ad Adone.
Il gioco dei simboli e dei rimandi da una cultura all’altra dall’India al Giappone, dai persiani ai siciliani, con uno sguardo alla filosofia delle forme simboliche. E se nella lettura di questi lavori non va mai persa di vista la centralità dell’esperienza mistica e la volontà di comunicare qualcosa di profondo, quella che abbiamo di fronte è pur sempre materia plasmata e organizzata: sono pigmenti ad olio con smalto, resine e catrame scarnificati con solventi e spazzole metalliche, sovrapposizioni di colore che esaltano le potenzialità del colore stesso e il potere espressivo della luce.
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